sabato 30 aprile 2011

Fiore di stoffa: intanto proviamo

Dopo che il "fu" Jack, tra gli altri disastri, ha dato la zampa di grazia ai miei fermatenda in camera da letto, non ne ho più acquistati, un po' per pigrizia, un po' in attesa che mi venisse l'ispirazione per farmene "Vib-made". Ieri girellando sul web ho trovato questo tutorial, e mi son detta... perchè no?
Detto fatto, un avanzo dell'ultima camicia fatta che avevo ancora in giro, un vecchio bottone e in meno di mezz'ora ho fatto una prova. Questo è il risultato.

Non è male, no? Qualche nastro di rifinitura, una striscia di stoffa per fare l'anello fermatenda e dovrebbe venire un lavoro discreto. Devo solo rituffare la testa nel cesto magico per tirarne fuori il ritaglio giusto ^_^


Un'altra lettera cattiva. Un'altra lettera, sempre dalla stessa persona, che non ha altro scopo nella vita evidentemente che far del male a sè stessa e agli altri. Di solito sorvolo, cestino, a volte rimando al mittente, altre volte brucio nella stufa, e non rispondo mai. Sarà il periodo sbagliato forse, ma stavolta non riesco a mandarla giù, mi brucia nelle mani una risposta prepotente come un conato di vomito, la rabbia è talmente forte che giuro, non so cosa darei per trovarmi questa persona davanti in questo stesso istante e gridargliela addosso. E invece sono qui a leccarmi le ferite come una grossa orsa che ha le zampe legate dalla ragione, e la ragione le ripete per l'ennesima volta che a certi problemi la soluzione proprio non esiste.


Sono venticinque anni che mi porto addosso questo enorme peso, mi chiedo per quanti altri ancora sarò costretta a farvi fronte. E nel mentre chiedo scusa, ma mi rintano nella mia grotta per un po', a cercare di farmela passare. Non riesco sempre ad essere un muro di gomma.

venerdì 29 aprile 2011

Colori di primavera

Veloci e pratiche, ma soprattutto divertenti da fare... Ho voglia di colore, di allegria, di cose belle. E tuffando la testa nel cesto magico ne sono uscita con altre shopper, stavolta in formato medio-piccolo per le piccole spese impreviste


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E in formato mini-minor (si noti la distanza tra le due mollette dell'appendino, giusto per rendersi conto delle dimensioni delle shopperine), ma rigorosamente anche loro con i soffietti e doppiate all'interno.


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A cosa servono delle shopper mini minor? Tenerle in borsetta vi può far dire "grazie no" quando vi offrono il sacchettino di nylon in farmacia, in cartoleria, in merceria (soprattutto in merceria ^_^) eccetera.
Ma ho anche un regalo a cui rendere il giusto onore, è un bellissimo coniglietto incuoriciato (o cuore inconigliato?) che mi ha portato Roberta sabato scorso, ho fotografato un paio di particolari perchè è fatto con una cura certosina! Grazie Roberta, anche se il regalo più grande e più bello è stata la tua compagnia e il chiasso dei bambini ;)


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giovedì 28 aprile 2011

Capelli grigi


L'altra notte ho sognato... la mia testa. Era una testa di capelli grigi. Non sono mai riuscita ad immaginare una Mamigà anziana, l'altra notte l'ho sognata. Io che ho paura di invecchiare, che vorrei vedermi sempre così come sono ora (si vabbè, con venti chili di meno, ma diamoci il tempo), ho sognato i miei capelli grigi.


Al risveglio la prima cosa che mi è passata per la testa è stata "sarò una splendida quarantenne, poi una bella cinquantenne, e una bella sessantenne, e via così". E ho iniziato la giornata.

Avevo paura di invecchiare, perchè l'ho detto, per me piacermi è ancora importante. Poi mi sono guardata allo specchio e ho visto i miei occhi sotto alla frangia che per davvero ha iniziato ad ingrigirsi, appena appena, una cosa impercettibile, ma se passo le mani fra i capelli spuntano tanti capelli bianchi, sempre di più. Capelli che non ho più voluto tingere dopo lo scorso settembre, perchè non mi dispiacciono anche così. E i miei occhi sotto alla frangia che pian piano diventerà sempre più grigia, quelli non cambieranno mai, mi sono detta. Se c'è un po' di trucco e un bel sorriso,  non cambiano.

Non ho più paura di invecchiare. Forse ho capito che per invecchiare invecchiamo tutti e non c'è rimedio, ma il "come" invecchiamo dipende da noi.

E io il prossimo anno compirò quarant'anni. E voglio essere una splendida quarantenne, e poi una bella cinquantenne, e una bella sessantenne, e così via.

mercoledì 27 aprile 2011

Cronometro alla mano


Distanza casa-scuola: metri CINQUECENTO circa. Sulla cartina geografica il paese dove viviamo risulta essere in pianura, per la precisione a 20 (VENTI) metri s.l.m.

Tragitto casa-scuola in bicicletta alle otto del mattino: minuti DIECI.


Tragitto scuola-casa in bicicletta alle dodici e venticinque: minuti QUATTRO.

Sarà per la lieve pendenza della strada verso la bassa...
O no?

martedì 26 aprile 2011

Riprendermi la mia vita


E' quello che mi sono detta a fine cure: è ora di riprendermi la mia vita. Ma non me lo sono detto solo io, me lo hanno detto in tanti. Un mese fa circa ho terminato le cure per il tumore, e anzichè scoppiare di felicità sono entrata nel pallone più totale.


No, non sono masochista. E' che non mi riconosco più come ero prima, sono cambiata fisicamente in maniera evidente e sono cambiati soprattutto i miei pensieri, il mio modo di guardare alle cose e le mie priorità. E allora, quale vita vado a riprendermi? Una vita che non è e non sarà mai più quella di prima? Una vita a cui non guarderò più come guardavo prima, visto che certezze e terrori sono cambiati radicalmente? Una vita in cui si è insinuato il terrore di riammalarmi di tumore e di non accorgermene per tempo, o peggio, che non se ne accorgano i medici?

E allora fissiamoci degli obiettivi. Ma obiettivi a breve termine, di statura ridotta rispetto a quelli che avevo prima, perchè sarò sincera, ora fatico a vedere me stessa proiettata in un domani lontano, per cui anzichè passi lunghi e ben distesi mi riesce meglio pianificarne di brevi ma consistenti. Da qui sono ripartita un mesetto fa.
Le prime cose a cui guardare entro un mese erano fondamentalmente due: tornare dalla reumatologa e recuperare il rapporto con mio figlio, dedicarmi a lui, aiutarlo a ritrovare la serenità.

In questo mese pian piano ho recuperato le forze, è tornata la primavera e gli orari di lavoro di mio marito si sono iperdilatati (praticamente in casa non c'è MAI, spesso solo per dormire), e le tre cose insieme mi hanno permesso di stare molto tempo con mio figlio. La verità: a volte è stressante (eh beh, col caratterino e l'energia che si ritrova...), ma più spesso è piacevole. Usciamo in bicicletta, facciamo la spesa, lavoriamo in giardino, chiacchieriamo, facciamo bricolage, ascoltiamo musica. E il Power parla, a volte mi dice cose che non mi sarei mai aspettata. Capita sovente che se ne esca dal nulla dicendomi che aveva paura che morissi, che non tornassi più dall'ospedale, e il fatto che mi dica queste cose in momenti di serenità e di distrazione mi fa pensare.  Forse sta dando un nome a tutta quell'ansia che lo riempiva, forse ha proprio bisogno di riporre un pezzo di sofferenza che gli bloccava la gola. Non è poco. Io ho avuto le mie paure e le mie sofferenze, ma lui è un bambino che a sei anni ha avuto paura di perdere la mamma, perchè anche se nessuno gli ha detto in cosa consistesse realmente il mio male, lui non è nè cieco nè sordo, e i suoi pensieri li ha fatti, traendone le sue conclusioni. Deve aver sofferto in maniera spaventosa. E adesso ci sono delle certezze da ricostruire anche per lui.

La reumatologa sono riuscita a sentirla solo la scorsa settimana: si è spostata in un'altra struttura che per me è raggiungibile quanto lo era quella di prima, e quando mi ha detto di essere disposta a ricevermi il prima possibile ho letteralmente fatto i salti di gioia. Gli effetti delle ultime flebo stanno svanendo, da due giorni ho il collo bloccato (letteralmente, col collare da Robocop) e dolori al bacino, le ginocchia si irrigidiscono dopo qualche solo minuto di immobilità (mentre sto seduta per esempio, ma anche se mi fermo per due minuti davanti a uno scaffale del super): è ora di riprendere le cure per la spondi. Il tempo per organizzarmi e fare lo slalom tra i miei esami e le visite della mamma, ed entro un paio di settimane spero di riuscire a farmi vedere da lei.
Nel mentre, domani ho la visita cardiologica nel primo pomeriggio, da cui spero almeno di poter uscire chiudendo un capitolo assieme alla porta dell'ambulatorio.


E intanto mi fisso un altro obiettivo: sgonfiarmi. Perdere almeno dieci o quindici dei venti chili che mi ha regalato the breast cancer. Non dico immediatamente, ma almeno entro fine anno. Perchè non raccontiamocela, si ha poco da dire che è l'ultimo dei problemi, piacermi per me è ancora importante. Ed è ancora più importante tornare a muovermi agevolmente quel tanto che basta, alleggerire le mie ginocchia già provate dalla spondi e non aggravare ulteriormente la cartina geografica di capillari rotti, lividi, macchie rossastre e vene blu che mi ritrovo sulle gambe. In fondo ho solo trentotto anni, pochi per avere due gambe come una donna di settanta, e non mi riferisco al lato estetico.


Pensavo che prima o poi la mia vita sarebbe potuta tornare come prima, ma mi sbagliavo. No, come prima non tornerà mai più, ma francamente, non è che questa mi dispiaccia. E' solo contornata da altre cose, cose che non posso evitare quindi sforziamoci di accettarle, e di trarne del buono. Facciamo in modo che non sia stato un anno buttato, traiamo da tutta questa storia tutta l'energia vitale possibile, o almeno proviamoci.

Non mi riprendo la mia vita, mi riprendo me stessa. Questa è la verità.

domenica 24 aprile 2011

Strane uova covano le galline dalle mie parti...



E' solo la gallina di casa che ha rispolverato la tecnica del patchwork su polistirolo dopo anni annorum dall'ultima volta che lo ha fatto. E' che a me non piace dipingere le uova, perchè poi non le vuole mai mangiare nessuno... Queste almeno sono riciclabili ;)
Buona Pasqua a tutti!

venerdì 22 aprile 2011

E ciao Jack...


Che dire... Arrivederci, al di là del ponte sull'arcobaleno.



 





Ciao Jackolotti.
Eri un disastro, ma eri buono come il pane. Eri un opportunista, ma mi mancherai.

mercoledì 20 aprile 2011

Race for the cure


Un po' mi imbarazza essere contattata per queste cose, ma poi penso, in fondo aderire è un po' come far tornare buona una sonora legnata sui denti, girare la frittata per il verso migliore, trovare il... lato buono della faccenda. Non sono un medico nè una infermiera per cui non potrò mai dare aiuto concreto a chi sta percorrendo il cammino che ho percorso io finora (anche se mi piacerebbe tantissimo), ma parlarne si, posso, perchè ora come ora è l'unica cosa che so per certo essere nelle mie possibilità. E quando mi sono ammalata io il bisogno più grande che sentivo era proprio quello di sentirne parlare, di rompere il silenzio, di violare il tabù che mi faceva sentire sola.
Appunto.

E dunque, in via privata mi è stato chiesto di segnalare   
QUESTA INIZIATIVA  : si tratta della   RACE FOR THE CURE,   (link), organizzata dalla Komen Italia: ho dato una letta alle varie sezioni del sito e ho deciso che si, posso scriverne qualcosa.
Copio e incollo dal sito.



La Race for the Cure, evento simbolo della Susan G. Komen Italia, è una mini-maratona di raccolta fondi, della lunghezza di 5 km (con passeggiata di 2km) che si propone di esprimere solidarietà alle donne che si confrontano con il tumore del seno e di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione
. È una manifestazione unica e aperta a tutti, che ha la capacità di coniugare al meglio sport, divertimento, emozioni ed impegno sociale. 


(Il seguito sul sito stesso).

Piantata dalla Necchi


Torno a cucire seriamente (per seriamente intendo farmi una camicia) dopo  più di sette anni di stop: trovo al mercato una pezza di tessuto come la volevo (cotone elasticizzato color melanzana),  impiego una settimana tra prendere le misure, fare il modello,  modificare, tagliare, rinforzare, marcare, imbastire, cucire, provare e riprovare, orlare e sorfilare, ne esce qualcosa di molto vicino alla mia idea di perfezione, e quando arrivo quasi alla fine del lavoro mi si rompe il meccanismo per fare le asole.  Volevo mettere la camicia nuova a Pasqua.



Permettete? Posso?

martedì 19 aprile 2011

Fino all'ultimo


-F. ha voluto parlare con l'oncologo oggi. Ha capito che gli stiamo nascondendo qualcosa.
-E l'oncologo che cosa gli ha detto?
-Gli ha dato una speranza. Come avevi suggerito tu. Non gli ha detto che quasi sicuramente non arriverà a maggio, gli ha dato una speranza.
-E lui?
-Lui è tornato a casa più sereno. E ora lo siamo anche noi.



Avevo detto alla mia amica M., due settimane fa, che certe cose non si possono nascondere, negare l'evidenza davanti a chi ti conosce fin dall'infanzia ed è ancora perfettamente lucido crea solo sofferenza sopra alla sofferenza. Ma addolcire la verità si, cambia le cose. E fortunatamente F. ha incontrato una "oncolessa" che probabilmente la sa lunga. E gli ha dato un motivo per alzarsi dal letto al mattino, nonostante tutto.



Ho sempre sostenuto di desiderare a tutti i costi di essere messa davanti a una brutta verità piuttosto che a una bella bugia. Ma la vita di recente mi ha portato a dovermi ricredere. Oggi penso che ci sono anche delle varianti delle "brutte verità" che possono perlomeno rendere il cammino tale da poter essere affrontato fino in fondo.

Fino all'ultimo respiro.



lunedì 18 aprile 2011

Gatteria - Lato B


Jack- lato B (cosa abbia fatto durante il quarto d'ora in cui è rimasto in questa posizione lo sa solo lui, ma posso garantire che NON dormiva)


Qui invece cosa abbia fatto lo si capisce fin troppo bene
Anzi, ci si è messo di impegno fino in fondo

L'odore del mare


A mio marito l'odore del salmastro da fastidio.


A me fa sentire a casa, come l'aria del mare che mi attraversa anima e corpo e i colori delle imbarcazioni che dipingono i porticcioli. Mi fanno tornare indietro di undici anni.

Ieri pomeriggio siamo stati a Marano.

venerdì 15 aprile 2011

Ogni tanto si svegliano


Mi trucco da venticinque anni o giù di lì. Inizialmente furono lucidalabbra, ombretto rosa trovato sul giornalino (all'epoca c'era Dolly, chi si ricorda?) e mascara di ogni colore (come usava negli anni '80). In seguito ho cambiato millanta volte modo di truccarmi, c'è stata una pausa lunga tre o quattro anni quando è nato mio figlio (quando apparire curata e carina era l'ultimo dei miei problemi), poi ho ricominciato a farlo divertendomici anche. Mica chissachè, uso truccare gli occhi perchè non amo mettere in risalto la bocca che ha una forma stupida e che mostra denti regolari quanto è regolare l'insieme delle Dolomiti. Se poi penso che quando facevo chemioterapia ero rimasta con una ciglia sull'occhio destro e tre sul sinistro, ma non uscivo prima di metterci il mascara sopra, pur di non sembrare sciatta... (si noti la sproporzione delle cose, ma io sono fatta anche così).


Da venticinque anni o giù di lì è aperto un contenzioso con le matite per il trucco. E' un amore non ricambiato, nel senso che io amo loro e loro detestano me. Motivo: non so (sapevo) far loro la punta. Ogni volta che vedevano il temperino cadevano in pezzi, si scioglievano in mano, questo nonostante abbia perfino cercato una soluzione tenendole in frigo per ore prima di appuntirle (ho trovato anni fa il consiglio sul giornale... non ho più comprato quella rivista). Ho risolto una manciata di anni fa, sostituendo la matita per gli occhi con l'eye-liner (rigorosamente a pennello) e quella per la bocca con le matite automatiche. Che costano il doppio di quelle di legno, ma se quelle di legno finisco per buttarle dopo i primi due passaggi perchè il temperino se le mangia tutte a mò di squalo...
Questo fino a una settimana fa.

Una settimana fa, mentre chiacchieravo oziosamente con mia cognata di questa cosa (il tema era uscito in relazione al fatto che ho notato con piacere che mia nipote, sedici anni, ha iniziato a truccarsi) lei se ne esce con l'uovo di Colombo:
perchè non usi il temperino apposito anzichè quello da cartoleria? E' diverso.

Diverso? Ho sempre sostenuto, complice mia madre, che gli accessori che si acquistano nei reparti profumeria dei supermercati sono solo articoli da cartoleria con il prezzo raddoppiato. Comunque, buttati per buttati, giorni fa ho speso quei tre euro per un temperamatite "da trucco", un po' a malincuore, ma a questo punto diventava una questione di principio.
Mia cognata aveva ragione: quelle poche matite che erano rimaste nel mio scatolotto del make up hanno trovato finalmente giusto respiro, con un passaggio all'attrezzino le ho come nuove, e mi mangio un po' le mani per non averci pensato prima.


Non sono solita  raccontare fatti banali, leggeri e quotidiani così, gratis. E infatti a chi ha occhio fine non sarà certo sfuggito che questo non è un post sul trucco.
E' solo che mi meraviglio ancora di quanto a volte le soluzioni alle piccole noie, ma forse anche a quelle più grandi, siano più a portata di zampa di quel che si crede.  Magari basta aspettare il momento giusto per coglierle, e aver fiducia che prima o poi si lasceranno trovare. E allora aspetto, a patto però che non mi occorrano sempre venticinque anni per trovare una qualsivoglia soluzione ai miei dilemmi: non sarebbe molto sano.

Ah, giusto perchè la vanità vuole la sua parte, queste redivive sono proprio le mie...



Ps.: Se non mi trovate nei prossimi giorni, sono in bagno a far punte. Ci ho preso un certo gusto...

giovedì 14 aprile 2011

Canzoni


Ci sono persone alle quali le migliori ispirazioni e le grandi risposte arrivano mentre sono in seduta "spiritica" (chiamiamola così).


Io spesso trovo le risposte mentre stiro (saranno i vapori?).
E oggi ho capito perchè da giorni non faccio altro che canticchiare tutto il giorno canzoni e musiche di ogni genere, tra quelle che amavo ascoltare quando avevo suppergiù venticinque anni. Compresa la melodia che ho inserito qui, sul mini i-pod virtuale nella colonna di destra.

A venticinque anni ero innamorata.





E il periodo in cui ero innamorata lo ricordo come il più felice della mia vita.

mercoledì 13 aprile 2011

Laviamo sto port?


Questa però non riesco a tenerla...

Ora che ho finito le terapie in vena, ho bisogno di far lavare regolarmente l'infusaport. In ospedale mi hanno caldamente consigliato di rivolgermi all'infermiera di comunità del paese dove vivo, perchè da loro è necessario prendere appuntamento, le attese sono quelle che sono e le infermiere sono sempre prese per i capelli, che è anche vero. Ma va bene così, faccio duecento metri in bici anzichè dodici chilometri con Greta, ed è più sano (ed economico). Questo ogni 30-40 giorni al massimo, finchè non me lo leveranno (e si parla indicativamente di un annetto, se non ci sono imprevisti). E così la scorsa settimana ho approfittato del passaggio offerto a mia madre, che doveva appunto recarsi dall'infermiera di comunità a far lavare il suo, per chiedere informazioni e prendere appuntamento per la pulizia della mia presa USB (che per chi non ha alba di cosa significhi, altro non è che buco-siringata di anticoagulante-sbuco-cerottino. Tempo medio della pratica: due minuti scarsi). 


Succede che per far lavare il port ci vuole l'impegnativa del medico, una volta sola.
Io, per motivi personali che non sto ad elencare, ho il medico di famiglia fuori distretto. Che non vuol dire in un'altra ASL, ma in un altro distretto, che sta al confine con quello di pertinenza (leggi: due chilometri da qui). Siccome stanno cambiando molte delle procedure, ora per far fare il suddetto lavaggio con impegnativa di un medico di diverso distretto è necessario far compilare al medico un modulo di richiesta di assistenza. Cioè due fogli fotocopiati con scritto il perchè, il perquando e il percome ho messo su sto benedetto infusaport, dove l'ho messo e cosa devono farci, inoltre viene chiesto chi si è occupato di me durante la malattia e chi è autorizzato a ricevere informazioni sul mio stato di salute nel caso le richiedesse o io non fossi in grado di prendere decisioni per mio conto (se vado in coma dopo il lavaggio?). 

Non viene richiesto perchè devo farlo qui avendo il medico lì.

Se avessi avuto il medico in paese (come mia madre) sarebbe bastata una impegnativa con su scritto
"richiedesi lavaggio periodico infusaport".

No, adesso spiegatemi, per cortesia. Io proprio non ci arrivo, abbiate pazienza.

POST SCRIPTUM: Per correttezza, mi è stato spiegato da persona più competente di me che in questo caso non si parla propriamente di distretto diverso, ma di azienda sanitaria diversa. Il succo comunque non cambia, visto che lo scorso anno con le semplici impegnative dell'oncolaus (e prima ancora della reumatologa) ho eseguito esami e visite a Pordenone piuttosto che a Udine, Palmanova, Portogruaro (fuori regione quindi), Manzano e via dicendo quando non possibile a Latisana, senza tante manfrine e moduli stile inchiesta da compilare. Il dubbio quindi rimane

domenica 10 aprile 2011

martedì 5 aprile 2011

Bentornati


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E che la natura vi preservi dal tosaerba di Papigà e dalle pallonate del Power. Almeno fino alla sfioritura.

sabato 2 aprile 2011

Parole


Non mi piace scrivere sull'amore. Non mi piace nemmeno parlare dell'amore. Qualsiasi parola si cerchi di appioppargli è una parola in più, inutile secondo me, banale, scontata, ripetitiva, rubata ad altri e sentita infinite volte. Non parlo mai d'amore. Per me l'amore si trasmette, non si dice. Non è vergogna, non è pudore, non è mancanza di fantasia. E' la certezza che con il silenzio, con i gesti, con la musica, con una carezza, un sorriso, una notte insonne, un passo affiancato all'altro, un abbraccio (io adoro gli abbracci, quelli veri, stretti, intensi, più di qualsiasi altro gesto) o con qualsiasi altra cosa al di fuori del linguaggio verbale (e ce ne sono miliardi) l'amore si concretizza in maniera più percepibile. Le parole toccano il cuore, i gesti investono l'anima.
Adoro le poesie d'amore, ma rimangono poesie. Se non sono accompagnate da qualcos'altro,  fosse anche semplicemente uno sguardo eloquente o due mani che si sfiorano, rimangono meravigliose, intense, toccanti... parole.

Questo è il mio pensiero.


Oggi sono andata a trovare la mamma, come i giorni scorsi. Sta benissimo, la tengono in ospedale ancora un paio di giorni perchè il drenaggio non è ancora pulito, ma ha avuto una ripresa fantastica. E' stufa di star lì, si annoia, ma non ci si può far molto. Quando vado diventa più logorroica del solito (e chi la conosce sa bene che non è una a cui la parola deve esser tirata fuori col forcipe), e io la lascio sfogare, rido, scherzo, cerco di esserci. Ma...
Ma oggi, mentre sorseggiavo il caffè della macchinetta in sala ristoro (cheschifooooo!!! Ho sbagliato a digitare la quantità di zucchero, e a me il caffè amaro... bleah!!!) e lei parlava e parlava, mi veniva in mente il giorno dell'intervento, le ore passate a vegliarla assieme a mio fratello e mia cognata, dandoci un po' il turno sulla sedia in attesa che l'anestesia pian piano venisse smaltita. Mia madre ha sessantadue anni, quasi sessantatrè. Quando penso a mia madre come figura fisica vado in automatico con il pensiero a quando eravamo bambini, lei portava i capelli nerissimi fino alle spalle, ogni tanto faceva la permanente che durava rigorosamente poco, altre volte portava la coda "di musso" (come diceva lei, la coda bassa). Era un filino più alta (invecchiando la gobba l'ha abbassata un po'), le gambe slanciate, il vestito da casa sempre ben stirato e le urla per farci smettere di litigare. Ha sempre dimostrato molti meno anni di quelli che aveva: la pelle bianca, la figura esile e gli occhi gioviali la rendevano, ai miei occhi, diversa dalle altre mamme. Ma per ogni bambino è così, immagino.

Martedì la guardavo. La testa ancora pelata sul cuscino, senza ciglia nè sopracciglia, immersa nel sonno. Guardavo le rughe appena accennate sul viso, la pelle macchiata e un po' cadente. E pensavo che anche la mia mamma sta invecchiando. Non è abbruttita, è sempre lei, ma sta invecchiando, e non me ne sono mai accorta finora. Il giorno dopo l'ho lavata e aiutata a vestirsi, aveva ancora il camice dell'operazione, a fatica si reggeva in piedi ma il morale era bello carico come sempre. Ma si è lasciata fare come si lasciava fare mio figlio quando era molto piccolo. Si lasciava reggere, toccare, pulire, vestire. L'ho fatto come se lo facessi da sempre, e quando ho finito il pensiero si è fermato lì. Dove?

Lì dove i ruoli cambiano, dove ti rendi conto che non sei più bambina nè ragazzina, dove non puoi più solo aspettarti qualcosa ma sei perfettamente in grado di prendere in mano la situazione e gestirla, in una sola parola... ricambiare. Senza pensarci. Perchè è così. Dove puoi, con quello che puoi, ricambiare.
Sono sincera, un po' mi dispiace essermi resa conto che gli anni passano, che anche lei ha le sue debolezze, che ha bisogno. E' segno del tempo che fa il suo lavoro inesorabilmente, senza chiedere permesso, per tutti e per te, per i genitori degli altri e per i tuoi. E' segno del tempo che cambia.

Ed è tempo di cambiare gesti, lasciando le parole d'amore tra le pagine dei libri di poesie.


Per rispondere con un post ai commenti lasciatimi più sotto...


Credo che Silvia abbia espresso il pensiero più vicino a quello che ho formulato io in questi giorni dentro di me. Perchè le vostre risposte me le sono lavorate un po'.
Ieri pomeriggio parlavo di questa cosa con M., un'amica, e lei - che vede questa cosa della "morte" da un'altra prospettiva rispetto alla mia (è un po' difficile da spiegare il perchè ma non importa) mi ha aiutato a dare un nome a quello che è cambiato in me guardando alla morte per malattia.
E' semplice, tanto semplice quanto duro da accettare, ma proprio come dice Silvia, quando qualcosa ti tocca da vicino o addirittura ti capita addosso, non ha più il peso che aveva prima. Non lo avrà mai più. Se prima ti passava un centimetro sopra la testa (che non vuol dire che ci rimanevi indifferente, ma era una cosa più lontana), adesso tutto ti tocca, tutto ti arriva addosso, tutto ti fa o piangere o ridere, ma non rimanere indifferente. Non più. Perchè ti vedi lì, ti senti un po' dall'altra parte, percepisci quello che accade e lo percepisci a pelle, e piangi con chi piange perchè non puoi farne a meno, soffri con chi soffre perchè in parte sai di che pasta è fatta quella sofferenza, e in fondo al cuore desideri che nessuno la provi più, ma succede. Succede e succederà sempre.

Per me è difficile, oggi, fare i conti con questa parte di me, questa parte che non mi permette di prendere più certe cose alla leggera, ma di viverle in profondità. A me spaventa, perchè il peso è grande. Ma poi penso, forse tutto sommato non è poi una cosa così brutta. E' difficile, pesante, ma forse fa crescere, fa abbandonare tante cose che non servono per lasciare spazio a quelle che hanno un significato per la vita; ho smesso di rodermi il fegato per le cose più banali perchè nella testa ho bisogno di spazio per altro, ed è diverso godere delle piccole cose e farsi venire l'acidità di stomaco per delle scemenze, che si possono cacciar via con molto poco.

Che poi, tra il dire e il fare c'è di mezzo il quotidiano. E allora...
E allora oggi il quotidiano mi porta a far la spesa, stendere l'ennesima lavatrice, stirare quattro cose, pulire le lettiere, fare un salto in ospedale a tener compagnia alla mamma e godere delle facce soddisfatte dei miei famigliari che divorano una fetta di torta di mele. E' vero, mi accontento di poco. E' vero, vorrei di più. Ma comunque sia questa è vita, non morte, ed è la mia fetta di torta. Ops, di vita.

venerdì 1 aprile 2011

I fruz an di sta co li maris!


...mi diceva mia suocera ogni volta che mio figlio si ammalava, durante tutti i tre anni e mezzo in cui frequentava l'asilo.


"Jo no ai mandat i me fiis ta l'asilo, li ai tegnudis cun me, come ducju i fruz di famee par ben di trente ains fa!!! E no si son cjataas brutis malatiis!!!"

Due settimane fa metà classe prima B, tra cui il Power appunto, era a casa con la varicella (la metà che evidentemente non ha fatto in tempo a prenderla all'asilo).
Ieri ho saputo che una fetta di mamme e papà, a distanza di due settimane, è a casa dal lavoro con la varicella ereditata dai bambini ovviamente. E a quarant'anni non è come prenderla a sei.

Parcè che i fruz di famee par ben, trente ains fa, a stavin co li maris.

(Mi perdonino i friulani per gli errori di scrittura...)