Capita...
Ottima scusa per starmene a letto gattomunita per almeno un paio di giorni.
Capita...
Ottima scusa per starmene a letto gattomunita per almeno un paio di giorni.
Pensavo che il lettone fosse un must perchè è grande, comodo e morbidissimo. Pensavo fosse gettonato perchè al mattino è più caldo di qualsiasi altro posto. Pensavo che il Power ci si rifugiasse ogni volta che si sveglia prima delle sette (accade pochissime volte ma accade, domenica a parte) per avere le coccole, e quando la mamma si è già alzata per avere tanto spazio tutto per sè. Perchè se la mamma si alza presto per accendere la stufa sistematicamente quando risale lo trova già al suo posto e già riaddormentato, con una espressione beata in viso.
Ma invece no.
Leggere stamattina il referto della scintigrafia ossea della mamma e trovarci scritto a chiare lettere che oltre alla scoliosi che ha da sempre non c'è nient'altro, non ha decisamente prezzo.
Sarà un Natale un po' complicato ma decisamente pieno di speranza.
Ieri finalmente ho avuto news per quanto riguarda la mia radioterapia: non se ne parla prima di altre tre settimane. Pensavo prima sinceramente, ma pazienza, mio marito rinvia la licenza speciale che aveva chiesto e aspettiamo. Spero solo che mi accontentino almeno sull'orario, ho chiesto il primo pomeriggio per evitare il più possibile il traffico (non ho mai guidato in Udine da sola, mi mette ansia), e spero soprattutto che il tempo sia clemente risparmiandoci dalle nevicate. Perchè facendo un po' di conti vado a terminare a fine anno. Vorrà dire che approfitterò dei giorni che ho davanti per preparare quello che di solito preparo a ridosso delle feste natalizie: qualche acquisto, l'appello dei maglioni nei cassetti, la sistemazione del giardino per l'inverno e, se ci riesco, qualche visita alle amiche.
Nel mentre convivo da dieci giorni con un mal di stomaco insistente. Non so se sia stata l'infusione, la tensione nervosa, il cambio di stagione e di temperatura... Si possono dare la colpa a diecimila cose, di fatto faccio fatica a mangiare. Non mi va di andarmi a far vedere per un mal di stomaco, mi sembra una cosa talmente banale, e comunque posso provare prima a farlo passare con quello che ho in casa. Forse è la volta buona che perdo qualche chilo, e non mi fa male di sicuro. Cerco di non pensarci.
Venerdì scorso ho accompagnato la mamma a fare la prima chemio, ma non mi va di parlarne qui. E' stata una giornata talmente carica di tensioni su più fronti, e per più ragioni che si sono accavallate lungo tutte le ventiquattr'ore, che non mi va di rivangare. Non pubblicamente almeno. Basti sapere che sta abbastanza bene, come è successo a me con la prima, se l'è cavata con poco: rossore in volto il giorno dopo, stanchezza e un po' di spossatezza. Ma in queste situazioni è difficile separare quello che c'è di concreto e quello che dipende dalla carica emotiva. Come in tutte le cose importanti che ci capitano, in fondo.
NON HO MAI MANGIATO UN POLLO COSI' BUONO.
Ovviamente la sera successiva non ha fatto l'ombra di una storia.
Ieri pomeriggio Papigà è stato alla riunione a scuola, e puntualmente mi ha fatto il resoconto.
-"Le maestre si sono lamentate che i bambini (non il Power soltanto, si badi bene! Perchè poi vien fuori che non è solo mio figlio, e dunque?) giocano un po' troppo con le mani, dicono che è tutta colpa dei cartoni animati che gli facciamo vedere".
Commento della nonna Lela: "E na volta che no ghe gera ea teevision? Co gero fia mi i se pestava eo stesso..."
Non commento nemmeno.
-Signora, con tutti i problemi che ha, oggi suo figlio ha anche messo le mani addosso a una bambina. Siamo arrivati un po' troppo in là! Qui ci sono dei problemi seri, non va mica bene eh...
Questo mi diceva la maestra, sempre la stessa (ma capita sempre a lei? Cos'è, una overdose di extra-sphyga ogni mattina a colazione?), circa più o meno una settimana fa, con aria grave e come al solito con un tono che ti fa sentire piiiiiiiiccola piccola e al posto sbagliato, e io ci ho filato sopra per un tre o quattro giorni buoni chiedendomi:
Mi sono arrovellata su questa cosa per qualche giorno, perchè insomma, è stato un colpo all'orgoglio non indifferente. Il Power in quasi quattro anni di asilo non era mai ricorso alle mani per risolvere una questione, MAI, era abituato a cambiare strada quando vedeva due compagni che si azzuffavano, o a rivolgersi alla maestra quando il problema che aveva da risolvere non si risolveva in altra maniera. E comunque con tutti i guai che ci ritroviamo già di nostro, questo non fa che appesantire il carico.
Fatto sta che sabato ho appunto incontrato la mamma di G., la piccola vittima, a cui mi sono avvicinata subito per scusarmi e blablabla. Che mi ha risposto?
-Ah ma fa niente guarda, mia figlia la conosci, è un maschiaccio, è abituata a prenderle dai maschi, perchè provoca. Lei ci gioca assieme, fa i dispetti, loro reagiscono, e avanti così. Non ci faccio nemmeno più caso. Giusto ieri ha menato altri due bambini perchè la prendevano in giro, mi ha detto "eh, dicevano che ho le gambe corte"...
Ah.
Vabbè.
Questo non giustifica il comportamento di mio figlio, ci mancherebbe, nè alleggerisce il carico. Non si fa, punto e basta.
Però stamattina all'entrata della scuola, dopo averlo salutato, mi sono allontanata ad osservarlo. Lui come ha trovato i suoi amici si sono salutati con pacche sulla schiena, tirate di zaino e via di seguito, ridendo come matti tutti assieme. E ho pensato due cose.
Primo: mio figlio si è ambientato finalmente a scuola.
Secondo: evidentemente è un atteggiamento proprio dei maschietti essere così "fisici" nel rapportarsi tra loro, nel male ma anche nel bene. Per me è una novità, nel senso che non avendo altri figli non ho termini di paragone, io da bambina non avevo questo modo di relazionarmi con le mie compagne, e infine il Power non ha mai dimostrato così tanta confidenza con i suoi compagni prima d'ora. Per questo quando le maestre me lo hanno messo giù come un grave problema (vabbè) mi sono spaventata parecchio, manco parlassero di un alieno. Ma io non lo vedo così grave, o perlomeno, non lo vedo più così strano.
Sono giunta alla conclusione che per i maschietti è una cosa naturale usare il corpo per comunicare tra di loro, ma in maniera molto esplicita. E in fin dei conti, se ci pensiamo bene, sarà sbagliato, ma tra di loro dopo la scazzottata i problemi sono risolti, tornano a giocare a pallone o a tirare castagne secche alle bambine nel cortile.
Ma vi ricordate tra bambine che macello? Ricatti con le figurine doppie, prese in giro per gli occhiali o i denti storti, mine ai sensi di colpa, dispetti vari fatti sotto al banco, vari periodi di "con te non ci parlo più", ruberie di fidanzatini o pseudo tali, sparlarci alle spalle facendoci i sorrisini davanti... Tra bambine (quelle che non erano maschiacci ovviamente) era una cosa abominevole, si minava all'intimo, si tirava alla lunga, non ci si parlava per settimane, ogni cosa diventava epica, storica, si facevano le soap opera in miniatura con gli scambi di amiche per la pelle, che se potevano scorticarsela tra loro quella pelle lo facevano anche nel sonno!
Tra maschi no, i maschi si pestano: un occhio nero, uno strappo alla sciarpa e un livido sul sedere e via, si corre! Finisce lì, amici come prima. Certo, entro certi limiti, non va avallato questo modo di stare assieme, non è il caso di farsi male più del necessario, ma suvvia...
E allora si, maestra, prendo nota, mio figlio ha iniziato a usare le mani per mettere a posto le questioni spinose, prendo nota e gli do una bella lavata di testa, affronteremo l'argomento con calma e cercheremo di rimediare, ma non facciamone un dramma, per carità. Credo che sia solo un sintomo molto eclatante che mio figlio è un bambino normale, in fondo. No?
O almeno mi sembra che si chiamino "salpin" ormai, mica più "decori natalizi" come vuole la lingua italiana e la semplicità di linguaggio.... Vabbè, ne ho fatto uno. Chi ricama sa che non è troppo presto per iniziare a ricamare per Natale, io oltre a ricamare stavolta ci ho dato dentro con nastri e cordoncini, e colla a caldo.
Di solito questi lavori li pubblico nell'altro blog, quello dedicato esclusivamente alla creatività, ma questo lavoretto ha qualcosa in più: la destinazione, come aveva una destinazione particolare il nastro rosa ricamato che ho mostrato qui poco tempo fa (e a destinazione ci è arrivato, sperando che sia piaciuto: non è granchè visto da occhi che non ne conoscono il significato, ma per chi lo comprende sa che ci ho messo il cuore, come se ogni punto corrispondesse a una goccia di vita).
Beh anche questo lavoretto parla di gocce, ma di altro genere.
Ha una storia particolare, ma molto semplice. Circa un anno fa ho accompagnato mio marito a fare la sua solita periodica donazione di sangue, non nell'ospedale dove vado io a farmi curare, in uno un po' più lontano. a Pordenone. Lui dona sangue dalla maggiore età, dalla sua maggiore età anche mio suocero lo fa, entrambi sono stati impegnatissimi nella sezione AFDS di zona per anni e anni, finchè hanno potuto, perciò la cosa in casa nostra è particolarmente sentita.
Dicevo, il giorno in cui l'ho accompagnato, mentre lo aspettavo in sala d'attesa al centro trasfusionale mi sono letteralmente incollata alla parete dietro al bancone della segreteria: non ho mai visto una parete del genere. Sul muro completamente bianco stava appesa una intera collezione di piccoli alberelli di Natale di ogni genere e materiale: di legno, stoffa, perline, biedermeier, carta, cartoncino, spezie, rame, argento, ramoscelli secchi, erano decine e decine, uno spettacolo incredibile! Staccare gli occhi da lì era difficilissimo, non ho mai visto una meraviglia simile.
Papigà si è accorto di quanto fossi entusiasta (era impossibile non accorgersene, credo durante i quaranta chilometri di strada per tornare a casa di non aver parlato praticamente di altro, con sua somma noia), e mi ha chiesto se volessi dare il mio contributo. "Sono tutti regali dei donatori, raccolti col tempo", mi ha detto. Ce n'era anche uno fatto da mio suocero, in rame. E in effetti mancava un aberello dei miei...
E' una piccolezza, ma a pensarci sorrido ancora. E intanto a novembre arriverà anche questo alberello, che non si nota molto ma è ricamato su etamine di cotone 16ct, a due fili di moulinè sfumati. Rosso come il sangue. Piccoli punti come piccole gocce.
Gocce di vita come le gocce, anche se trasparenti, che stanno salvando la mia.
Ps. non vorrei dire, ma ultimamente chissà come mai la metafora dell'acqua è così insistente nella mia testa. Non è che a qualcuno fischiano le orecchie?
Allora, SICCOME ho bisogno di cose belle, e SICCOME ho deciso che d'ora in avanti parlerò solo di cose belle, SCRIVERO' più positivamente e PENSERO' più positivamente (o almeno ci proverò), ecco una cosa bella che è arrivata in casa mia da una decina di giorni e della quale non ho ancora avuto modo di raccontare, ma in casa mia ha portato una innovazione drastica: è arrivata la stufa a legna!
Che è una stufa normalissima, di quelle che in giro ormai se ne vedono ovunque o quasi, e dovrebbe (in teoria) consentirci di risparmiare sul riscaldamento. In questi giorni la teniamo accesa un paio d'ore la sera e un'oretta al mattino, la noia di dover badare al fuoco è compensata dal bel caldo asciutto che emana, dal profumo della legna (che adoro), e dall'atmosfera che crea. Unico inconveniente: sporca.
Per mio marito è come tornare bambino: in casa sua la stufa a legna c'è sempre stata, è entusiasta come un bambino, la coccola come fosse un cimelio anzichè usarla come un normale aggeggio di casa. E' bello vedere come ci tiene. Un po' meno simpatico sentirmi dare dell'imbranata perchè non riesco ad accenderla in trenta secondi come fa lui, ma io sono figlia dei termosifoni, mi ci vuole un po' di pratica. Ma me la godo anch'io, soprattutto la sera, quando il Power se n'è andato a dormire, io mi piazzo lì davanti in pigiama, sulla mia poltroncina pieghevole ascoltando musica, chattando con qualche amica e leggendo un bel libro con un gatto sulle gambe o ricamando anzichè guardare la tele (di cui sinceramente mi sono stufata da settimane). E' una bella cosa. Mi sento un po' come fossi una vecchietta a dire il vero, ma chi se ne importa, a me fa piacere e questo è quanto. Soprattutto quando sono sola in casa, mio marito è al lavoro e regna il silenzio.
Ah, e poi naturalmente c'è il collaudo. Niente entra in questa casa senza essere collaudato dai miei esperti strapagati. Hanno decretato che la stufa è un ottimo motivo per non uscire la sera, un incentivo a favorire i rapporti interpersonali sorvolando sulle questioni territoriali, allargando la possibilità di scelta di un comodo posafondoschiena anche all'accessorio hand-made fatto dal capogatto di casa (il cassone portalegna con ruote, capolavoro di alta falegnameria e di manovalanza con copertura Mamiga-firmata).
E ora, che l'inverno inizi pure.
Su questa cosa non è che abbia molto da dire: ho già scritto quello che c'è da scrivere negli ultimi quasi nove mesi, se me la sentirò (come credo) scriverò anche durante il resto del mio percorso, e chi passa di qui da poco o tanto tempo non ha bisogno di spiegazioni ulteriori. Ma voglio aderire anch'io alla campagna "nastro rosa" promossa dalla LILT, ho trovato l'iniziativa sul blog di MAMMAFELICE (che donna!), a cui sono arrivata attraverso il blog di Fiocco72 (ma quanti giri!). Ed ecco qui il mio bannerino
che è anche un link.
Come ho già accennato sopra, non ho niente di più da dire su questo tema che non sia già vissuto in queste pagine, ma ricordando una frase buttata lì da una conoscente che mi diceva di non volersi far controllare per paura di scoprire qualcosa di brutto, la riflessione che mi sgorga da dentro è questa:
fare diagnosi precoce è un gesto di amore verso noi stesse.
E' darsi la possibilità di sapere,
e sapere ci consente di scegliere se vivere o non vivere.
Anche quando farlo ci richiede di prendere il coraggio a quattro mani.
(Ma perchè sulla tabella dei colori di splinder questo qui sopra avrebbe dovuto assomigliare a un rosa mentre io lo vedo viola? Mbah...)
... una, anzi tre, ne ho ricevute in gentile omaggio dalla mamma di Max:
Oggi da qui (che è il giardino della mia vicina di casa) li ha trasferiti nella mia legnaia, dove evidentemente stanno più al calduccio.
Si, lo so, ci sono già tanti gatti nel vialetto, di miei ne ho già tre, e bla bla bla.
Ma avete presente il post precedente? Quello con la vignetta di Snoopy? Come pat-pat è decisamente fuori misura, ma come si fa...
No, non li tengo tutti e tre, a due ho già trovato casa. Per il terzo... si vedrà.
Nel frattempo me li godo io.
... è vero, il mio nome significa "Principessa".
Raramente dal tempo della mia infanzia mi sento chiamare così. Anzi, proprio mai.
Ma il sogno e l'emozione che suscita in me questa parola, questo significato, mi fa tremare le gambe ogni volta che lo sento pronunciare.
Lo fa anche solo il ricordarmelo.
Forse per questo amo tanto il mio nome.
Ed è una sensazione meravigliosa.
Che stupida che sono.
E' che a volte le cose più importanti da dire sono anche le più difficili. E allora, come si dice dalle mie parti, "vado in oca". Tradotto, mi blocco, ed esce tutt'altro.
Ma è normale, alla mia età, stare ancora a litigare con i sentimenti, di qualsiasi natura essi siano? Possibile che sia così difficile ancora collegare il cuore alla testa, e la testa alla bocca? Accidenti...
Cara maestra di matematica,
mi rivolgo a te perchè sei tu che mi consegni ogni giorno mio figlio all'uscita da scuola. Mi rivolgo a te perchè sei tu che ogni giorno hai da ridire sul suo comportamento, non a torto. Mi rivolgo a te perchè passi con mio figlio molte ore, inizi a conoscerlo, lo prendi per mano ogni giorno. E mi rivolgo a te anche perchè sai bene, perchè ne abbiamo parlato in privato, cosa stiamo passando in famiglia, e visto che non sei di primo pelo sicuramente di bambini con disagi in casa ne hai conosciuti altri.
Cara maestra, noi non ci conosciamo a fondo, ci vediamo quotidianamente solo da un mese, ma credo che un mese sia sufficiente per capire che non siamo il tipo di genitori che se ne lavano le mani di fronte ai problemi del loro figlio. Abbiamo ascoltato, abbiamo parlato, ammettiamo i nostri errori (ma chi non li fa?), stiamo facendo del nostro meglio per aiutare il Power a superare i suoi disagi.
Ma lo sai anche tu che non bastano due giorni per risolvere un problema come il suo. Lo sai anche tu che non basta un fine settimana per mettere a posto le cose, rasserenare la sua testolina, fargli superare il problema dell'enorme senso di colpa che prova nei miei confronti e nei confronti della nonna. Un bambino non è una macchinetta, e se vogliamo dirla proprio tutta il Power ha anche un carattere bello tosto, non si accontenta di spiegazioni, vuole vedere, capire, provare, montare e smontare, discutere, essere rassicurato mille e mille volte. Il Power non ha soggezione di nessuno, ha bisogno di pazienza, vuole essere capito. Non basta castigarlo una volta in più perchè smetta gli atteggiamenti negativi che ha adottato a scuola.
E allora, cara maestra, la smetta di rimproverare mio figlio ogni giorno all'uscita della scuola davanti a me, dopo che lo ha rimproverato già a scuola, e già a scuola messo in castigo. La smetta, perchè da oggi non la ascolterò più, mi limiterò a prendere mio figlio all'uscita, salutarla con un cordiale "buongiorno" e a portarlo a casa. Sono letteralmente esausta di sentire ogni giorno gli stessi rimproveri, le stesse frasi, gli stessi sfoghi di lei che, pur con ragione, ma sta buttando addosso a mio figlio la sua stizza nel ritrovarsi una classe che non è perfetta come avrebbe voluto lei. Perchè questa è la mia impressione.
Se mi ero ripromessa di astenermi dal prendere decisioni, oggi ho deciso di fare uno strappo e di prenderne una: non la ascolterò più. Perchè è vero, mio figlio ha un problema, ma non si risolve calcandolo ogni giorno sulla sua testolina all'uscita da scuola. Non si risolve buttandomi addosso ogni santo giorno tutto quello che ha combinato, per poi andarsene girandosi di scatto senza nemmeno darmi la possibilità di aprir bocca, neanche mi avesse restituito una verdura marcia acquistata per sbaglio al supermercato.
E poi, non mi chieda più di castigarlo anche a casa. Mi rifiuto. Se ci pensa bene, a casa soffre per quello che vede e quello che sa e immagina, a scuola vive un disagio per cui soffre, soffre perchè viene punito (e su questo non discuto), cos'è, devo punirlo anche a casa, così da rendergli le giornate un castigo da mattina a sera? Già a casa lo rimprovero a tono, gli ho tolto il computer finchè non si da una regolata (perchè liscia liscia non gliela faccio passare del tutto), vogliamo anche umiliarlo in continuazione? Vogliamo fargli intendere che la vita è solo pagare in continuazione e null'altro? E la gioia di essere bambino, dove va a finire? Dove ci mettiamo lo spazio per il gioco sereno, una risata a bocca spalancata, una corsa col monopattino, un abbraccio sincero, una chiacchierata senza il magone?
No, mi dispiace. Il Power già sta pagando per qualcosa che gli è arrivato sulla testa senza che se lo andasse a cercare, e sta pagando caro. Ha diritto anche ad altro.
Da oggi cambiamo musica, cara maestra. Ma la cambiamo sul serio. A casa, fuori casa, e pian piano anche a scuola. Ma non con il metodo che intende portare avanti lei.
Cordialmente, la mamma del Power
Ieri ho chiesto a mio marito di chiamarmi per nome.
Oh, non che non lo abbia mai fatto prima, ma da quando siamo diventati genitori io sono "mamma", non più "Sara", anche per lui. Ed è da un po' di tempo che ci rifletto: sono pochissime le volte in cui mi sento chiamare per nome, in casa e fuori casa. Per lo più sono "la signora X", dove X sta sia per il mio cognome sia per quello di mio marito, soprattutto a scuola. Per mia madre spesso e volentieri sono "cocca" (soprannome che odio come i ragni ma che non sono mai riuscita a toglierle dalla bocca), per tante mamme dei compagni di mio figlio sono "mamma del Power", per qualche amica sono "cara o carissima", e sul web sono Mamiga ovviamente, anche se tutto sommato quest'ultimo non mi dispiace più di tanto perchè lo sento come una mia seconda pelle.
Ma il mio nome a me piace, e molto. Mi piace per il suo significato, mi piace per il suo suono pieno, tutto intero, anche quando viene coccolato in "etta" o in "ina", che succede di rado da tanti anni ma succede.
Sembra una stupidaggine. Però da ieri mio marito mi chiama per nome (ed è anche bravo a sforzarsi) e il suo tono di voce ha un altro suono. Ha un suono più grave, diretto, sarà una sensazione ma mi da l'impressione che solo quando mi chiama per nome mi rivolga la parola per davvero. Lui soprattutto, ma non solo lui. Io adoro sentirmi chiamare per nome, mi ricorda chi sono e non cosa sono, ed è piacevole. Molto piacevole. Più piacevole dei saltuari "amore" o "tesoro". Mi piace sentirlo pronunciare per la strada, in una stanza, lungo un corridoio, per attirare la mia attenzione o semplicemente come intercalare tra una frase e l'altra. Amo vederlo scritto a penna all'inizio di una lettera in bella o brutta calligrafia, scritto da una cara amica, ma anche all'inizio di una bella email in cui qualcuno si racconta, che per quanto fredda ma se iniziata con il mio nome assume un tono tutt'altro che impersonale.
O forse il mio è solo un bisogno che nasconde qualcos'altro. Chi lo sa. Per me il mio nome è sempre stato il primo dono che mi hanno fatto i miei genitori, e mi ci rispecchio tutta, dalla testa ai piedi.
Oggi mi regalo questa.
Forse è il genere di coccole che mi è stato suggerito di regalarmi.
E se non lo è, lo faccio diventare tale.
A occhi chiusi, davanti alla stufa accesa, l'unica cosa che rompe il silenzio.
E tutto il nodo che ho dentro, anche se per pochi minuti, si scioglie.
C'è qualcosa che vorrei con tutta me stessa dire a una persona che stimo, ma non so se ne avrò mai il coraggio. A voler guardare troppo in alto si rischia di bruciarsi gli occhi, la tentazione rimane comunque forte, perchè è la tentazione di guardare l'infinito, e l'infinito affascina, ci si vorrebbe perdersi dentro. Con la possibilità di ritrovarsi delusi, si. Oppure al contrario di lasciarsi avvolgere da una sensazione estremamente piacevole. E ho la certezza che se non ci provo non lo saprò mai.
Sto solo cercando il coraggio di farlo. E il tempo per farlo. E il modo giusto per farlo.
E sto cercando di ricacciare contemporaneamente indietro la voglia di darmi della stupida anche solo per averlo immaginato.
Che post del cavolo.
E' che non mi è mai costato così tanto dire a qualcuno "ti voglio bene".
Stamattina ho portato la mamma a visita oncologica. Esami, appuntamenti, cure e mica cure...
Nel pomeriggio siamo stati a colloquio con le maestre del Power. Disastri, mica disastri, problemi e controproblemi. Il Power ci mette anche lui del suo a dare pensieri, e povero tato, è il minimo della pena.
Sono un tantino stravolta.
E mi sento terribilmente sola. Non perchè lo sia fisicamente, non che non abbia la possibilità di avere compagnia.
Mi sento sola in questo viaggio, in questa doppia mèta. Ovunque mi giro vedo solo problemi da risolvere, e nessun "lato buono della faccenda". Non ora.
Papigà mi ha detto che mi sorprende spesso mentre fisso nel vuoto, e passo anche dei buoni quarti d'ora in quella posizione, senza muovere un muscolo. Io davvero non me ne rendo conto. So di pensare molto, so di perdermi moltissimo in pensieri che di razionale hanno molto poco e la fantasia viaggia a mille, ma poche volte ho coscienza del fatto che mi sto lasciando andare, e i minuti scorrono, scorrono via.
Forse nella mia pazzia mi sto inventando un modo per sopravvivere. Ed è un bel sogno a occhi aperti.
Io però sto bene, ed è già qualcosa.
QUANDO DICO DI STARE FERMA SIGNIFICA CHE DEVE STARE
F-E-R-M-A!!!
-Ma io ho solo cambiato la posizione delle mani... non ho mosso il torace neanche un pelo...
FERMA! il massimo che le concedo è sbattere le palpebre e deglutire!
-respirare?
-GIUSTO PERCHE' DEVE!
Ok, non lo faccio più, promesso,
non lo faccio più
più
più
più...
Ma guarda te se mi sevo sentire come una scolaretta che l'ha combinata...