lunedì 31 gennaio 2011

Ordine


Stamattina, nell'alzare la saracinesca in cameretta, mi è saltata all'occhio una cosa che ho avuto davanti agli occhi per giorni e giorni, ma per qualche scherzo della mente non ci ho mai fatto caso.


L'occhio si posa sulla tettoia delle auto, e sotto la punta più alta del triangolo di legno del frontale fa l'occhiolino... la piccola corona natalizia di raso bianca e rossa che vi ho appeso ai primi di dicembre.
Che cosa curiosa.
Pensi di aver messo tutto in ordine, richiuso gli scatoloni, archiviato l'archiviabile, e dopo un bel po' ti accorgi che qualcosa è sfuggito. Ovviamente di tirar fuori tutto di nuovo per metterla via non ha molto senso. E' un lavoraccio. E non è nemmeno indispensabile. Però lì appesa, in fondo al vialetto, non ci fa una gran bella figura in questo periodo dell'anno. Non è brutta, è solo fuori posto. Tutto sommato basta trovarle un'altra collocazione, provvisoria, finchè non tornerà Natale.
Come per certe cose della vita.

domenica 30 gennaio 2011

Mamma mia questo povero bloggherino lasciato a sè stesso... Dovrei aggiornarlo più spesso, ma in effetti questa piattaforma non è comoda come pensavo, sto seriamente pensando di tornare al mio vecchio blog su Splinder. Nel mentre che prendo una decisione, vediamo di scrivere qualcosa giusto per non far pensare al mondo dell'etere che me ne sto con le zampe in zampa.
In questi mesi non ho ricamato quasi nulla, mi sono dedicata al lavoro a maglia e ho riscoperto ancora di più la lettura come passatempo: mi sono buttata a pesce sui romanzi di Jane Austen, con una soddisfazione incredibile. Però qualcosa si, ho ricamato e cucito: ho finito e spedito tutti i sacchettini di lavanda (trenta!) che ho preparato durante il 2010 per le amiche che so io (mi ero ripromessa di fotografarli tutti prima di spedirli ma poi è andata che... ho spedito e basta), ho cucito diverse shoppers di tela con tasca ricamata (alcune sono andate in regalo ad altre care amiche, un paio me le sono tenute per me), ho confezionato uno scaldacollo con berretto a maglia, e riutilizzato qualche lavoretto piccino picciò per farne dei segnalibri.
Oggi però ho un lavoro da mostrare che mi ha inorgoglito non poco. Si tratta di una scatola con un ricamo sul coperchio




Il ricamo credo di averlo fatto non meno di un paio di anni fa. La scatola contiene qualcosa di particolare: le statuine in coccio decorate del Presepe di quando ero bambina, che ho ricevuto in dono due anni fa. Le conteneva una scatola di cartone foderata con carta di giornale di quasi quaranta anni fa, perchè le statuine a loro volta appartenevano ai miei nonni. La scatola era ridotta a brandelli, così ne ho acquistata una di nuova più robusta, ho applicato un ricamo (tratto da un sampler di JJ) realizzato su un ritaglio di lino e lavorato di colla a caldo e cordoncini. Il risultato mi piace moltissimo, e spero che duri almeno altri quarant'anni.

venerdì 28 gennaio 2011

Sensazioni dolorose


Non ho mai allattato. O meglio, mai direttamente. Ho spremuto latte materno per sei mesi. Credo i sei mesi più lunghi degli ultimi sette anni.


Ma non è un post sul mio seno. E' un post su quello che provavo.

Non ho mai avuto manie di perfezione estetica, nè contrarietà particolari all'allattamento: si, forse un po' l'idea di dover attaccare un coso urlante a una parte del mio corpo e non poterne fare a meno mi metteva ansia quando ero incinta, attaccata come sono sempre stata alla mia indipendenza e un po' al mio egoismo, ma si sa, poi l'istinto o la natura fanno il loro corso, partorisci e vien da sè che quel coso in realtà è la tua creatura, e attaccarlo al seno significa dargli nutrimento, in termini di cibo e di coccole, di amore, di sicurezza.
Questo tra me e mio figlio non c'è mai stato. Ho un brutto seno, non è predisposto ad allattare (per non essere più esplicita, ma credo che molte donne abbiano già compreso), ma avevo tanto latte da averne perfino congelato una quantità industriale. E mio figlio non si è mai voluto attaccare. Le abbiamo (uso il plurale perchè anche mio marito ha fatto la sua bella parte in quanto a corse nelle varie farmacie) provate tutte, dalle tettarelle artificiali alle ventosine, dalla stimolazione fisica alla dose infinita di pazienza, consigli delle puericultrici dell'ospedale, del pediatra, credo che ci mancasse solo di rivolgerci a una santa protettrice delle balie se esiste. Ma niente: ogni volta che avvicinavo mio figlio al seno iniziava ad urlare e a irrigidirsi come una trave di legno, aveva una fame impellente e non voleva perder tempo, il latte doveva esserci immediatamente, tanto, e anche sette-otto volte al giorno per il primo mese o giù di lì.  Ergo, per non ricorrere al latte artificiale rinunciando ai millanta vantaggi (per lui) del latte materno, visto che ce n'era per due, Mamigà si è armata di tiralatte e Papigà di biberon, e via, giorno e notte, tira il latte, daglielo, smonta, lava, sterilizza, congela, scongela, scalda... e piangi. Già un neonato è impegnativo di suo, se poi ci si mette anche sta cosa vicino non rimane molto tempo per gioire della maternità.

Al di là di questo, mi ricordo bene la sensazione di impotenza che si era impossessata di me. La sensazione, anche, di essere rifiutata. Assurdo vero? Per settimane, forse mesi, sono stata convinta che mio figlio mi odiasse. Perchè non accettava nulla da me, la cosa più naturale che potevo offrirgli, il contatto con la mamma, lui lo rifiutava, e per me era una sofferenza indicibile: come se avessi fallito nella cosa più semplice del mondo. Nella cosa più importante del mondo, del suo piccolo mondo di neonato. Leggevo le riviste, i siti internet dedicati, i forum, mi confrontavo con le mamme del corso di massaggio neonatale (si, abbiamo fatto anche quello), e morivo dentro di me ogni volta che sentivo parlare del rapporto meraviglioso che si instaura tra madre e figlio quando si allatta. Io vivevo l'esatto contrario. E mi sentivo sbagliata. Mi sentivo fallita.

So che sembra assurdo, sono passati sette anni e tutto è ridimensionato, tutto quel periodo ora lo ricordo sotto un'altra luce, ma se l'ho rivangato un motivo c'è.

Perchè sono mesi che provo di nuovo la stessa sensazione. Non voglio raccontare per filo e per segno la situazione che sta vivendo mio figlio ora e noi con lui, non è il luogo adatto, è troppo personale e troppo delicata questa cosa per poterla sbloggare. Ma la sensazione che provo nei confronti di quanto sta succedendo in questo senso penso che non sia solo mia, ma che sia comune a tante mamme che vorrebbero risolvere i problemi dei loro figli semplicemente tenendoseli stretti al petto, e la frustrazione che si prova nel rendersi conto che non è possibile, è immensa. Quando ti rendi conto che di fronte a un grosso problema puoi intervenire fino a un certo punto, e oltre non puoi andare, dovendoti affidare ad altre mani per non lasciarlo cadere, capisci che hai dovuto semplicemente accettare una soluzione alternativa, ma fa male. Ti senti fallita, impotente, sbagliata. Ti sembra di mancare in una cosa in cui tutte sembrano fare meglio di te e con uno sforzo minimo. Che non è vero, ma guardi tuo figlio negli occhi e ti sembra così. Ti sembra che ti rifiuti, che rifiuti il tuo aiuto. A volte, per quanto paradossale, ti sembra che ti odi. E ti arrovelli per capire dove sbagli, senza saltarne fuori.
Ecco, è così che mi sento. Come sette anni fa. Nè più nè meno. E no, non è affatto piacevole.

Il controllo cardiologico


Voto: ancora lievemente insufficiente.


Indicazioni generali: proseguire la cura senza variazioni, ma con un po' di pazienza in più.

Non sono migliorata.
Ma non sono neanche peggiorata.

Quindi direi bene.

giovedì 27 gennaio 2011

Altro flebo-gettone


Scintigrafia: tutto a posto.


RMN: tutto in regola.

Ergo, non so nemmeno io che dire. E nemmeno l'oncologo. Sul suo viso perplesso si è stampato un "andiamo avanti, è la terapia ormonale. Succede".
E andiamo avanti allora: ancora Herceptin, ancora cortisone, ancora antidolorifici, ancora pastigline per il cuore, ancora gastroprotettore ogni mattina, ancora tam, settimana prossima decapeptyl (me ne sono ricordata io stasera a cena... anche se non so se devo andare a farlo in ospedale o devo farmelo prescrivere, domani mi informo). Ogni tanto, un calmante giusto per gradire (e vabbè, nessuno è perfetto). Insomma, finchè il tran tran va avanti senza modifiche mi ritengo più che fortunata e penso che va tutto bene. Nei limiti del contesto, si intende. 
Domani, nel primo pomeriggio, ho il controllo cardiologico periodico.

Stamattina sono stata a fare la solita infusione, togliendo quella di oggi siamo a meno tre. Fare la terapia il giovedì anzichè il venerdì comporta una piccola seccatura: il giovedì devo provvedere affinchè a prendere il Power a scuola ci vada qualcun altro, perchè fa solo mezza giornata, ma visto che si tratta solo di poche volte ancora credo che organizzarci non sarà un dramma. E un po' mi dispiace perchè ci sono volti che non vedrò più se non per volere del caso.
Prima di andarmene sono passata in radiologia per ritirare tutte le eco mammarie fatte finora: solo qualche giorno fa, rimettendo in ordine in camera e cercando le lastre della prima RMN alla testa (quella del 2009), mi sono resa conto che non me le avevano mai restituite dopo le visite oncologiche, ma erano tornate tutte giù al primo piano. Con la gentilezza di sempre sono andati in archivio a recuperare le mie bustone, quattro o cinque in tutto.

E l'ho rivisto. Anzi, l'ho visto per la prima volta, perchè lo scorso anno, mentre ricevevo la diagnosi, ricordo di averlo intravisto solo per qualche istante appeso alla paretina retroilluminata dell'ambulatorio oncologico, ma non me ne interessai nemmeno, presa dall'ascoltare quello che mi veniva detto su di lui. Come era fatto era di scarsa importanza per il mio interesse, quel giorno: era già sufficientemente scioccante sapere che cos'era.

Comunque, oggi l'ho visto in faccia, anzi, in foto. La mia curiosità è stata appagata da un "coso" un po' informe, senza una sagoma precisa, che si distingue dal resto. Mi ha fatto una certa impressione. Il primo pensiero che ho fatto è stato
"eccolo, il b...do. L'ho fatto io. Non so come, ma l'ho fatto io. E guarda che gran casino ha provocato sto coso.".
Il secondo è stato "andiamo a casa và, ho una fame dell'anima." E ho ingranato la prima pregustando un piatto di gnocchetti al gorgonzola.
Come dire, pratica archiviata. Che non è vero, archiviata al cento per cento non lo sarà mai, ma ormai sapere com'era fatto effettivamente non ha più importanza.

lunedì 24 gennaio 2011

RMN


Tutto qui? Pensavo peggio... Il tubo degli orrori non era nè buio nè claustrofobico, solo molto rumoroso nonostante i tappi nelle orecchie, e ben illuminato. Il mezzo di contrasto non me lo hanno fatto, perchè dopo il primo "passaggio" senza, il radiologo ha detto che è riuscito a vedere lo stesso quello che cercava. Cosa non lo so, non ha voluto esprimersi nemmeno lui. Comunque ritirerò gli esiti già mercoledì pomeriggio, così giovedì avrò tutto in mano per poter portare all'oncologo quello che ha chiesto. Perchè da questo mese mi hanno spostato le infusioni al giovedì, anzichè al venerdì.


Comunque mi sono pippata lo stesso la profilassi, quindi torno al mio letargo da antistaminico (caspio, a parte UN MALE BOIA al momento dell'iniezione, ma Atarax è una bomba che disinnesca i neuroni!). Se non mi sveglio per Pasqua cominciate a preoccuparvi.

domenica 23 gennaio 2011

Buste di plastica addio?


E vabbè, non è mica sto gran problema... al di là del fatto che le buste di tela si trovano ovunque, Mamigà si è organizzata da tempo immemore non tanto per l'obbligo di legge, quanto per la passione per le bags hand-made.
Ieri pomeriggio ho terminato di confezionare l'ennesima, su modello di una normalissima shopper di plastica, con tessuto pagato a peso (a un prezzo ridicolo) al solito spaccio aziendale di una nota azienda di tessuti. Tra le mie, e quelle che ho regalato, ormai ci ho preso la mano...
Queste sono solo quelle che tengo nel bagagliaio per fare la spesa, vecchie e nuove, mancano le tre grandissime fatte con ritagli di vecchi jeans e una gonna di lana dell'anteguerra. Quella cucita ieri pomeriggio è la shopper sui toni azzurri.

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Che la scomparsa delle buste di nylon ci fa un baffo, ci fa...

Date


Che cosa stupida.



Oggi è il ventitrè gennaio.
Un anno fa scoprivo di avere un "coso" sul seno, mentre mi lavavo. Era sabato mattina. Chi pensa che il mio primo pensiero sia stato di spavento si sbaglia, perchè memore di quanto già accadutomi tanti anni prima (risoltosi con poco, un day-hospital, una cicatrice e tanti saluti) la frase che mi è uscita dalla bocca è stata "opporca, ci risiamo! Che bolle, si ricomincia daccapo".

Che cosa stupida, quando alcuni eventi della vita ti regalano un calendario alternativo, fatto di date che hanno un significato solo per te, e per te soltanto è impossibile passarci sopra come fossero giorni qualunque.

Domattina ho appuntamento per una RMN cerebrale.
Ho una fifa tremenda per il mezzo di contrasto: nonostante la profilassi, quando ho fatto la TAC, un mese fa, sono stata male poi tutto il pomeriggio, come se avessi fatto chemio.
E sono terrorizzata di quel rotolo di scottex gigantesco in cui dovrei entrare. A Manzano hanno il macchinario aperto ma il primo appuntamento disponibile era per marzo, troppo in là. Ho dovuto accontentarmi di Udine, ma con questo inconveniente. Che affronterò, ne ho passate di molto peggio, ma intanto sono un fascio di nervi.
Domani pomeriggio mio marito va a ritirarmi l'esito della scintigrafia ossea di lunedì scorso (altra esperienza fantastica, dopo la total-body mi hanno dovuto fare il primo piano della testa, mezz'ora con la testa piegata tra i due obiettivi come l'hamburgher in un panino, i linfonodi gonfi per il raffreddore e i dolori dell'artrite. E un inizio di attacco di panico cavalcante quando mi sono resa conto che non riuscivano a procedere con l'esame per... boh, non me lo hanno voluto dire).

Ok, ce la posso fare. Ce la farò.
L'unica consolazione è sapere che oltre ai calmanti che prenderò, l'infermiera mi ha detto che l'iniezione di antistaminico dà forte sonnolenza. Sarà meno angosciante. Spero.



Ma poi, non ho ancora detto che ieri sera io e Ziacris ci siamo conosciute, alla festa di Mia? E che è stata una sorpresa bellissima? E che non avrei mai smesso di abbracciarla? E che ogni volta che mi torna alla mente, diciamo ogni dieci minuti da stamattina, non riesco a non sorridere?

venerdì 21 gennaio 2011

C'è stato un tempo...


...in cui per frasi del genere mi sarei arrabbiata moltissimo. Ora non accade più. Non dopo tutti questi mesi.


Ieri ho accompagnato la mamma a fare chemioterapia, la quinta di sei. Poco dopo le due sono andata a riprenderla, ho dovuto attendere una decina di minuti perchè non aveva ancora terminato, e visto che ormai le ore di caos erano belle che terminate in reparto mi hanno lasciato attendere in sala terapia, con lei.
C'era una signora seduta vicino, avrà avuto a occhio una settantina d'anni, berretto nero in testa, occhiali sul naso, una espressione dolce sul viso segnato. Chiacchierava con mia madre. Quando mi ha vista entrare ha iniziato qualche scambio di frasi anche con me, per educazione, ma probabilmente la mamma deve averle detto prima che arrivassi che io quel percorso l'ho già compiuto mesi fa, perchè la signora molto educatamente e con un bel sorriso mi ha subito detto
"ecco, vede, quando si è giovani come lei è più facile affrontare questa brutta cosa, alla mia età si vorrebbe invecchiare in pace, non subire queste cose. Io ho paura, lei è così sorridente, da giovani non si ha paura, vero? Quando devo prendere l'ascensore per venire a fare terapia divento un fascio di nervi, inizio a tremare già in ingresso, poi arrivo qui e vedo tutte queste signore sorridenti, e dico io, come si fa? E' perchè sono vecchia che non riesco a essere così anche io".
Come ho detto, un tempo mi arrabbiavo per frasi così, perchè pensavo che la gente fa presto a iniziare la gara a chi sta più male, per farsi coccolare. Ma ieri mi sono accorta che da tempo ho abbandonato questi pensieri.
Perchè la signora mi ha fatto una tenerezza incredibile. Aveva paura. Era stanca. Ha pensato che tutto il peso che sente addosso sia dovuto al fatto che è anziana. E forse illudersi che ci sia una età in cui tutto è più facile la aiuta a giustificare la sua voglia e il suo bisogno di essere rassicurata, accompagnata, portata in braccio attraverso questa cosa che le è capitata tra capo e collo (e seno).

Le ho detto che no, non c'è un'età in cui è meglio o peggio ammalarsi. La malattia è brutta da giovani come da vecchi, non dovrebbe arrivare mai, ma arriva, e a qualsiasi età arrivi spaventa e chiede di essere affrontata. Non le ho voluto raccontare la mia storia perchè non mi sembrava il caso, ma l'ho rassicurata sul fatto che avevo paura anch'io quando attraversavo quel corridoio pavimentato di gomma nera, tremavo anch'io man mano che l'ascensore mi portava al quarto piano, ma mi sono fatta forza pensando che mi sedevo in poltrona per guarire, non per star male. Anche se sono giovane ho avuto bisogno di aiuto, ho dovuto chiederlo, sono stata fortunata nell'ottenerlo, e ringrazio il cielo che ora che si è ammalata la mamma io sono di nuovo in forze abbastanza per rendere almeno in parte quanto mi è stato dato. E sentirsi dire "effettivamente c'è un tumore" al momento della consegna della diagnosi non è stato certo l'attimo più entusiasmante della mia vita. 
Le ho detto che è normale avere paura, che sarebbe strano se non l'avesse, perchè si sa che non si è lì per un raffreddore, nessuno va a far chemio volentieri per passare una mattinata in poltrona con un ago piantato, per quanto comoda sia. L'età non c'entra, perchè da vecchi ci sono dei problemi, ma da giovani ce ne sono altri, e non è meno difficile per nessuno. Ma le ho detto queste parole col cuore, non di rabbia, ma sperando davvero che si rincuorasse un po', che si sentisse meno strana, per cercare a modo mio di farle sapere che c'è chi la può capire e non per sentito dire. Le ho detto quello che avrei voluto sentirmi dire io quando ho fatto la prima chemio.

Forse la malattia mi ha reso un po' più indulgente nel dare giudizi. Forse mi si è rammollito il cuore. Ma mi si è alleggerita l'anima mentre me ne andavo, perchè mi è stato regalato un sorriso da chi un attimo prima mi ha detto di sentirsi angosciata.

:)

giovedì 20 gennaio 2011

Oh oh, l'ho combinata...


Ogni tanto faccio delle uscite straordinarie, presa dall'impeto e dall'emozione, poi ci ripenso e mi rendo conto che forse avrei fatto meglio a starmene buona buonina. Di solito un po' tardino.
Ieri ho terminato di leggere il libro della Austen che avevo in mano da mesi (Ragione e Sentimento), finalmente. Siccome avrei voglia di leggerne un altro della stessa autrice (punto a Mansfield Park), prima di andare in libreria ho pensato di dare un'occhiata in biblioteca per eventualmente noleggiarlo. Quando ho detto al Power che mi sarei recata in biblioteca nel pomeriggio, è saltato su come una scheggia a infilarsi le scarpe per accompagnarmi.
Ora, dovete sapere che nel paese dove vivo c'è una biblioteca nuova di zecca, inaugurata circa due o tre anni fa, luminosissima, grande, forse un po' sfornita ma con ambienti molto gradevoli da frequentare. Mio figlio è abituato ad andarci fin dai tempi dell'asilo, quando le maestre periodicamente vi portavano le classi, la bibliotecaria preparava delle attività mirate, ogni bambino aveva la sua tesserina e hanno imparato a noleggiare regolarmente dei libri scelti da loro stessi (il reparto dedicato ai libri per bambini è il più bello e fornito della biblioteca). C'è anche da anni il progetto
"nati per leggere" (link),  a cui il Power non ha mancato mai una volta di partecipare, accompagnato di solito dalla sottoscritta e una volta o due dal papà. Anche durante la scorsa estate io e mio figlio ci siamo andati diverse volte, e poi è noto che al Power leggere piace moltissimo soprattutto da quando lo sa fare da solo. E questo non può che farmi felice, per tutta una serie di motivi.
Dicevo, ieri pomeriggio io e mio figlio ci siamo recati in biblioteca.
Abbiamo parcheggiato.
Abbiamo aperto le portiere dell'auto.
Le abbiamo richiuse e siamo tornati indietro.
La biblioteca era chiusa.
Un avviso affisso alla porta di ingresso avvisava che dal tre gennaio di quest'anno gli orari di apertura sono cambiati: da cinque pomeriggi 14.30-20 e due mattine 10-12, l'orario è stato ridotto a quattro pomeriggi 14.30-16.30, a settimana. Otto ore. Considerando poi che il venerdì i bambini terminano la scuola alle 15.30, le ore usufruibili si riducono a sette. Come dire, secondo i parametri a cui eravamo abituati prima (ma anche a quelli a cui ero abituata io da bambina, ma non fa testo ormai), praticamente zero.
E dire che lo Stato sta facendo da poco pubblicità in televisione sul valore della lettura. Il nostro sindaco che fa per adeguarsi? Taglia il personale alla biblioteca del paese e ne riduce la funzionalità. Complimenti. Un ulteriore segno dell'interessamento del sindaco attuale verso la politica per il sociale, dopo che ha tolto i fondi per il "Tempo per la Famiglia" (che era l'unico momento di aggregazione esistente in paese per neomamme e bambini under 3) e risolve il problema della caldaia rotta della scuola materna affermando che l'asilo non è obbligatorio perciò se ai compaesani non sta bene così com'è si tengano i bambini a casa. Tanto di cappello.
Al di là di questo, se io ero amareggiata, il Power era furioso. E con ragione. Ma siccome lamentarsi da soli non serve, ho pensato di inviare alla biblioteca questa email, sperando di ottenere che venga girata ai livelli più alti e competenti in materia, non si sa mai che serva:

 



Oggi siamo stati in biblioteca io e la mamma e abbiamo trovato chiuso. Non sapevamo che gli orari fossero cambiati, la mamma ha letto il cartello e ha detto che da inizio anno è aperta per pochissimo tempo durante la settimana. Ci sono rimasto molto male perchè vengo in biblioteca da quando andavo all'asilo e mi piaceva tantissimo.


Ma perchè? Non si fa così! Voglio sapere con chi devo andare a litigare, per questa cosa che è un dispetto a me e a tutti i bambini che venivano alle letture insieme, e che avevano imparato a noleggiare i libri, e a sceglierli, e a sentire tanti bei racconti. Non si fa!


Power (nome e cognome) e la sua mamma, Sara (che ha scritto l'email ripetendo paro paro le parole di Gabriele così come sono state formulate, ed è molto amareggiata)

Epilogo.
Stasera mi ha chiamata la bibliotecaria. Nel sentire il suo nome mi si è gelato il sangue: "oddio, si è offesa". E invece...

Voleva comunicarmi di aver rigirato l'email a chi di dovere, visto che tanta gente è andata da lei a lamentarsi ma a nessuno è venuto in mente di fare qualcosa di concreto. E mi ha anche ringraziato per aver avuto il coraggio di firmare.
Forse non servirà ad altro che a procurarmi fastidi. O forse servirà solo a leggere sul prossimo numero del quotidiano locale un ennesimo articolo del sindaco in cui giustifica per la trentesima volta il taglio delle spese e l'aumento delle tasse comunali dando la colpa alla crisi, ai compaesani, ma mai alla cattiva amministrazione delle risorse di chi comunque, appena eletto, ha pensato bene di ritoccare (al rialzo oviamente) l'appannaggio della giunta comunale (per quello i soldi non mancano mai). Forse mi verrà semplicemente dato della "cittadina ignorante" che guarda solo al piccolo tornaconto, senza la consapevolezza di tutto quello che in realtà comporta governare tremila anime.

Stare zitta però non potevo.


 

mercoledì 19 gennaio 2011

I lati buoni della faccenda


Mi è stato fatto notare con estrema gentilezza, e con un po' di preoccupazione, che è da una settimana che non scrivo.


E' vero, e non vogliatemene. Non è stata una settimana serena e non so quanto lo saranno i prossimi giorni, e non mi va di sbloggare tutta la mia tensione nè tantomeno di spiegarne i motivi. A volte ci sono cose che è meglio riservare per sè stessi, che siano cose pesanti o semplici paranoie, ma non tutto si può condividere, non tutto è giusto mettere nel calderone comune. Mi sento debole, pronta a prendere qualsiasi cosa non positiva, anche leggera, come un tacco che si pianta sui piedi, perciò per le cose pesanti per ora preferisco starmene per i fatti miei. Splinderiamente parlando si intende. In via privata, con chi so di potermi confidare, il discorso è diverso.
Però si, ci sono delle cose che mi procurano piacere, e su cui mi soffermo più volte al giorno per non sprofondare, per rimanere con i piedi piantati a terra per quanto possibile e sorridendo. Perchè riesco anche a sorridere, non posso negarlo, nonostante tutto. E questo si, vale la pena dirlo. Forse scrivendolo lo imprimo ancor più davanti ai miei occhi, rendendolo più utile di quanto non lo sia già.

Mi fa sorridere...

    * Ascoltare la musica di queste pagine. Allevi è stato tanto criticato, a me la sua musica piace. E mi mette tranquillità, dando uno sfondo ideale ai miei pensieri.
    * Tuffare il viso nel ciambellone di pelo morbido che è Amy quando riposa, che tanto lei non protesta mai, anzi, fusocchia contenta e mi slecca anche la faccia.
    * Guardare al mio lavoro a maglia in corso (una sciarpina bicolore) e pensare a ogni punto, a ogni movimento dei ferri e delle dita che li guidano, rallegrandomi con me stessa per aver trovato un nuovo modo per procurarmi soddisfazione con qualcosa di colorato, utile e fantasioso.
    * Immergermi nelle ultime pagine del libro che sto leggendo (Ragione e Sentimento, della Austen) e pregustare quello che vorrei iniziare (Mansfield Park, se lo trovo in biblioteca). Assaporarne lo stile elegante e immaginare di perdermi tra i paesaggi inglesi e mescolarmi tra i vari personaggi come lei li descrive.
    * Guardare negli occhi mio marito e scoprire che per quanto in questi dieci anni e passa sia ingrassato, gli si siano imbiancati parte dei capelli, sia diventato più goffo di quello che era, gli occhi appunto sono rimasti quelli di sempre, appesantiti dai pensieri ma pronti a tornare brillanti a ogni possibilità di fare una risata.
    * Aprire il frigorifero e approfittare di due crepes ripiene di prosciutto e formaggio, avanzate il giorno prima, per fare la merenda di metà mattina, scaldandole nel microonde e facendole sparire alla velocità della luce prima che mi veda qualcuno, gatti compresi.
    * Congratularmi da sola per essere riuscita a trasformare un piccolo centrino all'uncinetto venuto maluccio in un discreto segnalibro.
    * Provare una nuova variante dell'ultimo minuto della ricetta con cui faccio i muffin: ieri ho sperimentato il cuore di cioccolato. Non male, a detta del Power. Io ho un po' lo stomaco sottosopra e non li ho ancora assaggiati. Forse per colpa delle crepes.
    * Passare un'ora e undici minuti a chiacchierare al telefono con un'amica, parlando di tutto e di più, e posare la cornetta al termine della conversazione con il cuore sazio, lo spirito rinfrancato e il coraggio rinnovato per affrontare la doccia di un bambino urlante (urla perchè la doccia è il tormento più grande e inutile che l'umanità ha imposto ai bambini sotto ai dieci anni, evidentemente).
    * Affondare la testa sul mio cuscino la sera sentendomi abbracciata dalle lenzuola, in un momento perfetto, una sensazione perfetta, una beatitudine perfetta, quando saluto i pensieri pesanti, e accarezzo i sogni più nascosti un secondo prima di addormentarmi. Dopo aver litigato con il port che detesta che io schiacci la spalla. Ma il compromesso lo trovo sempre.
    * Trattenere tra le mani la tazzina del caffè appena bevuto, ancora calda, in un paio di minuti di intenso piacere.
    * Eccetera, eccetera, eccetera.


Ecco, ero sicura che non avrei avuto niente da scrivere che non fosse spiacevole e pesante, ma mi sbagliavo. Qualcosa lo trovo sempre. E non necessariamente per accontentare solo chi passa di qua.

mercoledì 12 gennaio 2011

Esperienze da Tam... ma anche no


Mamigà sta facendo terapia ormonale. Che uno dice, che vuoi che sia, una pastiglina al giorno per cinque anni, che sono tanti, ma c'è di peggio, e ci mancherebbe altro.


Ma la pastiglina non è innocua.

A Mamigà, che ha trentotto anni, sta capitando quello che solitamente capita alle donne attorno ai cinquant'anni.
Mamigà ha degli sbalzi di umore incredibili, tipo passa da una voglia di distruggere tutto quello che le capita a tiro (ieri ci ho rimesso una pirofila di ceramica) a una ridarella incontenibile che l'altra sera le ha impedito di addormentarsi prima dell'una (e di conseguenza anche all'amato consorte), ma roba da star male veramente.
Mamigà girerebbe in maniche corte alle sette di sera in giardino, in certi momenti, e siamo a gennaio.
Mamigà un mese fa circa, dietro consiglio di una infermiera del reparto, si è dovuta recare nel reparto "depilazione" del super, perchè forse per inconscia solidarietà nei confronti del dottor Clooney, hanno iniziato a crescerle udite udite, i baffi. Ergo, ha sperimentato le striscioline di ceretta a freddo, con successo.
Mamigà è dovuta tornare nel suddetto reparto del super ieri mattina, per acquistare, stavolta dietro consiglio di qualche amica di un forum di cancro-al-seno-munite, una crema decolorante: ai baffi si sono uniti i basettoni stile "favoriti" di fine ottocento (o alla Elvis Presley), che ho paura a radere perchè avendo i peli neri e grossi temo che ricrescano ancora più robusti. Ieri ho sperimentato la crema e con soddisfazione ho risolto il fastidioso problemino estetico.


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Oggi Mamigà ha speso venti neuri dalla parrucchiera, dopo un anno che non vi metteva piede, per sistemarsi la zazzera che stava crescendo un po' come le pareva, e mai ha speso venti neuri più volentieri in vita sua.
E la soddisfazione di sentirsi dire dalla parrucchiera "non è mai stato così bello vederti seduta qui"... è stata grande.
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Ps. sono ancora un po' gonfierella, il cortisauss non perdona, ma mi piaccio un sacco sacchissimo.

sabato 8 gennaio 2011

Post fotografico (ogni tanto ci vuole per alleggerire l'aria...)


Natale è passato, capodanno lo abbiamo festeggiato, la Befana è arrivata e non ha portato solo dolci:





Cosa ci sarà dentro questa bellissima scatola rotonda (che per me poteva bastare anche da sola, vista la mia passione per le scatole decorate) portata da un befano d'eccezione? Una cosa che desideravo da tempo ma non ho avuto l'occasione per autoregalarmi.




                  



Le tazzine con le rose rosse! Che saranno anche pacchiane, ma hanno quella forma rotondeggiante e ciopposa simile a quelle del bar che mi piace tanto e mantiene il calore del caffè a lungo, e poi fanno il completo con le due tazzine simili che mi sono autoregalata due estati fa ma non ero riuscita a trovargli il piattino uguale (e ho ripiegato su due piattini bianchi). Io le trovo deliziose.


Comunque, oggi sto decisamente meglio, e ho potuto togliere gli addobbi natalizi dalla casa, con ritardo. Qualcuno ovviamente non era d'accordo, e si è aggrappato alla barca che stava per affondare

Sembra che dica
"nooooo! Non abbatterlo! Mi oppongo con tutta me stessa allo scempio! Ne ho ancora bisogno! Dovrai passare sui miei nove cadaveri!".
Ma la furia demolitrice di Mamigà non ha avuto pietà, e pian pianino, cinque minuti di lavoro intervallati da dieci di sosta per la schiena, pian pianino ho fatto il lavoro, aiutata da un elfo super efficiente che per l'occasione ha sfoggiato il berretto che sono riuscita a terminare in uno dei pomeriggi di immobilità (mi mancava il pon-pon).

                                                
E poi... a proposito di tazzine da caffè, mi sono scordata di postare un lavoretto che ho fatto durante queste feste.  E' un esperimento.
Che ci faccio con un pacchetto di caffè sottomarca di cui non mi piace nemmeno l'odore (e ce ne vuole)?
                                         
Ci si tinge l'etamine di cotone di cui la scatola dei tessuti ricamabili è ricolma in abbondanza, che da bianca

è diventata appunto un color caffè mooooooolto diluito, su cui ricamare... boh, ho trovato intanto uno schemino della Blue Ribbon Designs che potrebbe starci bene, solo mi manca la voglia di ricamare perchè ho un po' di problemini con la luce artificiale la sera. E poi nei momenti liberi mi sto divertendo con i ferri, sto prendendo passione. Ma per oggi le foto finiscono qui.



venerdì 7 gennaio 2011

Tac...


Altro giro, altro premio. Anzi, oggi si raddoppia. Ma anche triplica.


Oggi ho fatto la solita infusione, e stavolta mi è costato parecchio muovermi da casa perchè sono di nuovo bloccata con la schiena. Non ne posso più. Stanotte non ho dormito dal dolore. Mentre facevo la terapia mi sono saliti i lacrimoni dal male, me li sono lasciati scendere in silenzio, non sono riuscita a trattenerli... Uè, quando fa male fa male... Fortunatamente in vena mi danno anche un forte antidolorifico, non toglie tutto il male ma qualcosa aiuta.
L'unica persona che mi ha visto con gli occhi gonfi mi ha detto
"se a casa ti fai vedere così per forza poi tuo figlio ha problemi". FANCULO. E scusate il francesismo. Non sono così sciocca da non saperlo, e sono abbastanza allenata da potermi vantare di non essermi MAI fatta veder piangere da mio figlio per il mio male. MAI. Ci sono riuscita, e se fuori arrivo al punto da non riuscire a trattenere un lacrimotto (UNO) non significa necessariamente che io pianga in continuazione da mattina a sera.
Ho vinto tre iniezioni di cortisone. Ancora. Una l'ho già fatta un'ora fa, messa assieme allo scaldotto appiccicato alla schiena, al paracetasgnauss, alla pomata e alla flebo qualcosa farà...
Ma ho vinto anche un giro su Stargate e uno sotto alla singer. Stamattina ho anche ritirato gli esiti della TAC della scorsa settimana. Il cervello c'è, ghiandolame vario tuttapposto... ma sembra che un pezzetto di osso, proprio dove accuso dolore, si sia messo a dieta stretta. La dicitura esatta è "trabecolatura ossea assente" e poi dice dove e quanto (un pezzetto di sei millimetri). L'oncologa ha prescritto, secondo l'indicazione del radiologo, una Rmn e una scintigrafia ossea, da farsi entro due settimane. Non mi ha detto molto altro, perchè giustamente finchè non ha le altre indagini in mano non può sbilanciarsi. Non so se aver paura o no, per ora attendo lunedì per farmi un giretto in quel di Manzano a prenotare la Rmn (la singer, perchè lì hanno quella "aperta" che mi ricorda la mia macchina da cucire), e mando Papigà a Pordenone per la scintigrafia.

Nonostante questo, stamattina mi sono guardata allo specchio e ho potuto constatare che l'ustione da radioterapia sta guarendo alla velocità della luce. Ed è una gran bella cosa. Per il resto speriamo che ci sia una soluzione.

giovedì 6 gennaio 2011

Complepower!


"Quando i Re Magi si recarono da Gesù Bambino a portargli i doni, avevano con loro oro, incenso, mirra e un bel bambino. Ma il bambino lo lasciarono durante la strada, a una mamma e a un papà che lo desideravano tanto".




Questo è il racconto che ho fatto al Power la prima volta che mi ha chiesto perchè il giorno del suo compleanno arriva anche la Befana, e si mettono i re Magi davanti alla capanna del Presepe. Era piccolo, credo avesse tre anni o giù di lì.
Oggi non è che sia molto più grande, ma questa favola mi ha fatto sorridere nel momento in cui l'ho inventata e l'ho fatta anche un po' vera, un po' mia. Perchè in fondo un figlio è un dono, da ovunque arrivi.

                                        


Buon compleanno Power!



 


A te che ti perdi in un mare di pezzi di lego e sei felice, te la godi ridendo mentre leggi i racconti di Scooby Doo sul tuo giornalino, a te che quando ti chiedo cosa sia la cosa più bella al mondo mi rispondi "le coccole della mamma e del papà". A te che sei geloso quando papà mi bacia, che non hai ancora capito che se affondi le dita sulla testa di Amy non le fai un grattino ma un dispetto, a te che in quasi quattro mesi di scuola oltre che a mille pensieri mi hai fatto acquistare un bancale di colla stick, contribuendo a far girare l'economia. Auguri Power, auguri al bambino che impiega due ore per fare tre disegnini solo perchè li ha ordinati la maestra anzichè la sua fantasia e ha fatto esasperare prima papà e poi mamma, al bambino che soffre dietro alle sue sparate intelligenti e ironiche, auguri a quella massa di capelli ritti come spilli sopra a due occhi dolcissimi.
Buon settimo compleanno figlio mio. Sette anni sono bellissimi, e vorrei tanto che fossero più sereni di quello che in realtà sono. Sette anni sono tenerissimi, soprattutto i tuoi.

Ps. Ho sperimentato la ricetta della copertura in pasta di zucchero sulla torta, per essere la prima volta non è mica male... Le decorazioni azzurre sembrano scritte a pennarello ma era (ERA, perchè è già spazzolata durante la microfesta di ieri e il resto stamane a colazione...) glassa di zucchero. E i ciuffi di panna rovinati sulla sinistra... ehm.... mea culpa, ci ho affondato le dita per sbaglio nello spostarla (non che ci pianga sopra neh, io per la panna...).
Una fetta?

                                   

martedì 4 gennaio 2011

Ricordando


Alle ventitrè e trenta di stasera, sette anni fa, mi si rompevano le acque ed entravo in travaglio. Si si, oggi è il quattro gennaio, il Power ha impiegato ben 36 ore per decidersi a levare le tende. Il bello è che quando lo racconto c'è ancora chi non mi crede e lì per lì mi da della esagerata. Mgno mgno, trentasei ore, fin dall'inizio non ne voleva sapere di stare alle regole e alle convenzioni e questa ne è la prova. E' il Power.


Festeggeremo domani pomeriggio con la famiglia, perchè il 6 papà è di turno dopo pranzo. Gli anni scorsi facevo la torta a sua richiesta, quest'anno mi sono imposta di scegliere io perchè la torta al doppio cioccolato coperta di glassa di zucchero riusciva a mangiarla solo lui da stucchevole che era. E quindi, semplice pan di spagna con farcitura alla crema e copertura di pasta di zucchero. E una torta al limone come alternativa. Esagero?
Ma non lasciategli gli auguri qui che a tempo debito posto a parte...

lunedì 3 gennaio 2011

Ahia


Ogni tanto succede, ultimamente ero stata bene per intere settimane ma stamattina l'ho sentita arrivare appena sveglia: mi alzo a sedere sul letto e paf! bloccata la schiena. Cerco di alzarmi dal letto e paf! si bloccano le ginocchia. Qualche attimo di dolore da togliere il fiato e poi... rigida. Io non mi spavento più da tanto tempo di queste cose, anche se ammetto che sul momento un "mavaff..." mi è uscito dallo stomaco. Ho fatto mentalmente due conti in termini di tempi della giornata: avevo in programma di fare un po' di pulizie, e visto che eravamo soli io e mio figlio saremmo andati a fare spesa grande in vista della microfesta di compleanno (sua). Nel pomeriggio mi aspettava la scalata al Montestiro, e una scappata in biblioteca a restituire due libri presi in prestito un mese fa esatto.


E invece no. La spesa grande è rimandata a domani e stamane solo il latte nel microsuper dietro casa, il Montestiro verrà diviso in tante collinette da affrontare da domani in avanti una al giorno, in biblioteca ci ho mandato mio marito,  e le pulizie... il minimo indispensabile per la sopravvivenza senza passarci potenziali malattie infettive, vale a dire pulizia dei sanitari e passata di aspirapolvere. E poi divano, paracetamolo a dosi massime consentite (visto che per ora non posso prendere altro, il cortisone me lo fanno già in flebo con l'anticorpo ogni tre settimane e il Voltfast mi fa venire il mal di stomaco), scaldotto sulla schiena, un calmante e l'avvertimento al Power: "oggi la mamma ha mal di schiena, per piacere, collabora, sii bravo". E lui è stato bravo davvero. Finchè è tornato a casa il papà, poi vabbè, ha pur sempre quasi sette anni...
Mia cognata mi ha chiesto al telefono
"come fai ad accettarlo, io al posto tuo non credo che lo accetterei con la vita che sono abituata a fare".
Eh, non è che ci si possa fare molto di diverso. Sono malata reumatica da luglio 2009, lo rimarrò per tutta la vita probabilmente, ho dovuto farmene una ragione. L'alternativa è... che non ci sono alternative: ti spaventi, cerchi una cura, ci piangi, ti arrabbi, ti informi, provi a fare la tua vita normalmente cercando di ignorare il dolore finchè puoi, ma arrivi al punto che lui ti impone la sua presenza e ti costringe ad adeguarti a lui. E ti adegui, o stai sempre peggio. Lui ha i suoi tempi e o li rispetti o li rispetti, e devi farli diventare i tuoi tempi. Lui non passa, ti accompagna, ora lieve ora più imponente, e quando è lieve non ci fai nemmeno quasi più caso perchè adatti i movimenti, gli sforzi, dosi le energie. Quando alza la voce... ti fermi. Impari a chiedere aiuto senza vergognarti. Impari a sforzarti solo per le cose indispensabili, e ti rendi conto che sono veramente poche, impari che se sul mobile rimane mezzo dito di polvere non muori, come non muori se il letto rimane sfatto, e con un bambino di sette anni si può passare il tempo anche stando sdraiati leggendo insieme o facendo altre cose.
Oggi mi sono venute in mente queste cose. Mia cognata mi ha dato lo spunto per rifletterci su, e tutto sommato mi sono accorta che non ci faccio una tragedia da boh, un anno buono forse. Certo, mi secca buttar via una giornata così, ma se non la butto via oggi mi ritrovo domani a star male il doppio, e grazie no. Mi fa male dover affibbiare a mio marito incombenze che spettano a me quando arriva dal lavoro già stanco di suo, e lui da parte sua è un grande ad adattarsi a questa cosa, perchè non è da dimenticare che tutta la famiglia fa uno sforzo notevole ogni volta che mi prendono questi attacchi. Ma lo fa ogni giorno non chiedendomi più di quello che posso dare, e dio solo sa quanto mi pesa non poter dare di più. 
E poi ho una gran fortuna: la malattia non mi ha preso le mani, o meglio, solo un dito della mano destra, le altre no. Così posso usare il tempo "perso" leggendo, ma anche ricamando, scrivendo, usando il pc, uncinettando... facendo di necessità virtù, come si suol dire.  Anche se sono giovane. Anche se non vorrei trovarmi in questa situazione.
Anche se l'unico modo di ricacciare i lacrimoni quando mi salgono, perchè raramente ma salgono, è pensare che domani andrà sicuramente meglio.

domenica 2 gennaio 2011

Natale...


Non posso dimenticare di dire qualcosa sul mio Natale. Inizio col dire che è stato un Natale nella più rigorosa delle tradizioni: un Natale in famiglia, come sempre. Quest'anno abbiamo consumato a casa mia un pranzo come sempre preparato a più mani, per dividerci i tempi e le incombenze in cucina e anche la soddisfazione. Da quando la mia famiglia si è radunata in paese per intero a vivere è sempre così durante le feste comandate, si pranza con loro e nel pomeriggio si passa a fare gli auguri alla famiglia di mio marito: quest'anno ci hanno raggiunti i suoceri, i miei cognati e mia nipote invece, per non far spostare la mamma. Ed è stata festa ugualmente, forse non siamo stati comodi come spazi rispetto alla casa dei genitori del papi, ma la sostanza non è cambiata di un grammo, anzi!  Il calore, quello che conta, c'è stato come sempre. Fortunatamente.

E' stato un pranzo di Natale, cose insolite su una tavola che come ogni anno preparo con una cura certosina, e non solo facendo uscire dagli armadi e dai cassetti stoviglie e biancheria fine, ma anche cantando. Come gli anni scorsi ho decorato il tavolo e messo su un po' di musica, il Power ha acceso le luci dell'albero e il papi ha aiutato a mettere un po' di ordine.



Non ricordo tutto quello che è stato detto, ma ricordo sorrisi, abbracci, complimenti alle cuoche, ricordo il telefono che ogni tanto squillava o chiamava per un sms, la stufa accesa e la fontana del Presepe che gorgogliava finalmente riparata (erano due anni che non riuscivo a farla funzionare).



Ricordo le visite di due coppie di amici,  scambi di auguri, scambi di pensieri per lo più utili (e buoni!) che sono solo il seguito di tanti pensieri che sono arrivati pian piano via poste dalle amiche lontane, e il rumore dei giochi di mio figlio misti alle sue risa. Eh già, il Power è un bambino fortunato, Babbo Natale gli ha portato quello che desiderava (il lego e lo skateboard) e come per tanti altri bambini molto di più, per lo più libri (bellissimi tra l'altro). Si è divertito, è stato coccolato, ha riso e cantato, ha letto la sua poesia natalizia preparata a scuola e consegnato con orgoglio la decorazione che ha fatto col DAS e smilanta brillantini (e ci si deve proprio essere impegnato, perchè normalmente non ha un buon rapporto col DAS...).
Insomma, è stato Natale, un bel Natale. Un Natale dove ognuno ha portato quello che aveva e non in termini di doni, ma di voglia di stare insieme. Ed è una gran bella cosa.

Ah, babbo Natale è stato generoso anche con me, mi ha portato tante belle cose la maggior parte delle quali da persone da cui non mi aspettavo un pensiero: i portalavoro che avevo desiderato, due bei libri gattosi che desideravo da tempo ma non l'ho mai detto (grazie Mia, e grazie Cristina!), un portablocchetti ricamato da Roberta che deve avermi letto nel pensiero perchè da tempo avevo in mente di farmene uno da tenere in borsetta, una sciarpa foffosissima da una zia e tre pashmine deliziose da mia madre, due decorazioni da Sonia fatte da lei, e poi... e poi... E niente, avevo promesso di mostrare qualcosa ed ecco: non ho fotografato tutto perchè non ho un buon rapporto con la digitale e si sa, anzi mi dispiace di non rendere giustizia ai particolari di alcune cose perchè meritano, ma si fa quel che si può.



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