martedì 7 agosto 2012

P.M.

E' difficile per me parlare di questa persona, perchè le volevo molto bene. E quando si ama profondamente una persona (nel senso di amore platonico, ma profondo) e questa persona viene a mancare, anche dopo tanti anni non è semplice descriverla senza sapere di essere "di parte", senza sapere quindi di ricordarla con molto poca obiettività.
Ma tant'è. Ieri e oggi ne ho sentito la mancanza in maniera particolare. Ho pianto ancora per la sua assenza, e per il mio egoismo nel desiderarne ancora la vicinanza.
Nel mio passato remoto (parlo di quando ero adolescente) conoscevo un frate. Era un uomo che credo avesse centrato in pieno la sua vocazione nella vita, perchè al di là di quello che faceva o che diceva, lo faceva e lo diceva con una chiarezza in volto e una limpidezza dei gesti che lasciavano immaginare che il saio gli fosse stato cucito addosso quando era ancora in fasce. Per qualche anno gli ho affidato i miei pensieri di adolescente, in quella mia adolescenza così particolare e diversa da quella della maggior parte dei miei amici dell'epoca. Gli ho messo tra le mani cose che non avrei detto a nessun altro, perchè nessun altro meritava la mia fiducia come mi ha dimostrato di meritarla lui. Lui non giudicava. Mai. Non una volta mi ha fatto sentire in imbarazzo, non una volta mi sono pentita di essermi rivolta a lui per un motivo qualsiasi. E non una volta ha avuto per me parole di rimprovero o di stizza.

Accadeva venticinque anni fa.
Diciannove anni fa, il cinque di agosto, la malattia gli ha fatto attraversare il ponte che da qui porta all'infinito. Di lui conservo non solo il ricordo e tante lettere, ma soprattutto la certezza che il Bene esiste davvero, in qualche angolo del mondo e del cuore.

Ci sono cose che si possono dire, e altre no. E quando queste cose fanno molto male, fanno male il doppio se, al solo pensiero di rivelarle, ci si sente giudicati, se non dagli altri almeno da noi stessi.
Ecco, oggi lui mi manca proprio per questo. Mi manca perchè anche se ho trentanove anni e non più quindici, in alcuni giorni il peso da portare è decisamente troppo pesante per me sola, e sento il  bisogno di un aiuto almeno per un piccolo tratto di strada, qualcuno che mi regga la torcia nel buio mentre ho entrambe le mani impegnate a sorreggere il bagaglio lungo la strada, ma questo aiuto non c'è. Non c'è perchè ho paura del giudizio, perchè non è giusto gettare addosso a qualcuno il proprio magone con quella che "poi ti senti meglio", non c'è perchè aprirsi a qualcuno richiede una fiducia da entrambe le parti che non si acquista al distributore all'angolo della strada. Non c'è perchè un affetto tanto grande da poter raccogliere il bene ed il male ad occhi chiusi è una cosa che capita poche volte nella vita, e comunque non capita mai perchè lo si è andato a cercare, ma perchè si è disposti a riceverlo da ovunque esso arrivi. Come è arrivato nella mia vita P.M. venticinque anni fa.
Qualcuno lo chiama Amicizia. E le mie Amiche, oggi, quelle a cui posso raccontare la cosa più imbarazzante che si sia sentita dall'inizio dei tempi che se mai gli viene da ridere (o da picchiarmi, a seconda) si guardano bene dal farmi sentire un peciotto perchè sanno che ne soffrirei il doppio sono lontane, e le conto sulle dita di una sola mano (e avanzano anche un paio di dita).
Ecco, oggi Mamigà è questo, e prende fiato come può, con i mezzi che ha a disposizione come fanno tutti, sentendo per un solo momento tutto il dolore che la nostalgia fa esplodere dentro, perchè a volte proprio non se ne può fare a meno.



5 commenti:

cinziaxxx ha detto...

Vorrei averti vicina a me, anche a me manca tanto un'amicizia vera come quella con Anna che mi ha lasciato all'inizio dell'anno. Un abbraccio che parte da me e arriva a te.

Renata_ontanoverde ha detto...

Mia cara Sara, penso che P.M. non ti abbia lasciato, anzi puoi continuare il dialogo con lui, lo stesso. Certo noi umani, unità carbonio, abbiamo bisogno di vedere materialmente la persona con cui colloquiamo perchè siamo fisici e poggiamo le nostre certezze su tutti i nostri sensi.
Ma se ti concentri e gli parli il colloquio certo non avrà la dinamicità di quando era vivo, ma se ti poni "ad ascoltare" una risposta arriverà.

Almeno questo succede a me con i miei defunti, ma io credo nello spirito che vive dopo la morte.
Spero anche tu.

Un abbraccio Renata

Mamiga ha detto...

Grazie Renata e grazie Cinzia.
Renata, però è difficile capire quanto il "dialogo" con qualcuno che non c'è fisicamente sia frutto della nostra fantasia. Anzi, io credo che il più delle volte sia così, che il desiderio sia padre del pensiero. E le disillusioni sono ancora più amare, poi.

Fragolina ha detto...

che argomento delicato...
io credo come mamigà che la nostra fantasia spesso governi il nostro pensiero
mi piacerebbe tanto però credere come Renata..
ci sto lavorando su

nel frattempo vorrei mandarti un abbraccio Mamigà mi spiace tanto per vuoto che ti ha lasciato P.M.

Anonimo ha detto...

Il tuo post mi ha riportato alla memoria quando - poco più che adolescente - anche il frate cappuccino della mia parrocchia che aveva trascorso con noi una vita è stato trasferito. Né ho fatto una malattia. Non volevo nemmeno conoscere il frate che era arrivato per sostituirlo. Il mio ragionamento era:"Che senso ha entrare il relazione quando so già che tra qualche anno sarà trasferito." Solo col tempo la mia prospettiva sui traferimenti è cambiata. Credo però che il "trasferimento definitivo" sia un discorso a parte.

Mapiova