Anna se n'è andata da poco più di un mese, e da settimane penso spesso alla morte. Penso a lei, ma soprattutto penso alla morte e alla sofferenza.
Non si creda che ci rimugini solo per starci male. Forse i primi giorni si, lo ammetto, ci ho sofferto sbattendoci il naso contro, perchè prima d'ora ho avuto la fortuna di averci a che fare solo indirettamente e di non averla mai vista da vicino. Ci ho sofferto perchè la vita che mi ha sempre risparmiato di incontrarla (permettendomi il lusso di poter fare a meno di pensarci fino a questa età, e non sono più una ragazzina) in poco tempo mi ha messo davanti all'evidenza: si muore. Si muore per mille motivi, ma si muore, e non muoiono sempre gli altri o gli amici degli altri o i genitori degli altri: muoiono anche le persone a cui vuoi bene, le persone che condividono un pezzo della tua strada. Muoiono le persone che ami. E prima di morire, soffrono. E puoi rischiare di morire anche tu: una tegola in testa non te la aspetti, ma la malattia, questa malattia, ti da il tempo di pensarci e di fartici anche le dovute seghe mentali.
Fin prima di avere mio figlio la sofferenza non solo mi spaventava, mi faceva schifo. Non tolleravo sentire l'odore del vomito, il sangue mi faceva impressione (anche quello del ciclo, ahimè...), non parliamo di pannolini sporchi di neonati che non ne ho cambiato uno prima del sei gennaio 2004: solo l'idea mi faceva ribrezzo.
Poi è nato il Power, e ogni mamma può testimoniarlo, quando diventi mamma accidenti se cambi. Cambi perchè devi cambiare, punto. Perchè se certe cose non le fai tu non c'è nessuno che le faccia al posto tuo. Perchè non puoi lasciare tuo figlio immerso nel vomito (i rigurgiti di latte sono solo il principio... e già quelli... quando escono dal naso poi...), perchè non puoi ricorrere al prontosoccorso per ogni piccola eruzione cutanea o per un livido, non parliamo delle escoriazioni alle ginocchia che sono i segni di guerra di chi impara ad andare in bicicletta. Impari che se gli cola il sangue dal naso perchè ha preso una botta invece di urlare di spavento è più saggio correre in bagno e bagnargli la faccia con l'acqua fresca, testa all'indietro e asciugamani a portata di zampe a stringergli le narici, e poi a scena finita tutto vien via con l'acqua fredda. Scopri che non si muore per un virus intestinale in più, non si rimane paralizzati per aver preso la scarlattina da grandi, una otite non rende invalidi se ci si rivolge al medico anzichè fare di testa propria e non è la fine del mondo se divertirsi sulla neve costringe poi a stare in casa per tre giorni con un forte raffreddore, perchè ne valeva pure la pena. E in tutto questo ci sei tu mamma, ma anche tu papà eh, che non solo sei lì vicino e DEVI esserlo perchè i guai i bambini non li possono risolvere da soli (non quelli almeno), ma ti informi su come puoi fare meglio: hai il medico di famiglia a cui chiedere consiglio, hai internet per cercare informazioni diverse, hai le mamme dei compagni di scuola di tuo figlio con cui confrontarti, e via dicendo. Tempo per rimanere paralizzati dalla paura non ce n'è, o meglio, posticipi a quando poi lui dorme tranquillo e allora ti rendi conto del rischio che ha corso, grande o piccolo che sia, e ti lasci prendere dal coccolone. Che comunque poi passa. E passano anche lo schifo e il ribrezzo. Passano perchè dietro alla sofferenza ci vedi la persona, e la persona viene prima di tutto il resto.
Non puoi delegare. Non puoi scappare. Ma sinceramente, non te ne viene neanche voglia, perchè è la tua creatura, e al di là dei doveri che la legge ti impone sulla carne della tua carne c'è anche una consapevolezza troppo grande: se di fronte a un bisogno non ti dai da fare tu che sei sano e sei in grado di fare qualcosa, chi deve farlo?
Quando ho visto Anna quel giovedì, non ho potuto rimanere molto con lei: la mamma aveva appena finito l'ultima infusione ed era stravolta, voleva andare a casa, ed è stata fin troppo brava a fare lo sforzo di venire con me giù da lei per un quarto d'ora prima che la riaccompagnassi a casa. Ricordo come fosse successo dieci minuti fa i suoi occhioni spalancati sui miei, mentre uscivo dalla porta della sua stanza, e lei che mi parlava con un filo di voce e continuava a parlarmi anche mentre uscivo, come se non volesse rimanere da sola. Avrei dato chissà cosa per rimanere lì ancora, e non potevo. Due giorni dopo l'ho rivista, e ancora non ho potuto star lì molto: c'erano i suoi parenti e non mi sembrava giusto togliere loro quello che gli spettava, stare con lei le ultime ore, in una intimità legittima e necessaria.
C'è chi davanti alla sofferenza fugge. Durante l'ultimo anno ho dovuto con rammarico tagliare i ponti con alcune persone, che quando hanno saputo del mio male mi hanno fatto capire che non sono in grado di accettarlo, e si sono dileguate. Non gliene faccio una colpa, ognuno ha il suo modo per vivere o sopravvivere, ma da malata la cosa più brutta che io abbia sperimentato è la fuga di alcune persone a cui volevo bene. Fa un male incredibile: tu hai bisogno di sentirle vicine come non mai, loro ti evitano come la peste, o evitano di chiederti come stai per non sentir parlare di cancro. E così ho imparato a mentire, e so mentire bene: dico sempre che sto bene, perchè non è giusto spiattellare la verità e la paura a chi magari non è in grado di accoglierla o a chi averla tra le mani rende la vita più amara del necessario. Non ne ho il diritto.
Oggi mia madre mi ha detto una cosa che ritengo profondamente vera, perchè la sperimento nella concretezza di tutti i giorni: a me le sofferenze più grosse rafforzano il carattere anzichè annientarmi. Col tempo, con tanti fazzoletti bagnati, ma lo rafforzano. Ed è il lato più positivo della faccenda.
Penso ad Anna, penso alla sua sofferenza, ma penso anche alla mia mamma, penso a mio figlio quando sta male, penso che... Penso che star vicino a una persona che soffre, lo rifarei un milione di volte, per non lasciarla sola, perchè per quanto difficile sia mi fa sentire viva, da un senso a quello che ho di buono, una risposta a quello che mi chiedo da sempre.
Lo rifarei un milione di volte se fosse necessario.
Lo rifarei...