martedì 17 ottobre 2017

Lo sfogo - la Bestia Bis

La visita oncologica c'è stata. Alla Bestia è stato dato un nome. Il percorso è stato programmato, anche se i dettagli vanno aggiustati via via.
La Bestia, stavolta, è brutta. Si, ok, trovatemi voi le Bestie belle, tra quel tipo di Bestie. C'è che quella che ho avuto sette anni fa, in confronto, era un agnellino. Mai avrei pensato di poterlo dire.
Questo è un triplo negativo. Subdolo. Stronzo. La Bestia Bis. Uscito dal nulla così, aggratisse. Che nelle ultime settimane mi sono spaccata il sistema nervoso dai sensi di colpa, perchè ho saltato tante, TANTE pastiglie di terapia ormonale in sette anni, ma cacchio, ho fatto CINQUE anni di Decapeptyl, quando i protocolli standard ne vogliono due, tre al massimo. Ho anche tolto le ovaie assieme all'utero, che l'utero se n'è andato per la displasia all'endometrio, ma le ovaie erano sane, e ho accettato di farle togliere solo per prudenza, per prevenzione di una recidiva. E invece no, arriva questo, che dal finestrino che si è aperto in me mi fa cenno con la manona e mi dice con voce canzonante "del mio collega ti eri ben che liberata, eri proprio guarita di lui, ma io con lui non ho proprio niente a che fare, quindi togliti i sensi di colpa, perchè la tua è solo una grandissima botta di spheega". Che consolazione.

Mi aspetta, stavolta, la mastectomia radicale. E' già stata fissata per il 31ottobre. Mi ricostruiranno il seno. Nel mezzo, TAC e scintigrafia ossea, perchè se non c'è il terrore delle metastasi non ci accontentiamo mica.
E poi... Chi col triplo negativo si è già scontrata, sa che arriva il resto. Non ci si scampa. Non c'è altra arma, e che sant' Onco ce la mandi buona.
La chemio.
Cazzo, la chemio. Che quando ho realizzato la cosa, nella mia solitudine, mi sono lasciata andare ad una crisi isterica da vergognarmi di me. Ma se c'è una decisione che sto maturando in questi giorni è proprio quella di portare rispetto prima per il mio sentire, poi eventualmente per quello degli altri, e allora si, lo dico, ho urlato, ho lasciato uscire tutto il mio rifiuto per quella porcheria, che hanno poco da dirti "pensa che ti salva la buccia", ma intanto te la devi pippare, ti devi di nuovo lasciar rivoltare i visceri e non solo quelli da lei, e trovatemela anche solo una,  UNA donna che lo fa volentieri come fa volentieri una manicure. Averne lo schifo più schifo è un mio diritto.

Passano i giorni. Mi sto attivando. Perchè il momento dello sconforto e della caduta nel vuoto passa, la paura di non farcela rimane, la terra trema ancora sotto ai piedi, ma c'è tanto da fare, e a guardare al passo che sto facendo man mano ho imparato sette anni fa, ed è ora e tempo di rientrare in quella mentalità. Questo ora la vita mi chiede.
Ho fatto acquisti. Pigiami, biancheria nuova, e due foulard. Non voglio cappelli stavolta. Quelli della menata precedente (vedi un po' la vita come va, a volte...) non li ho conservati: lo scorso giugno, in occasione della imbiancata (imbluata...) della camera matrimoniale ho preso la palla al balzo e ho svuotato gli armadi, eliminando un milione di cose che stavano prendendo polvere da anni e che sapevo non avrei più adoperato. Tra queste cose, i miei cappelli che usavo per coprire la pelata. Tutti eliminati, tranne uno o due che mi piacevano particolarmente e che ho usato anche in seguito. Il resto... via. Ma penso che non li avrei rivoluti nemmeno sapendo a cosa sarei andata incontro ora, perchè non mi piacciono più. Ho un'altra età, un altro fisico, altri gusti, così ho deciso di cambiare. Intanto ne ho presi due. Un cappellino per stare in casa e basta. E orecchini vistosi per riempire quel vuoto odioso tra testa e collo che ti fa sembrare non solo malata, ma anche rassegnata. E no, rassegnata io proprio no, non a 44 anni, non con una famiglia da amare, non con un figlio da crescere. Dio, questi pensieri sto a fare... Si, cappero, io ci tengo. Datemi della donna senza spessore, pensate pure che i problemi durante la malattia sono altri, non mi importa. Ho bisogno di appigli per tenere su l'anima, ho fatto fatica a tornare ad avere un aspetto che mi piace dopo la malattia, è il mio appiglio e mi ci aggrappo con tutte le mie forze. Questo non mi preserva da tutto il resto, e sa il cielo quanto profondo sia l'abisso che riguarda quel "tutto il resto", ma mi aiuta a viverlo meglio. A guardarmi allo specchio e non vedere la malattia prima della donna, ma il contrario. E vedo tutorial su youtube creati da Donne come me che mi spiegano come annodare il tessuto, e anche come truccarsi. Appigli. Appigli per aggrapparsi alla vita. Appigli per cambiare il verso con cui guardarsi. Ho una malattia. Non sono LA malattia.

Un po' alla volta la gente intorno a me lo sta venendo a sapere. A qualcuno lo dico io, a qualcun altro l'ha detto mio marito. Qualcuno l'ha saputo da mia madre. E come sette anni fa, c'è chi si offre subito di aiutare in qualche modo, e chi sparisce.
Chiariamo. Non mi permetto di giudicare le reazioni di chiunque davanti a una cosa così abnorme. Ognuno ha il suo modo di porsi davanti a queste cose. Ma lo dico fuori dai denti: il silenzio che adotta la gente quando fuori la scusa "ho paura di disturbare" mi dà ai nervi. Ottima scusa per lavarsene le mani. Prendete in giro qualcun altro: se tacete, tacete perchè o non ve ne frega niente, o perchè avete paura, ma non di disturbare.  Sarà che io parto dal presupposto che un malato non si lascia solo. Sarà che so cosa vuol dire avere non una semplice paura, ma il terrore puro. Sarà che per me il vuoto è non solo una cosa che ti fa sprofondare, ma è umanamente inaccettabile. Ma non rende ciechi. Una telefonata non disturba. Un messaggio su whatsapp non disturba. Un gesto gentile non disturba. Dite "sto sulle mie perchè non sono in grado di aiutarti, di portare il tuo peso, perchè ne ho di abnormi da risolvere di mie, non ho tempo, mi si è scaricato il telefono, non sapevo della tua condizione, non so che fare, la malattia mi spaventa", ma se dite "ho paura di disturbare" è come se diceste "non contare su di me". Ed è una cosa che mi segno, e mollo. Non con astio, ma adesso ho bisogno di forza, non posso concentrarmi su altro.

Una persona di mia conoscenza, una cara amica, in lacrime mi ha chiesto quanto fossi arrabbiata. Si è meravigliata quando ho risposto che provo tanti sentimenti, fuorchè la rabbia.
Mi arrabbio quando qualcuno mi pesta i piedi, quando mi si dice una bugia, quando mi si fa un torto, quando mi si manca di rispetto, quando mi si usa violenza verbale, quando vengo presa per quello che so di non essere. Ma adesso con chi me la prendo? Con chi mi devo arrabbiare, con la vita? La stessa vita che mi ha dato anche tante cose buone? Cos'è, la prendo a insulti per cosa? L'ha fatto apposta? Che abbiamo tutti le nostre croci, e allora dovremmo essere tutti incazzati a morte con la vita? E cosa faccio, pesto i pugni? E poi? Risolvo cosa? No, la rabbia è l'ultima cosa oggi. C'è tanto di altro, ma la rabbia no. Quello che mi manca è un pianto. Non sono ancora riuscita a farlo. Ci ho provato. Al primo singulto mi si è bloccato il collo, è partita una stecca alla cervicale, e mi sono fermata. E con questo ho un groppo abominevole in corpo.

Proteggere. Mi viene chiesto di proteggere mio figlio dal dolore, e questo è un capitolo a parte su cui oggi non me la sento di soffermarmi. Mi viene chiesto di proteggere mio marito, perchè ha grossissimi problemi sul lavoro, e soffre da morire, che questa mia situazione lo ha sderenato ulteriormente. Metà della mia famiglia non lo deve sapere, perchè quella metà andrà a riferirlo dritto dritto alla nonna (è già successo per altre cose, no, non esagero nè sottovaluto), e non vogliamo che sappia. A 92 anni si ha tutto il diritto di vivere in pace. Soprattutto se non si può verificare di persona come stanno le cose, perchè la distanza è troppa.
Mi è stato chiesto di proteggere mia madre, perchè è già provata dalla sua recente recidiva. E vive sola, ed è fragile. E di non sfogarmi con i miei suoceri, perchè hanno i loro problemi.
Qualcuno giorni fa mi ha telefonato per sapere come stavo. Quando ho iniziato a raccontare quello a cui sto andando incontro, ha cercato di tagliare corto la telefonata.
Proteggi chi ti ama, fingiti positiva, ottimista, ridi, buttala in vacca, punta il faro sulle tette nuove che ti fai fare e facci le battute sopra, tralascia il dettaglio che ti senti devastare i nervi perchè ti mutileranno fuori e dentro. Di nuovo. E senza sapere se servirà a portare a casa la buccia intera, peraltro. Che oggi va di moda il malato propositivo, positivo, quello che mette la maschera da tigre e racconta di andare a fare la chemio come quando va a prendere l' Ostia in chiesa. Quello che si, sta male, ma non lo fa pesare a nessuno, perchè bisogna poter dire "che bravo". E ci si può riuscire, fidatevi. Ma cazzo, quanto costa. Perchè poi hai una facciata da tenere in piedi, e guai se per un momento ti lasci andare, perchè l'anima pia che ti ricorda che "tanto tu sei forte" arriva puntuale a farti sentire più debole, così, di un debole qualunque. E io, adesso, non ci riesco. Proteggo mio figlio. Proteggo me stessa. Per il resto del mondo, da oggi non ce n'è.

Proprio da oggi. Oggi ho fatto la visita chirurgica con il chirurgo plastico.
A causa della pregressa quadrantectomia, a causa della pregressa radioterapia, a causa della chemio che farò, a causa del blablabla, considerando questo e quello, è stato deciso che farò il percorso di ricostruzione con l'espansore. E sarà lungo. E tornerò in sala operatoria da qui a circa un anno. E su e giù per il Big Hospital ogni due o tre settimane. E un'altra minestra da digerire.

La ricostruzione è il minimo, mi hanno detto.
I capelli sono il minimo, mi ha detto la mia amica Se.
Dei capelli fregatene, ha ripetuto l'altra mia amica, la Ci.
Tanto è passeggero, mi ha detto la Cla.
Tra un anno ci ridiamo sopra, è arrivato dalla Fla.
Se bisogna passare l'inferno si passa l'inferno, ti dice chi "quell' inferno" l'ha solo sentito nominare e non ne ha mai assaggiata una goccia.
Tutto è il minimo. Tutto è passeggero. Tutto è facile, finchè la somma di tutti i minimi  non te la fai tu. Come quando sei nel pieno di una crisi di ansia e ti dicono "e allora calmati".
C'è che oggi ho deciso che da ora in avanti, finchè non sarà passato il violaceo del livido che ancora mi scotta sulla pelle del collo, mi proteggerò e dirò la verità.

Mi chiederanno come sto.
Risponderò che oggi sto di merda.




16 commenti:

Anonimo ha detto...

non sono brava con le parole. Ti seguo da tanto ma non ho u blog. Dopo aver letto il tuo post ti ho racchiuso nelle mie braccia e ti ho fatto finalmente uscire quel pianto che hai nel cuore. Ti voglio bene anche se ti conosco virtualmente. Nonna Sandra

Elisabetta ha detto...

Ho la fortuna di non aver vissuto il cancro personalmente, anche se ha toccato tre persone su quattro della mia famiglia,: ho una discreta idea di cosa significhi quindi essere accanto a una persona malata, ma non sono mai stata malata io, quindi non ci penso nemmeno a dirti che ti capisco e che so cosa provi. Non so e non ci posso nemmeno arrivare vicino. Quello che so è che ti leggo con affetto, ti auguro tutto il bene di questo mondo e ti tengo nei miei pensieri, anche se non serve a nulla.

Vishnu ha detto...

La ricostruzione con l'espansore e protesi definitiva viene benissimo. Il l'ho fatta un anno e mezzo dopo il primo intervento. R

Livia ha detto...

Sul proteggere la nonna, fai le tue valutazioni... una mia amica ha tenuto nascosta alla nonna - madre della mamma e confinata in una casa senza ascensore per paralisi - la morte della figlia (sua madre) per circa 4 anni, su preghiera delle altre zie, per non turbarla. Ma la signora alla lunga non si è lasciata più intortare e in punto di morte ha insistito per avere conferma che la figlia fosse morta, e ha detto "dovevate dirmelo"... e la nipote tuttora si sente in colpa per averle mentito.
Comunque queste richieste di proteggere gli altri io le trovo un po' urtanti... come lo proteggi un ragazzino che vive con te? Semmai si potrà valutare un affiancamento psicologico... col periodo di merda che vi accingete ad affrontare, servirà tutto l'aiuto possibile.
Daje, in bocca al lupo e viva i foulard vezzosi :)

Anonimo ha detto...

... passo a trovarti ...
Un abbraccio!

... quella di Lucy

gabriella ha detto...

Ciao, mi chiamo Gabriella. Non ci conosciamo e non so se riusciró a dire qualcosa di intelligente. Sinceramente mi sorprendo a leggere quanta gente ti stressi su cose che tu, e solo tu, puoi e devi decidere: a chi dirlo, quando, perché. Tu sei tu, la malattia ce l'hai tu e ne fai quello che vuoi tu. Non credo che sará un segreto ben tenuto, soprattutto nei confronti di tua nonna, per non parlare di tuo figlio, tuo marito o di tua mamma. E sinceramente, le tue energie le dovrai spendere per te, e non per altri, per la loro pace interiore (!). Sei tu quella che ha bisogno e sei tu che decidi. Manda a quel Paese chi vuole dirti cosa fare o non fare e non sottovalutare chi ti vuole davvero bene. E poi piangi, ridi, esci, stai in casa, parla, stai zitta, fai quello che ti senti insomma! E questo é un consiglio che mi sentirei di dare a chiunque, malato o no, ma a chi é malato ancora di piú. Un abbraccio, Gabriella

b. ha detto...

ti leggo da moltissimo tempo, senza commentare. sei una bella persona, davvero, e sono addolorata per quello che stai provando e passando per la seconda volta. scrivo solo per dirti che ti abbraccio. barbara

Silvia ha detto...

E' un doloroso piacere leggerti, sei estremamente lucida e questo è buono e no buono insieme. Fa male leggere quel che ti aspetta ma per quanto tu esprima le tue paure e ansie vien sempre fuori il tuo carattere e la tua energia, sono predominanti.
Ti dirò una cosa seria e una cosa stupidina.
Partiamo dalla seconda va.
Ho letto che ti opereranno il 31 ottobre, la notte di Ognissanti. Ti puoi appellare a tutti, tutti presenti e in ascolto, vuoi mettere?
Ed ecco quella un po' più seria, che applico quotidianamente nella mia vita.
Hai una malattia. Finché sei tu che hai lei e non viceversa va tutto bene, ce la si fa.

Un abbraccio da Torino. Silvia.

p.s. vedrai che anche i tuoi amati gatti daranno una zampa, ti staranno vicini.

mammapiky ha detto...

Sei una forza. Ogni tua parola trasmette questo....

Anonimo ha detto...

ti abbraccio forte forte. in bocca al lupo

lucia

Anonimo ha detto...

ciao, mi hiamo catia e ti seguo da tanto. le parole mi sembrano tutte inadeguate,dunque ti abbraccio, ti porto nel cuore e prego ti arrivi da qualche parte un poco di consolazione

Anonimo ha detto...

Io non so cosa dire.
Faccio il tifo per te in silenzio, per quello che vale.
Giada - lettrice silenziosa

Anonimo ha detto...

Ciao, sono anche io una lettrice di lunga data ma sempre silenziosa. Sei stata una presenza costante in questi anni, mi piace il tuo approccio profondo ma ironico alla vita, e ho seguito da lontano le tue vicende familiari, le tue gioie e i tuoi dispiaceri. Ti sono grata di aver condiviso un po' della tua vita e di averci fatto dono di qualche ora del tuo tempo.
Continuerò a pensarti e a seguirti, in quello che vorrai raccontare, se lo vorrai e se farlo ti aiuterà a star meglio. Un abbraccio da lontano, con affetto.

Claudia

Isabella ha detto...

Un abbraccio Sara...nulla più.

Anonimo ha detto...

Mamigà, questo sarà un commento pieno di fioriture linguistiche, ma l'unica cosa a cui sono riuscita a pensare io leggendo questo tuo post è stata "...e che c@zzo!".
Non ti sarà certo di aiuto, lo so, ma hai tutte le ragioni del mondo di proteggerti e dire che che stai di merda (se stai di merda, ma io ti auguro di doverlo dire il meno possibile) ma anche di mandare a cagare un paio (e forse anche piu' di un paio) di quelle persone che ti spiegano come reagire a quello che sta succedendo "a te" o come devi sentirti tu...
Alla mia diagnosi di sclerosi multipla nel 2001 -avevo 31 anni appena compiuti, single, installata da poco all'estero- tanta gente intorno a me è scomparsa ("Ho paura di disturbare" é stato una hit, l'ho sentito dire spesso) e un paio li ho mandati a cagare io. Nel 2009 la diagnosi di mieloma aveva fatto un'altra buona scrematura dello sparuto gruppo di persone rimaste. Qualche anno dopo, la sindrome mieloproliferativa che si è associata ha finito di scremare lo scremabile, e io ho smesso di farmi problemi per gli altri: alcuni li ho mandati a cagare per davvero, altri ci si sono mandati da soli, con altri ho proprio chiuso li, senza spiegazioni (che non capirebbero) e senza strilli (le mie energie le uso per fare cose piu' interessanti o piu' "vitali").
A parte quelli che parlano per sentito dire o visto alla televisione, tra le persone "perse" anche un'amica -carissima fino a li- che un cancro lo ha avuto, ne è guarita, ma che non è riuscita a "integrare" (o accettare, o sopportare, o forse ha paura per se piu' che per me, forse di tutto un po') che non tutti hanno la sua fortuna, che ci sono malattie che non guariscono, tipi di cancro che cure risolutive non hanno, che non basta "voler guarire forte forte" per guarire... magari...
Sii egoista, è l'unico consiglio che mi sento di darti io.
Ti penso tanto tanto (tanto)
Michela dalla Svizzera
P.S. qualcuno resta e capisce nonostante tutto ,pero': la mia collega preferita che aveva festeggiato il Natale e il Capodanno in ospedale con me e un paio di infermieri nell'ormai lontano 2001 è nel frattempo diventata mia testimone di nozze nonchè migliore amica, e anche se abbiamo due vite completamente diverse e lei e la famiglia godono -grazie al cielo- di ottima salute, è ancora qui... persone che sanno starti vicino (anche in silenzio quando serve, per evitare i commenti idioti) esistono, sono rare ma esistono :-)

anna maria ha detto...

ciao, sono Anna Maria, malata metastatica, metastasi polmonari da K colon,vivo i tuoi stessi sentimenti e ho deciso anch'io di dire "sto di merda " quando lo sono, cioè quasi sempre, le chemio continue mi stanno distruggendo,non sopporto chi mi dice sei forte, perchè è il contrario e non sopporto soprattutto chi dice" non mi faccio sentire per non disturbare", anzi per questa ultima categoria ho deciso che alla prima occasione gli dico come la penso.un abbraccio fortissimo