Odio l'estate.
L'ho sempre odiata, fin da quando ero bambina.
Da bambini non si andava quasi mai in vacanza, non si poteva. Per due o tre estati consecutive siamo stati al campeggio, una volta i miei genitori ci hanno spedito in colonia (esperienza di cui ho un ricordo ansiogeno), poi basta. Le nostre estati infantili erano fatte di mattinate in giro per una Mestre deserta, negozi chiusi, parchi-gioco vuoti (non proprio, c'erano le zanzare, ma non ci si poteva imbastire dei giochi), il caldo che rimbalzava sull'asfalto bollente e rendeva i pomeriggi passati in terrazzo carichi del suo odore acre.
Da ragazza non ho ricordi migliori. Si, qualche campo-scuola con gli scout, i corsi per catechisti, ma dovevo elemosinare le settimane (una l'anno eh) d'agosto al mio titolare (perchè ho iniziato a lavorare a sedici anni) diversi mesi prima, con nemmeno la certezza di riuscire ad averle fino al giorno prima di partire. Perchè a Venezia il mese di ferie estivo è prerogativa esclusivamente degli operai delle fornaci e degli studenti, mentre tutto il resto della città lavora forse più degli altri periodi dell'anno: negozi, uffici, alberghi, ristoranti e compagnia bella. Le mie estati mi facevano rimbalzare tra le ore trascorse in traghetto facendomi largo in mezzo a sciami di turisti sudati e intenti più a godersi il panorama che non a stare attenti a come si muovevano, ore in piedi in negozio con l'aria condizionata accesa ma la porta perennemente aperta (perchè altrimenti, diceva il capo, la gente se vede la porta chiusa non entra), serate in solitaria sul terrazzino di casa (da single e da fidanzata, perchè per il mio ex moroso nonchè attuale marito era sempre in servizio o quasi) e una lotta frenetica e inutile contro le zanzare, che dove vivevo io avevano il loro habitat naturale. Si, era romantico, gli scritti più belli che io ricordi sono scaturiti in quelle sere trascorse ad ascoltare il rumore delle onde leggere infrangersi sulle rive silenziose, sotto a uno specchio di luna che non ho visto mai in nessun altro posto, ma tolto questo, nient'altro.
Adesso le mie estati non sono migliori di allora. Mio marito ha il pieno del lavoro tra giugno e settembre, considerato che ha il controllo delle spiagge tra le più caotiche del nord Italia, quindi viaggia tra le sette e le dodici ore di lavoro al giorno (e la notte), con punte massime il fine settimana. Ferie? What's? Mio figlio in questi mesi è ingestibile: il centro estivo è saltato per motivi che non sto a raccontare (sennò facciamo notte), si annoia, e cerco di trascorrere il maggior tempo con lui fuori casa, che sia a far la spesa o in giro in bicicletta, ma non si può farlo dalla mattina alla sera, la casa va pur mandata avanti, senza contare che quest'anno in particolare ho anche tutto il resto che mi tiene impegnata. Parchi gioco? I due parchetti del paese sono perennemente deserti: qui la gente i figli se li tiene a casa, quasi tutti hanno un giardinetto, e probabilmente è più comodo in questo modo tenerli d'occhio facendosi gli affari propri. Si, anch'io ho un giardino, e meno male che c'è, anche se con le piogge di quest'anno è infrequentabile a causa dei cinghiali volanti che lo abitano. In agosto comunque il paese si paralizza, fatta eccezione per un paio di giorni a metà mese in cui c'è la festa in piazza, il resto è desolazione.
C'è che in estate mi sento sola. C'è che questa estate mi sento ancora più sola. Saranno gli ormoni vagans, sarà che se mi guardo attorno c'è il vuoto, sarà che un bambino di sette anni non può riempire la vita di una donna di trentotto per quanto lo ami, sarà che mi sento incatenata qui da tutto quello che mi succede, sarà che un caffè virtuale non ha niente a che vedere con un caffè preso con un'amica in carne ed ossa scambiandosi confidenze e stupidaggini, ma mi sento sola. Ed è ora che io faccia qualcosa.