mercoledì 7 maggio 2014

La prima Comunione

Postilla aggiunta post-posting: è un post piuttosto lungo. Ma se decidete di leggerlo, leggetelo fino in fondo.

E' stata un'avventura, durata per l'esattezza due settimane.
Cioè, ho iniziato a pensare a questo giorno un anno fa, quando il Power ha fatto la prima Confessione (lo so che è tanto tempo, ma cuore di mamma, che volete farci...), ho iniziato ad uncinettare le bomboniere due mesi e mezzo fa dopo aver valutato decine di idee ed eseguito diversi campioni delle fogge e con le tecniche più disparate, abbiamo prenotato l'abbuffet per asporto un mese fa, ma le ultime due settimane sono state incredibili.
Pasquetta: il Gatto Alfa, come ogni anno, lavora. Ma quest'anno gli tocca un servizio particolare, più lungo degli altri, e fuori sede: Venezia. Di tanto in tanto capita, ed è capitato a Pasquetta. Durante lo svolgimento del suo lavoro si fa male, ma male-male: in un inseguimento a piedi prende male un piastrone e vola giù da un ponte dritto dritto sulla fondamenta, the flying black man, cadendo di gomiti con l'istinto di ripararsi la faccia, buttandosi fuori la spalla destra. Dopo aver trascorso quattro ore al prontosoccorso con annessi e (non oso immaginare quanto dolorosi) connessi me lo rimandano a casa riaggiustato dove arriva alle otto e mezzo di sera, ovviamente accompagnato dai colleghi, senza camicia (hanno dovuto tagliargliela per fargli quello che dovevano fargli cioè visitarlo, imbottirlo di antidolorifici e di calmanti e fargli una manovra - da quello che ho capito - che ha qualcosa di simile a quando noi si giocava col Geeg Robot d'Acciaio magnetico, presente? Il braccio che si staccava e riattaccava), con addosso solo corpetto e giacca di ordinanza quasi completamente sdrucita, braccio al collo. Tipo che quando me lo vedo scendere dalla sua auto guidata da un altro, e l'auto dei colleghi dietro (per riportare indietro chi lo ha accompagnato assieme alla sua auto) per poco non mi prende una sincope. Si, perchè (e a posteriori dico per fortuna) nessuno mi ha avvisato dell'accaduto prima del suo rientro, per non farmi stare in pensiero, che tanto è solo una spalla lussata, ma sapete com'è, sapere e non vedere manda in palla chiunque, e il tempo che ha trascorso in ospedale è poco più del tempo che mi ci sarebbe voluto per raggiungerlo.
Comunque è andata, braccio immobile per due settimane, riposo assoluto per almeno un mese, e poi fisioterapia.
Già, due settimane. Due settimane in cui il Gatto Alfa non ha potuto fare praticamente nulla che implicasse l'uso della mano destra. Neanche tagliarsi una bistecca, allacciarsi le scarpe o farsi la barba. Figuriamoci rabaltare casa e giardino per ricevere la famiglia per la prima Comunione. Una persona che conosce entrambi piuttosto bene, poco tempo fa ci disse che io e lui siamo come i due piatti della stessa bilancia: quando uno scende l'altro sale. Ed è una vera botta di chiurlo, perchè a parte un momento di crisi durato quattro o cinque giorni per un banale ma fastidioso raffreddore e il risveglio dei dolori reumatici dovuti all'innalzarsi della temperatura, per il resto sono riuscita nonostante tutto a  giravoltarmi in qualche maniera tra i preparativi e la gestione del quotidiano in toto, imparando perfino a fargli la barba. Non so come, ma ce l'ho fatta. Cioè si, lo so, imbottendomi di yogurt e miele e muesli ipercalorico ed iperenergetico al mattino e nonostante tutto non prendendo nemmeno un etto di peso.

Comunque.
E' stato il meno.
La cosa che più ci ha fatto seriamente ipotizzare che non se ne sarebbe fatto assolutamente nulla è stata un'altra.

Pochi sanno che il Power è ansioso. O meglio, quasi nessuno sa QUANTO sia ansioso. Come sua madre, veh, si dice che i frutti non cadano lontano dall'albero, ed ho smesso perfino di sentirmi in colpa dato che non posso farci assolutamente nulla, e più parlo con la gente più scopro che essere ansiosi è una cosa talmente comune che è più difficile incontrare persone che non lo siano. La cosa che più mi addolora è che io ho imparato a convivere con la mia ansia, ad accettarla, a trovare i mezzi (molto concreti) per scenderci a compromessi. Mio figlio no. A dieci anni non ancora. Ed è un cammino in divenire.
Insomma, due giovedì fa c'è la penultima prova per la Comunione: parcheggio in chiesa il Power all'ora del catechismo come al solito, e come al solito dopo meno di un'ora vado a riprendermelo.
Scena: entro in chiesa, tutti i bambini sono sull'altare a semicerchio, non vedo il mio bambino. Penso "sarà dietro, è alto, la suora mi aveva detto che li mettevano in ordine di altezza, lui chiaramente finisce dietro a tutti". Mi siedo su uno degli ultimi banchi e attendo che finiscano.
Passa qualche minuto, e dritto dritto davanti a me, da sotto ad un banco, vedo alzarsi la testina di un bambino che, durante la prova, si è rifiutato di farla ed è rimasto sdraiato lì a piagnucolare.
Cappero, il Power.
Mi alzo, vado a prendermelo, lui piange, lo porto fuori (anche un po' arrabbiata, lo confesso, perchè la stessa scena me l'ha fatta una settimana prima per un'altra situazione) e saliti in macchina capisco che... ha avuto un attacco di panico. Non "per modo di dire". Chi soffre di attacchi di panico sa cosa sono, e io che ne soffro da tanti anni lo so distinguere bene. Non sono capricci. E' crisi nera.
Per farla breve lo porto a casa, lo lascio sfogare, finito il pianto parliamo. E gli faccio una proposta: può scegliere. Non è obbligato a fare nulla che lui non voglia, se non se la sente di fare la prima Comunione può farne a meno, può anche farlo da grande che non cambia nulla; però ce lo deve dire, perchè ha un'età in cui le decisioni che prende non riguardano più lui e lui soltanto, ma coinvolgono concretamente altre persone e mettono in moto meccanismi ben precisi, soprattutto in questa occasione. Gli do una giornata per pensarci seriamente, e lui fa di più.
La sera dopo chiede di parlarci con un foglio in mano. Ha diviso il foglio in due parti: da una parte ha scritto le motivazioni per il SI, dall'altra quelle per il NO. Poi ha contato le une e le altre, ha constatato che i SI erano più numerosi dei NO e ha deciso: ok, la faccio. E allora io ho preso tutti i suoi NO (perchè conosco il mio pollo, e so che su quei NO lui ci avrebbe rimuginato COMUNQUE per tutta la settimana a venire) e gli ho assicurato che anche per quei NO ci sarebbe stata eventualmente la soluzione: se ti scappa la pipì in sacrestia c'è il bagno, se ti sale l'ansia ci facciamo un gesto di intesa tipo l'occhiolino dall'altare al banco perchè io ti vedrò durante tutta la cerimonia (tanto sapevo che la suora ci avrebbe assegnato il primo banco come genitori, dato che ha sistemato i posti in modo che tutti potessero vedere il proprio bambino - e quindi i bambini sistemati dietro avrebbero avuto mamma e papà in prima fila), e se proprio non te la senti all'ultimo momento ti accompagno e faccio la comunione assieme a te, d'accordo col parroco. 
E con queste premesse la prova del venerdì successivo con relativa ultima confessione è andata a meraviglia.
Il giorno dopo, sabato, mentre il Power era intento a ripulire e riordinare la sua stanza per fare bella figura con le tre bimbette che sarebbero state nostre ospiti, ho finito di rabaltare casa, concedendomi nel pomeriggio un paio d'ore per smaltaccarmi le unghie delle mani e decomprimermi quel tanto che basta.

E domenica è andata così.
Al mattino ci siamo alzati presto e abbiamo finito di sistemare casa subto dopo colazione, montato il secondo gazebo (in prestito) e sistemato le tovaglie fuori, ancorate con mollette sotto agli angoli dei tavoli e bottiglie d'acqua sopra perchè non volassero via col venticello che tirava. Abbiamo tirato fuori sedie e panche, nascosto gli zoccoli che usiamo in giardino di solito, e ho posizionato le calle finte sugli angoli del gazebo fisso.

Ho tirato fuori le bomboniere che ho preparato e confezionato con cura e le ho disposte su un cesto in vimini con un grande centro bianco all'uncinetto sul fondo (non ho la foto del lavoro finito... pazienza),



i bicchieri "buoni" sugli steli dei quali ho nei giorni scorsi arrotolato delle callette finte con scritti i nomi di ciascun ospite, i tovaglioli coi tulipani, abbiamo riempito il pozzo con acqua della falda per tenere fresche le bibite.
Poi ci siamo vestiti di tutto punto (ho messo un semplicissimo completo pantaloni/giacca blu e una camicia rosa che adoro in cui non entravo da almeno tre anni!), mi sono fatta di nascosto una bella tisana di melissa per calmare la tensione e l'acidità di stomaco conseguente, il Gatto Alfa ha tolto finalmente il foulard che gli teneva il braccio al collo, ho infilato la tunica al Power
e alle dieci e trenta l'ho lasciato entusiasta in canonica.
E' andato tutto alla perfezione. Il Power compunto e fiero di fare la sua parte è stato impeccabile dall'inizio alla fine. L'ho tenuto d'occhio ogni minuto, ogni secondo, col cuore gonfio di orgoglio e di emozione. Davvero non immaginavo che sarebbe stata una gioia così intensa per me, nonostante non fossi io al suo posto: è difficile trovare le parole giuste per descriverla. L'ho visto sconfiggere la sua paura, godersi la giornata, e per me è come se avessi ricevuto un regalo che non mi aspettavo. E non voglio sapere se ha vissuto più o meno intensamente il senso vero del Sacramento che ha ricevuto, non voglio entrare nella sfera del suo sentire più intimo, perchè lui stesso inizia ad avere i suoi primi segreti e non ho il diritto di cercare di violarli. Anche perchè poi il sentire si riflette sui fatti, e da lì eventualmente capirò. Se e quando vorrà parlarmene, lo farà. Come sempre.
Durante le ore successive ho fatto di tutto per cercare di non far mancare nulla agli ospiti e non ho sentito minimamente la stanchezza, forse per la prima volta non mi hanno nemmeno toccato le frecciate poco carine di mia suocera o il muso di mio suocero, che era scontento per non essere seduto davanti al suo piatto di pasta al ristorante: io vedevo solo mio figlio e basta. Mi è bastato vederlo felice di avere con sè la famiglia che adora, correre in giardino tra gli ospiti (la famiglia stretta, appunto, più una mia cugina con marito e bimba e una famiglia di amici intimi, in tutto meno di venti persone compresi i bambini), leccarsi le dita sporche della panna della torta, distribuire i confetti profumatissimi e, la sera, crollare sfatto con una unica preoccupazione:
-Mamma, sono triste, ho paura di ricordarmi questa giornata domani, poi dopodomani un po' meno, alla fine della settimana quasi per niente, e alla fine la dimenticherò".
-Non credo proprio, amore. Queste cose non si dimenticano. E se proprio avessi voglia di rinfrescarti la memoria ci sono le foto, i biglietti che hai ricevuto e che ho già messo da parte perchè non vadano persi, la pergamena che ti hanno dato in chiesa, i tuoi bei regali, e il racconto della tua mamma. Almeno finchè non la prende l'Alzheimer."