lunedì 8 giugno 2015

E mi ritrovo a piangere...

... di commozione come una scema, per tutto il chilometro che separa la scuola da casa, mentre guido nascosta dietro ai miei occhiali da sole. Piango lacrime calde, perchè la giornata sarà torrida come quella di ieri, e le otto del mattino non sono fresche, e piango come una bambina di due anni, senza ritegno. Piango, e mentre piango mi sento sciocca come mai mi sono sentita sciocca prima, mentre sale l'urgenza di buttare nero su bianco quello che mi passa per la testa per non perderlo. E infatti sono qui, subito, con la scatola dei kleenex a portata di zampe, e le guance ancora bagnate. Che fortuna poterlo fare, e non dover correre immediatamente altrove.

Otto anni e mezzo. Per otto anni e mezzo l'ho accompagnato a scuola e ritirato. Da settembre a giugno, per otto anni e mezzo, sono centinaia e centinaia di giorni. Per otto anni e mezzo con qualunque temperatura e situazione metereologica, vestita come l'omino Michelin con giaccone, berretto, guanti e calzamaglia di lana, e come oggi, in pinocchietto bianchi e polo a maniche corte azzurra, i capelli lunghi raccolti in una coda fresca come cinque anni fa invece tenevo i rarissimi che avevo nascosti sotto ad un cappello. In otto anni e mezzo ho trovato ad attenderci tante maestre diverse, le volte in cui mi aspettavano all'uscita con le mani sui fianchi (terrore e sudore) non le ho mai contate. L'ho portato e ritirato in auto, in bicicletta, un paio di volte a piedi l'anno scorso.
La sosta davanti al cancello non è sempre stata piacevole. Ho ricordi di rimproveri dell'insegnante davanti a me, di "signora deve salire perchè il Power ha preso una nota, e non vuole uscire da scuola. E' su con la bidella",  ma anche di discussioni con le altre madri, di momenti di disagio perchè il Power ne combinava di cotte e di crude e mi sentivo gli occhi degli altri genitori addosso (e solo da poco ho scoperto di non essere stata la sola); una volta l'anno scorso parcheggiando in un posto diverso dal solito ho urtato leggermente un'altra auto graffiandola (ma subito scusandomi con la proprietaria e offrendomi di pagare il lieve danno) e mi sono sentita una caccola per due settimane.  Davanti alla scuola ho odiato profondamente il dovermi trovare davanti a madri che ho detestato con tutta me stessa, ma ho anche conosciuto - purtroppo tardi - altre donne che per quattro anni ho snobbato, e invece la cui compagnia ho scoperto essere piacevole.

E ogni anno, durante il percorso di andata e ritorno, incrociavamo i ragazzini delle scuole medie che andavano e venivano da soli, in bicicletta o a piedi, perchè le scuole medie sono a cinquanta metri di distanza dalle elementari, una strada più in là. Li guardava, e diceva "alle medie anch'io, da solo, che se mi presento con te mi prendono in giro finchè vivo".
Oggi abbiamo incrociato due compagni di classe che stavano arrivando a scuola da soli. Non so come possano aver ottenuto il permesso, dato che a inizio anno ci era stata negata dal preside questa possibilità, ma tant'è, lo fanno. Ho chiesto al Power se volesse provare a chiedere agli insegnanti una deroga per questi ultimi quattro giorni, così da iniziare ad essere autonomo. Mi ha risposto di no. Rosso in volto, "no, non ancora mamma".

Siamo in due, allora. Io in modo più esplicito, lui più intimamente, ma siamo in due a non volere questo distacco, dopotutto. In due a sentirne il peso, l'importanza, l'imminenza. L'inderogabilità. In due a sapere che la scuola primaria è quasi finita, ma mancano ancora quattro giorni, e "quasi" non è sinonimo di "fine", e dato che tutto il mondo - mamma e papà per primi - gli dicono che le cose, tra tre mesi, saranno completamente diverse e la scuola diventerà una cosa seria, più interessante ma più seria, lui questi ultimi giorni se li vuole godere tutti.
Io, me li voglio godere tutti.

Ma come possiamo essere arrivati fin qui? E le lacrime a fiumi quando dovevo lasciarlo alle maestre dell'asilo, dove sono? Non le ho asciugate, le sue e le mie, solo ieri?

Non sono mai stata gelosa di mio figlio. Ho sempre cercato, in questi undici anni e mezzo, di lasciare che il Power vada con chiunque (di mia fiducia, ovvio) e ovunque. Anche se ciò non significa non soffrirne. Non sono diversa dalle altre madri, dopotutto. Avendo poi mio malgrado lui solo, tutta la mia mammitudine è concentrata su di lui. Non può essere diversamente.
Ci si stacca dal proprio figlio il giorno in cui lo si mette al mondo. Bella frase filosofica pesante, e soprattutto originale come l'acqua calda, eh? Ma la verità è che è così, punto. Che non facciamo un figlio per tenercelo stretto alle caviglie lo sappiamo, ma ad ogni passo che fa per allontanarsi... mamma mia quanto fa male,quanto è difficile.
Sono profondamente orgogliosa che il Power sia sempre più autonomo. No, sul serio. Da qualche giorno insiste anche per lavare i piatti quando sono pochi, e se da una parte mi solleva non poco (dato che con i dolori che ho quando mi si fa questo piacere è una manna, perchè non ho la lavastoviglie), dall'altra il pensiero è "ma non è prestino?". Poi mi ravvedo subito, perchè faccio mente locale e ricordo che si, io alla sua età lavavo i piatti ogni sera alternandomi a mio fratello, stiravo fazzoletti e canovacci, e stavo imparando come si fa un piatto di pasta.  Insomma, ci sta tutto. Devo crescere quello che sarà un uomo, non una polpetta femmina-dipendente.
C'è che ogni mattina, per andare a scuola, passiamo davanti alle scuole medie. E guardo i ragazzini alti e brufolosi non più in fila per due divisi per classe davanti all'entrata, con le maestre a capofila e in coda, ma divisi a capannelli sparsi a chiacchierare dei fatti loro rigorosamente dando la schiena alla strada, in attesa del suono della campanella. Da soli. La scuola non è nemmeno recintata: c'è solo un grande porticato, e i ragazzini attendono lì.
E lì tra tre mesi ci sarà anche il Power, che non mi vorrà vedere a scuola se non quando pioverà a dirotto, e dovrò guardarmi bene anche dallo scendere dall'auto. Che già adesso quando lo accompagno devo fermarmi al cancello, e lasciare che percorra il sentierino di porfido lungo una ventina di metri da solo perchè "mamma, dai, mi vergogno". Però mi stampa il bacio del "buon lavoro, grazie altrettanto" prima di andare.

E più lui prende autonomia, più io mi ritrovo svuotata. Orgogliosa, ma svuotata piano piano. Lui ha sempre meno bisogno di me nel concreto. Mi hanno detto che si è mamma sempre, il passare degli anni cambia i modi ma non l'intensità, e io lo spero con tutto il cuore.  Spero con tutto il cuore che almeno la parte delle confidenze, quelle che mio figlio fortunatamente non mi lesina mai, almeno quella non venga mai a mancare, anche se già so - perchè adolescente lo sono stata, e me lo ricordo bene - che ci saranno momenti in cui non lo riconoscerò più neanche in quelle, e arriveranno i "mamma sono fatti miei". L'idea di non essere più il suo punto di riferimento umano mi terrorizza, e ancor più mi terrorizza l'idea di non riuscire ad accettare questa cosa quando avverrà. Ho paura di non reggere, di crollare, di non trovare un altro appiglio su cui far forza per cambiare il modo con cui essere madre. Insomma, ho un gran bel casino per la testa.

Ecco, lui cresce, ed è ora che cresca anch'io. Ci sono infiniti manuali sulla crescita dei ragazzini (che non ho letto mai, mi rifiuto, ho i miei bei motivi), ma non ce ne sono sulla crescita delle mamme. Nessuno ti spiega come affrontare i cambiamenti dalla parte delle mamme, puoi solo parlare con mamme che ci sono passate prima di te, e anche lì è difficile trovare la mamma che ti racconta come sta veramente, come vive questa cosa così grande e così difficile.

Ora è tempo di programmare l'estate. Il Power non vuole frequentare il centro estivo quest'anno: i suoi amici non vogliono andarci, tolti loro rimangono solo bambini più piccoli di lui, e chiaramente si rifiuta. Ci saranno compiti da fare: a differenza di quando andavamo a scuola noi trent'anni fa (in cui si poteva contare su un'estate libera da obblighi di studio), con la continuità tra i due gradi di istruzione il passaggio tra la quinta elementare e la prima media vuole i (sacrosanti) compiti per le vacanze. Per il resto ci inventeremo qualcosa, dato che non si andrà in ferie da nessuna parte, as usual.
E poi... via, si ripartirà. Io pure, ripartirò. Devo reinventarmi, non so come, ma devo farlo. La matassa ingarbugliata che ho nella testa, in qualche modo va dipanata.
Che se penso a come sto vivendo questo piccolo passaggio di mio figlio, non oso immaginare quando tra tre anni se ne andrà alla scuola superiore.

Ma facciamo una cosa alla volta. E la cosa più urgente, ora, è riporre i kleenex e iniziare a fare le faccende.










5 commenti:

barbara ha detto...

come è vero, come mi ricordo, qualche anno fa il tuo stesso smarrimento, il tuo stesso dolore! e guarda che non è finita, i figli si distaccano in mille modi diversi, e cose che fino ad un certo punto davamo per acquisite come "nostre", ecco, si rimettono in discussione completamente. Tu poi sei molto lucida, come sempre, ma immagino il groviglio dentro di te, simile a un gomitolo di lana troppo stretto e con tanti nodi. Però, ed è un però grande come una casa, c'è questo di bello: che sei stata tu a portare il Power fin qui, sei le fondamenta della sua crescita, e guarda questo resterà per sempre. anche se ci saran momenti in cui lo sentirai estraneo o lontano, o in cui non ti piacerà com'è ( e succede, sai non è mica strano), quelle fondamenta saranno sempre lì, a ricordarti il cammino fatto insieme, tu e lui, e a fartelo riconoscere come "tuo", fra tanti. Un abbraccio, barbara

Adriana ha detto...

così fai emozionare pure me... un bacio!

Anonimo ha detto...

Solo questo:💜💜💜
Laura

azzurrocielo ha detto...

ogni passaggio , ogni attimo in cui ti rendi conto che tuo figlio è cresciuto per me è stato fonte di malinconia. Quando erano piccoli pure cambiare la taglia di pannolini per passare alla successiva più grande mi metteva un pò di malinconia. Ma poi li ho cresciuti cercando di fargli acquisire l'indipendenza che gli sarà necessaria nella vita. Penso in natura quando una mamma "abbandona" , che poi non è abbandono ma lasciar andare, i suoi cuccioli perchè sono pronti per la vita, ecco questo mi sono proposta di fare. Sian ben chiaro , non significa che ogni passo della loro indipendenza mi lasci indifferente, qualche lacrima l'ho versata e la verso ancora anche io. Ma credo che l'amore più grande di una mamma sia proprio un amore non egoista...
"i vostri figli non sono figli vostri..sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita...."Gibran.
un abbraccio sincero

Isabella ha detto...

E leggendoti mi commuovo anch'io...mi pare quasi di conoscerti un pò!
con immensa stima, Isa.