giovedì 18 agosto 2016

Caro Facebook, saluti

Premetto che questo post è una carrellata di pensieri miei, di punti di vista miei, del tutto discutibili e per niente generalizzabili, partoriti dalla mia - e solo mia - mente contorta. Bene o non bene che calzino a chi legge, per me le cose stanno così e basta.

Qualche giorno fa mi è venuta la curiosità, oziando, di andare a sbirciare da quanto tempo esattamente fossi iscritta al social network. A Facebook, facciamo nomi e cognomi che tanto a non farli li si intuisce lo stesso.
Beh, dicevo, novembre 2008. Non ricordavo fosse così tanto tempo. Forse perchè per i primi mesi l'ho usato poco o niente. O addirittura per il primo anno o poco più. Ricordo di essermici iscritta e di averlo dimenticato per un po', finchè la Malattia mi ha chiuso in casa per parecchio tempo e in qualche modo dovevo pur farlo passare, dato che riuscivo a fare ben poco di molto altro di "fisico".
Mi era venuta questa curiosità perchè ultimamente, del social mi sto stufando. L'ho usato per tenermi compagnia, per avere un minimo di contatto col mondo pur stando in casa (e le mie occupazioni sono prevalentemente chiuse tra queste mura, volente o nolente), e basta. Non l'ho mai usato come mezzo di informazione (qualche spunto per cercare informazioni altrove, questo si, l'ho trovato), nè come mezzo per costruire qualcosa. E mi sto stufando. Ma a questo mi riallaccerò a fine post.

In questi quasi otto anni Facebook mi ha permesso, tra altre cose, di riallacciare i rapporti con persone che ho conosciuto da ragazza. Essendomi trasferita, dopo sposata, a più di cento km da dove vivevo, alla lunga la maggior parte dei rapporti sociali che avevo prima sono andati scemando. Non solo: dopo le scuole dell'obbligo, quindi ancor prima, mi ero già allontanata a mia volta (fisicamente e forzatamente) dall'ambiente in cui ho vissuto durante l'infanzia, quindi ciao ciao compagni di scuola, eccezion fatta per la mia migliore amica con cui abbiamo continuato a sentirci e a seguirci nei nostri spostamenti della vita. La maggioranza sono risbucati tramite Facebook. E ho scoperto che se da una parte è stata una cosa carinissima, dall'altra dopo il classico "ciao, guarda chi si rivede, come stai, sei sposato, hai figli, cosa fai, dove vivi" e nella testa le considerazioni più maligne quanto legittime su come la più gnocca della terza media sia rimasta zitella e il (triste) conteggio di chi è già separato e di chi purtroppo è venuto a mancare (eh già... due compagni di scuola, uno suicidato e uno morto di tumore), eccetera eccetera, finisce tutto. Qualcuno ha anche tentato di organizzare la classica pizzata di rimpatrio, il "30 anni dopo la fine delle elementari": una prima volta di 25 persone si sono reincontrati in otto, la seconda in tre. La terza non si è nemmeno tentato di farla. Perchè si, perchè se ci si è allontanati un motivo evidentemente c'era e c'è, perchè dopo trent'anni e passa che non ci si vede non si ha in realtà più niente di consistente da dirsi che porti a continuare un qualcosa che in realtà è finito dopo gli esami di quinta o di terza media; perchè onestamente parlando di quello che fa adesso la tipa che era seduta nel banco dietro di me e con cui si parlava (o il più delle volte si sparlava) di tutto e di più, tolta la curiosità non me ne può importare di meno. E a lei, sicuramente, di me. Altrimenti ci sarebbe un qualche dialogo che va oltre. E non c'è. Ha un peso nella mia vita, sta cosa? No.

Ho imparato che Facebook è come una grandissima piazza. In piazza ognuno porta ciò che vuole, dice ciò che vuole, si mette in mostra, è visto da qualcuno anche se se ne sta in un angolo. E guarda. Spesso senza interagire in nessuna maniera. Guarda e basta. E non c'è niente di male nel guardare. In piazza tutti sono autorizzati a dire qualsiasi cosa di tutto e di tutti, perchè la piazza è un luogo comune, no? E' un incrocio di strade, un gran calderone. Solo che è la stessa piazza in cui tanta gente, pur frequentandola, si lamenta di quanto gli altri frequentatori non si facciano gli affari propri. Che allora ti vien da chiedere: "ma se non vuoi che gli altri si facciano i fatti tuoi, perchè vieni a metterli in piazza?". Boh.
Ha un peso questa cosa nella mia vita? No.

Ho imparato che Facebook è un luogo in cui tutti possono dire di tutto su qualunque cosa, gratis. Cose simpatiche, fare dell'ironia, informazione (o presunta tale), pubblicare ricordi, lanciare messaggi, appelli, petizioni, far circolare bufale, veramente qualsiasi cosa. Come se parlassero davvero a una massa di gente, rappresentata dai propri contatti, o per chi non applica le restrizioni per la visualizzazione dei propri messaggi ai soli amici (io, per inciso, lo faccio per il 99 per cento delle cose), da chiunque sia iscritto al social.
Ma lo fa protetto da un monitor. E il più delle volte comunica cose, o meglio, comunica in un modo che non userebbe MAI vis-à-vis. Gran cosa il monitor. Protegge anche me quando scrivo sul blog, e per me è una certezza. Non la considero una cosa brutta. Ma la protezione che uso sul blog ha una differenza sostanziale da quella del social network: pochissime persone, qui, sanno realmente chi io sia, mi conoscono cioè di persona. Sul social è l'esatto contrario. Perciò quando scrivo sul social, so esattamente che chi mi legge probabilmente lo incontrerò per strada tra sei mesi come forse domani, e teoricamente devo avere il coraggio di poter affermare le stesse cose dette sul social, a viso aperto. Se non sono una ragazzina. Per questo cerco di stare attenta a cosa scrivo, a come commento, ai toni che uso (nei limiti del possibile), a dove lascio tracce del mio passaggio. Ma pare che per troppa gente non sia così. Che se davvero il virtuale è lo specchio del reale, a leggere come comunicano moltissime persone commentando, con la scusa che "tanto per la strada non ci incroceremo mai" ho quasi paura ad uscire per strada: soprattutto ultimamente (o forse solo ultimamente, non lo so) leggo tanto astio, rabbia, acidità, maleducazione, superficialità a non finire.Senza freni e senza un minimo di senso del pudore. Attraverso il social, per dirne solo una tra le tante, ho scoperto che un mio vicino di casa ha idee razziste senza margini di dialogo, e le espone con una violenza verbale che non ho mai sospettato potesse avere. Abitiamo a pochi metri di distanza da 15 anni e mai, giuro mai, lo avrei pensato. Le cose sono due: o parliamo troppo poco, o faccia a faccia non ha il coraggio di dire tutto quello che realmente pensa, cosa che un monitor gli permette di fare senza problemi e senza il rischio di dover affrontare le reazioni concrete di chi gli sta davanti.  Tanto se qualcuno dice qualcosa che non ci piace sul social network, basta eliminare il commento che disturba e il disagio si appiana.
Per carità, questo non cambia il nostro rapporto fatto di cortesia e di quieto vivere (ognuno, alla fine, a casa sua fa e dice quel che gli pare). Ma è inevitabile che dopo aver letto quello che scrive sul social una persona che conosci, vuoi o non vuoi quando la incontri uno sguardo un po' diverso glielo riservi. Credo che sia umano.

Attraverso il social si può provocare, tirare frecciate ed offendere pubblicamente senza il rischio che ci venga risposto con un sonoro ceffone o una minaccia di denuncia. Perchè tanto, se l'offeso per puro caso incappa nel post che lo riguarda e prova a dire "ma ce l'hai con me?" si può  glissare in mille maniere fantasiose. Basta non fare nomi e cognomi, o inveire contro qualcuno che tanto non è iscritto al social o abbiamo bloccato, o semplicemente non è tra i nostri contatti, quindi non leggerà mai (bella bravura). E nessuno potrà mai dire niente. "E gliele ho cantate eh...". Certo, sulla tua bacheca Facebook e senza farglielo sapere, è come sparare con una pistola giocattolo di nascosto contro la foto di tua sorella perchè la mamma non ti veda, che se ti vede son sculacciate.
Ma si può anche sentirsi offesi da qualsiasi sparata fatta da chiunque, proiettando addosso agli altri un nostro disagio e convincendosi che si stiano (virtualmente) comportando come ci aspettiamo che si comportino. Non sono una psicologa e non mi permetto di fare delle analisi sulle persone, non mi compete. Ma ho letto centinaia di volte frasi postate con leggerezza e commenti tipo "se ti riferisci a quella volta in cui io e te abbiamo bisticciato per quella cosa, sappi che...". E dall'altra parte, finto o vero che sia, un regolare "ma cosa dici, mi riferisco a tutt'altro, e poi non ho voglia di far polemica". E' un modo di comunicare attraverso il social che non mi è mai piaciuto.

Face è il luogo dove la gente che ci passa troppo tempo si è talmente intrecciata a quello che legge, che secondo me fa una gran fatica  a distinguere la parte di vita che gli altri utenti decidono di condividere da tutto quello che è il resto della loro esistenza. O in altre parole, mette in piazza talmente tante cose di sè che si convince che anche gli altri lo facciano. E critica, e giudica, in base a quello che vede lì dentro. Così se pubblico solo scemenze vengo presa per "leggera", se pubblico solo belle foto significa che me la passo bene e che mi diverto, se scrivo solo citazioni altrui non ho idee mie, e avanti così all'infinito. Difficilmente passa per la testa a chi guarda che c'è gente, me compresa, che in piazza mette solo quello che vuole, e che le cose "pesanti" le tiene per sè. Per barare? Per dare una immagine di sè tarata ad hoc? Qualcuno forse si. Io no di sicuro. Non ho mai pubblicato nulla che riguardi la politica, o la religione, o la medicina, o dei problemi che vivo in famiglia come ogni famiglia normale. Non perchè non abbia le mie idee, semplicemente perchè in piazza, anche fisicamente, ci vado per passare un'ora divertente, non per sollevare inevitabili ed inutili polveroni. Quelli li devo sedare già a casa mia, come chiunque. Oppure per stare un po' in compagnia quando non posso farlo concretamente. Non ho il carattere di una amazzone, nè di don Chisciotte.

Ho imparato che il social è un luogo virtuale dove chiunque, attraverso la condivisione di link, può dare lezioni di vita a chiunque su qualunque cosa. Così capita che il single regali "perle" sulla vita a due, il divorziato sulla donna ideale come la divorziata sull'uomo ideale e su come far reggere un rapporto, chi non ha figli indichi come educarli o come gli altri li educhino male, il disoccupato indichi al professionista come fare il suo lavoro, e avanti così all'infinito. E' quasi divertente, vista da questo lato. Direi comica.

Ho capito che Facebook non incrementa i contatti umani, ma ne ammazza la maggior parte. Gli dà il colpo di grazia. L'ho capito molto tempo fa, le prime volte in cui incontrando alcune conoscenze per strada mi sono sentita dire, tra le chiacchiere, "non ti chiedo come stai, lo vedo da Face che stai bene". In altre parole, "non me ne frega niente di come stai, mi basta vedere quelle quattro cavolate che pubblichi, non aggiungere altro che non ho tempo/voglia/palle/interesse a saperlo". Quindi essere contatti reciproci su un social non ha aggiunto niente al nostro rapporto. A che serve, allora? A niente.
Come non serve concretamente a nulla, sul social, portare avanti campagne animaliste (presumo che tra i miei contatti non ci siano affettatori seriali di animali da compagnia o cacciatori di specie protette), far proseguire catene di sant'Antonio di qualsiasi genere (da quella per la sensibilizzazione per la malattia di turno a quella per ottenere soldi e fortuna ripubblicando la notizia che questo mese ha cinque martedì e sette sabati e ciò accade ogni 647 anni bisesti), far girare la richiesta di sangue del gruppo B+ per il bambino malato di turno che anche se in quattro ti ribadiscono che è una bufala perchè il bimbo in questione va ormai all'università puoi sempre rispondere "e io che ne so, ho solo condiviso il post", portare avanti teorie complottiste su argomento random, e avanti quanto si vuole.

Ho capito anche un'altra cosa, che mi si dirà "ti svegli adesso?". Si beh, sorvoliamo, dettaglio.
Non si pubblica niente su un social per gli altri. Lo si fa per sè stessi. La propria bacheca è una vetrina. E' inutile che qualcuno continui a sventolare l'idea che sulla propria pagina pubblica ciò che vuole e nessuno può o deve dire niente nè criticare, no, chiunque può dire invece, perchè se non vuoi che la gente dica non mostri, se mostri è per ottenere qualcosa. Consensi, dinieghi, apprezzamenti, polemiche, giudizi, compassione, incitamenti, consigli, condivisioni, interesse, "mi piace", qualsiasi reazione.  Altrimenti taci.

Ho tanti contatti che passano da me, reagiscono in qualche modo ai miei post (quasi sempre positivamente, ma ogni tanto anche no, fa parte del gioco), ma sulle loro pagine c'è il vuoto cosmico. Li si può criticare? Non so, io mi astengo. Non ho mai capito il senso di iscriversi su un social senza essere "social" almeno un minimo che sia un briciolo, ma è un altro discorso: penso solo che non vogliano reazioni e basta, e non volendo reazioni non pubblicano. Stop. Non vogliono o non ne hanno bisogno. Non è un delitto.

Caro Facebook, sai che c'è? C'è che mi sono stufata di te. 
C'è che dopo aver condiviso di tutto e di più della mia vita quotidiana e dei miei pensieri con tante persone con te come mezzo, ho scoperto che di condividerla così non ho più nessuna voglia. O meglio, ho voglia di condividerne dei pezzi solo con chi voglio io. Con le persone delle quali mi interessa davvero sapere il pensiero di ritorno, o a cui posso davvero donarla con fiducia. Dei pensieri degli altri, di chiunque altro, in fondo in fondo non mi importa davvero più nulla, sai. 

C'è, caro Facebook, che si arriva ad una età, o ad un punto della vita, in cui di quello che gli altri pensano di te non ti interessa più niente. Ti vesti come vuoi, parli come vuoi, pensi quello che vuoi, agisci come vuoi, vai dove vuoi, cambi come vuoi, ma lo fai per te stessa e basta. Di piacere o non piacere, di ricevere approvazione, non ti importa più. O meglio, ti importa di piacere solo a chi vedi riflesso allo specchio quando ti ci pari davanti. Non ti importa di far sapere in giro per il web che hai fatto un bel dolce, ma sei felice se puoi condividerlo a fette (e non a foto) con la tua vicina di casa (l'ho fatto, giuro). Non ti interessa di mostrare a trecento contatti quanto è cresciuto tuo figlio, il mondo intero lo vede quando esce di casa, ed è il SUO mondo reale, non il tuo, e nel NOSTRO mondo reale la gente che gli vuole veramente bene non aspetta di vedere la sua foto su un social per sapere com'è perchè non lo vede da tempo, me la chiede. Non diventa più così essenziale far sapere all'intera tua fetta di mondo virtuale che hai fatto una gita fighissima (o la stai facendo), hai visto posti fantastici (o li stai vedendo), sei stato in splendida compagnia (o ne stai godendo) e hai mangiato cose libidinose (o le stai mangiando) e mostrare in diretta live le foto che comprovino il tutto in maniera tangibile: vivi e basta, e racconti se capita l'occasione, non lo urli col megafono in piazza come se dovesse necessariamente interessare a tutti. Non diventa più così gratificante far sapere su un social che hai perso venti chili per ricevere le ammirazioni altrui, o che i capelli hanno raggiunto una lunghezza che mai prima, che hai avuto l'influenza più lunga della tua storia o che hai imparato a farti la french manicure senza tagliarti il pelo dei gomiti col tronchesino: esci di casa e ti fai ammirare per davvero. Se capita di chiacchierarne bene, il momento di ozio e cazzeggio ci sta ed è legittimo (mica ti demonizzo, Face), ma ad un certo punto scopri che il tempo che perdi a scattarti selfie e mandarli in rete la maggior parte delle volte è tempo che potresti usare per fare qualcosa di più utile per te. Sul palco non ci vuoi più stare, o meglio, ci stai giusto il tempo per divertirti un po', poi scendi, perchè ciò che sta fuori dal palco è molto più vasto e vario, e interessante.
E allo stesso tempo ad un certo punto non ti importa più nemmeno di sapere quello che fa chiunque altro quando chiude la porta di casa sua davanti a te, a meno che non sia una persona che ti sta a cuore. E non per giudicarla, non per criticarla, non per curiosità, ma perchè la sua compagnia, la sua presenza nella tua vita, ti dà piacere e non la vuoi perdere. Non in piazza, ma al tuo fianco, seduti davanti ad un caffè, in spiaggia sotto l'ombrellone, al supermercato davanti allo scaffale del cibo per gatti, per strada tenendo in equilibrio le biciclette sul bordo del marciapiede, e quando ciò non è possibile sparando cavolate o cose serie via whatsapp, un messenger, o ridendo e piangendo al telefono. Tutto il resto, caro Face, per me sta diventando solo fuffa. Che se c'è va bene, ma se non c'è va bene lo stesso.

Caro Face, io ti devo ringraziare sai. Attraverso di te sono rientrate nella mia vita alcune persone che in essa hanno ripreso il posto che avevano perso per colpa di nessuno, ed è meraviglioso. Ma sono davvero poche. Le conto sulle dita di una mano, e avanzano dita. 
Adesso però è ora di dare una svolta al nostro rapporto. Da settimane ho smesso di pubblicare pensieri troppo personali, fatti personali, considerazioni personali. Non mi va di sapere le opinioni degli altri. Non mi interessa. Gli apprezzamenti o le critiche veramente utili li chiedo a chi so che può darmene di sensati, chi mi aiuta a migliorare, non a chi butta lì ripetutamente il concetto che Runtastic sbaglia sempre il conteggio delle calorie consumate durante uno dei miei giri in bicicletta nonostante abbia marcato e rimarcato il fatto che "NON PEDALO PER DIMAGRIRE". Se scrivo che ho mal di testa non mi va più di leggermi sotto che c'è quella che ha mal di testa da una settimana, o quando ho pedalato per 13 chilometri (sempre secondo la app di Runtastic) veder commentato che il mio ex compagno di scuola arriva a farne 40 in metà tempo e sentirmi, per questo, anche per un solo momento una emerita cretina e ridurmi a dare giustificazioni. Per dire. 

Sono stufa. Non arrabbiata, non esasperata, semplicemente stufa. Non mi diverti più. Non mi dai più niente.
In questi giorni ho anche tolto, con pazienza, quasi tutte le foto che ritraggono mio figlio, nonostante avessi applicato loro la restrizione della visualizzazione solo ai miei contatti e non pubblica. Il Power è grande. Ha diritto alla privacy della sua immagine. E non ha senso che la dia in pasto a gente di cui non conosce nemmeno l'esistenza, solo per orgoglio mio. Una cosa è raccontare un fatto divertente che lo riguarda, un'altra è mostrare la sua faccia. Così, da oggi, prima di mostrarlo agli altri chiederò il suo consenso.
Proprio in conseguenza a questo un altro passo che ho fatto nei tuoi riguardi, caro Facebook, e qui mi si può criticare sbracciatamente ma non mi importa perchè non torno indietro, è stato cancellare dai miei contatti chiunque non abbia mai avuto con me il minimo rapporto, anche virtuale. C'è stata tanta gente che mi ha chiesto l'amicizia solo perchè si aveva dei contatti in comune, o si apparteneva ad uno stesso gruppo, o si aveva un interesse in comune, ma con me non ha mai scambiato una, e dico UNA sola parola nemmeno via messenger, mai in assoluto. Non ho mai chiuso la porta a nessuno. Adesso ho deciso che basta. Senza rancori, senza astio, ma via. Ho deciso di non essere più "social" a 360 gradi, ma a modo mio, come in fondo sono sempre stata nella mia vita reale, ma che nel virtuale ho sempre cercato di celare. Sarà la menopausa precoce ad avermi fatto diventare acida,  forse più acida e scostante di quanto già non fossi di mio prima. Ma piaccia o non piaccia, ho scelto .

Caro Face alla "vecchia maniera", noi ci salutiamo qui.  Per come ci siamo conosciuti io e te finora, nel modo in cui ti ho usato fino a ieri, finisce. 
Ho anche altro da fare.









martedì 16 agosto 2016

I Pokemon meno longevi della storia.

Ore 13,45 circa. Poco dopo aver visto il Tiggì e aver preso il caffè (per me, si capisce). Siamo ancora a tavola. Ce la prendiamo stracomoda.
-Mamma, prova a scaricare sto Pokemon GO và. Vediamo se è così figo. (Il Power non ha lo smartphone, ha solo un vecchio cellulare normale, perciò si parla del mio).
-Ma si, togliamoci sta curiosità.

Ore 13,50: ho liberato spazio in memoria a sufficienza per scaricare la App.
Ore 13,55: ho scaricato la App, la App è installata, iniziamo a smanettarci. Creiamo l'Avatar, le diamo un nome, iniziamo a giocare.
Ore 13,57: siamo in fondo al vialetto (dalla parte opposta ovviamente) in cerca di Pokemon.
Ore 14,00: ne abbiamo trovati un paio. Rientriamo, perchè ho qualcosa da infornare e i piatti da lavare.

-E adesso?
-Adesso dovresti andare in giro per Rivi in cerca di Pokemon.
-A testa bassa come un tonto?

Ore 14,05: App disinstallata con successo.

Fine.





mercoledì 10 agosto 2016

Regali

In fondo al vialetto, interno giorno, ore 19 e qualche minuto. Divano, olimpiadi fisse in tv, Power fisso sul divano, espressione scazzata fissa sul Power. Madre qui e là, tra fornelli e lavanderia. As usual a quest'ora.


-More, sono le sette.
-No...
-Non roteare gli occhi, sono le sette. Guarda l'orologio sopra la porta.
-Non mi va...
-Vai a lavarti.
-Non serve.
-Oggi ti ho spiegato l'importanza del "per favore" anche tra di noi, ma adesso ti do un ordine: VAI-A-LAVARTI. Senza "per favore".
-Uff...
- Alzi le chiappe da quel divano da solo o te le faccio alzare io?
-Perchèèèèèèfffffffffff...
-Perchè devi togliere da sotto al mio naso quell'odore da adolescente che ti porti appresso, prima di cenare. Ecco perchè.

-Ma se lo indosso tutte le mattine appositamente per te, MAMMINA?

Che madre ingrata  -_-