domenica 31 marzo 2019

Rasati

Passata la paura.
Tutto sommato è solo un dejá vu da portare a spasso

mercoledì 27 marzo 2019

Di ribaltamenti e di caduta dei capelli

La seconda chemio non è stata indolore.
L'infusione è avvenuta mercoledì scorso. Sono stata abbastanza bene giovedì, nausea a parte, ma la nausea ho capito essere dovuta più al cortisone che alla terapia in sè, perchè ho notato che ogni volta che assumo cortisone (anche per via orale) lo stomaco si ribella e la bocca fa schifo per qualche giorno.
Venerdì ho iniziato a sentirmi stanca, ma era previsto.
Sabato e domenica sono stati tragici. Non riuscivo a reggermi in piedi, testa in pallone, senso di dissociazione, un attacco d'ansia dopo l'altro, sbalzi di pressione come fossi su un'altalena, micropsia (ne soffro da quando ero bambina, a periodi, ma stavolta è durata tanto ed è stata particolarmente intensa), tremori, senso di vomito. Ho voluto resistere pensando che fosse normale, che tanto doveva passare, mica è la prima chemio che faccio... Mi secca chiamare il medico ogni due per tre, e andare in pronto soccorso grazie no. Mi sono affidata a Plasil e benzodiazepine. Ma a parte farmi dormire per qualche ora, non hanno fatto altro.
Lunedì pomeriggio non ce l'ho fatta più e ho chiamato in oncologia. Mi hanno fatto andare subito ieri mattina per un prelievo urgente e una visita. Morale: sembra che il fegato abbia reagito male al carboplatino, non riuscendo a smaltirlo. Inoltre sono risultata di nuovo neutropenica, come l'anno scorso, anche se in forma più lieve.

 -"Mamigà, hai tuonato."
-"Doctor, ne avevo una vaghisssssima sensazione, poco poco."

Mi hanno immediatamente messo sotto infusione di terapia di supporto per il fegato (cortisone e glucatione, glutatione, glucomecacchiosichiama, insomma un depurativo formato tsunami), e praticato una iniezione di fattori di crescita per i white brothers. Nel giro di un paio d'ore sono rinata e rispedita a casa (io non ho un oncologo, ho un pusher), con le solite raccomandazioni per la neutropenia: evitare i luoghi affollati e possibilmente le visite, mascherina, alto livello di igiene e blablabla. Nozioni trite e ritrite. E oggi sono finalmente fuori dal letto, a recuperare un po' di faccende, visto che da domani dovrebbero partire i dolori dei fattori di crescita, perciò ho guadagnato tempo.

I capelli. Come l'anno scorso, come nove anni fa, puntuali, al quindicesimo giorno dalla prima infusione, cioè oggi, è iniziata la caduta. Fa sempre impressione come succeda da un giorno all'altro. La mattina ti alzi e ne trovi una manciata sul cuscino. Vai sotto la doccia e come l'acqua ti ricopre e scorre verso il basso se ne porta via tre, dieci, trenta, non li conti più già a shampoo fnito.
E' la terza volta che perdo i capelli per la chemioterapia. Un anno fa ero già calva per la seconda volta, da circa una settimana o due. In perfetto tempismo con la muta dei miei gatti. Entro la fine di questa settimana vado di rasoio, non ha senso aspettare. Anche perchè vanno ovunque, anche nel piatto, e grazie no.
Non so che effetto mi sta facendo.
La prima volta l'ho vissuto come un dramma, come penso sia un dramma per chiunque la prima volta.
La seconda come un gioco.
Questa terza non ci sto pensando. Non so se per evitare di pormi domande, o perchè davvero non è più un problema. Forse già avevo messo in conto, nel mio inconscio, l'anno scorso, che sarebbe potuto riaccadere. No, non per pessimismo, ve lo assicuro. E' che quando il cancro ti colpisce una volta, e poi la seconda, un po' inizi a pensare di non essere proprio così invulnerabile, e che se dovesse succedere una terza non sarebbe la cosa più inaspettata del mondo. Certo non mi aspettavo le metastasi, e non così immediatamente, credo di averlo esternato bene altrove, al più mi pensavo con una recidiva sul controlaterale. Ma non mi sono più sentita comunque immune dopo il secondo tumore. Perciò ok, la caduta dei capelli ci sta, e davvero, con tutti i pensieri nefasti e gli immensi punti di domanda dati dall'incognita di questa assurda situazione, soprattutto con tutta la carica di ansia che mi porto addosso, questi sono davvero il tassello meno pesante.
Li sto perdendo. Amen.
La gente mi guarderà di nuovo. Amen.
Devo dare una rinfrescata veloce ai foulard chiusi da mesi nei cassetti. Amen. Ne ho comprati due di nuovi, colorati (no arancione nè giallo, per carità, sono colori che su di me detesto) perchè l'anno scorso li avevo cupi e pesantini, da mezza stagione. Se tutto va come deve, stavolta la chemio me la porto avanti fino a giugno inoltrato, e qualcosa di più leggero e adatto ci vuole.

BALLE.


NON TI CI ABITUI MAI.
Erano appena ricresciuti, cazzo.






venerdì 22 marzo 2019

Metastatimamigà: rimbocchiamoci le maniche.

Non so da dove iniziare. Non so come comporre questo post. Quello che viene viene. Vado un po' a caso.
E' passato un mese e mezzo abbondante da quando ho scritto l'ultima volta. Un mese  e mezzo intensissimo. Un mese  e mezzo di corse, di viavai tra gli ospedali. Un mese e mezzo con la testa in stand-by, con l'unico desiderio di dormire, dormire, dormire, perchè quando dormo la testa stacca il pensiero, e quando è sveglia desidera staccarla fissando un punto a caso, il soffitto, la legna che arde nella stufa, un calzino appeso sullo stendino, un grumo di polvere sotto ad una sedia, qualsiasi cosa. Quando la testa si fissa su altro, sembra quasi che non sia successo nulla. Svegliarsi, ogni volta è uno schiaffo. 
No, non sta succedendo a me. Non è possibile. 
E invece si.  
Ma io non voglio!
E invece c'è. 
Non voglio riversare tutti i pensieri di questo ultimo mese e mezzo qui. Sono pesanti. Pesantissimi. E sono miei, miei e al massimo di mio marito. Sono tutti contenuti in quell'immenso concetto che non riesco a comprendere ancora, non riesco a metabolizzare, quel concetto che per la prima volta dopo anni di convivenza con lo spettro del cancro mi provoca rabbia, tanta rabbia, perchè a quarantasei anni e con un figlio adolescente mi è inaccettabile. Il concetto che non guarirò dal cancro, e che l'unica speranza di guadagnare tempo sta nel tentare di bloccare la malattia lì dove sta, ancorata alle ossa, a colpi di farmaci e di passate ripetute sotto i macchinari di tac, risonanze, scintigrafie e Pet, per il resto dei miei giorni, pochi o tanti che siano. Il resto davvero, rimane mio. Fa parte di quello che non voglio che diventi "social". Non ora. Forse mai. Certo è che pensieri del genere non li auguro a nessuno.

Comunque, tecnicamente, in questo mese e mezzo:

  • - ho fatto la biopsia al bacino (in regime di ricovero, eseguita sotto guida di un macchinario Tac particolare in sala operatoria), per capire se le metastasi appartengono al primo tumore (l'ormonale del 2010) o al secondo ( triplo negativo del 2017). La differenza è sostanziale: ho imparato che a seconda dell'origine e della natura delle metastasi ci sono più o meno farmaci a disposizione per affrontarla. Ovviamente (che culo) l'istologico conferma l'appartenenza al secondo tumore. Ergo, un casino. Per le metastasi da triplo negativo niente farmaci antiormonali a disposizione, niente anticorpi monoclonali (nemmeno quelli in fase di sperimentazione per il triplo negativo: ci vuole troppo tempo per sapere anche solo se sono idonea ad essere inserita nelle liste dei grossi centri che li somministrano, al momento fuori regione peraltro: la malattia sta galoppando, non camminando, aspettare anche un solo altro mese per intervenire mette a serio rischio gli altri organi).
  • - Ho eseguito la risonanza di colonna e bacino: casino numero due. Ho le ossa e le vertebre a pois. L'unico lato meno negativo è che trattasi di metastasi osteoaddensanti, cioè si depositano sopra l'osso, non lo erodono. Sono più dolorose, ma anche più gestibili, e mi espongono di meno al rischio di fratture. 
  • - Ho fatto una radiografia al bacino e ai femori.
  • - Ho fatto una visita antalgica per tarare la terapia del dolore, la mia migliore amica assieme alla chemioterapia. 
  • - Ho fatto una visita ortopedica, e ho vinto un busto nuovo di pacca (che devo ancora ordinare in sanitaria, per mancanza di tempo) e un paio di stampelle per poter fare più di cinquanta metri a piedi senza camminare come una gallina zoppa. La parte sinistra del bacino è messa malino. Ha bisogno di aiuto per non caricarsi eccessivamente del mio peso, pur essendo io perfettamente normopeso. Ma un bacino con metastasi è un bacino con poco senso dell'umorismo.
  • - Ho rivisto la sala operatoria (era da tanto...) per rimettere il port-a-cath, in day-hospital. Non è stato doloroso, solo fastidioso, e comunque l'ha impiantato lo stesso chirurgo che mi ha operata al seno le ultime due volte, e in certe circostanze avere a che fare con qualcuno che si conosce e con cui si scherza da tempo fa la sua bella differenza. Soprattutto se sotto ai bisturi ci stai da sveglia, solo parzialmente sedata, ma lucida.
  • - Ho fatto le radiografie alla bocca, seguirà appena possibile una visita stomatologica, in previsione dell'assunzione di bifosfonati.
  • - Mi hanno dato appuntamento per una visita radioterapica per il 10 aprile, per valutare la possibilità di fare radioterapia sulle mts più grosse e dolorose (bacino, femori e dorso).
  • -Si sono formate alcune piccole ulteriori recidive sottocutanee sulla parete toracica operata. Famculo. Non le tolgono ora, la prassi da seguire per l'escissione richiede troppo tempo, anche due sole settimane sono troppo tempo. L'oncologo le userà come "metro" per valutare visivamente l'efficacia del trattamento sistemico che sto facendo. Se si riducono, banalmente parlando, c'è una più che plausibile possibilità che funzioni anche sul resto, visto che il resto è fatto di questa stessa pasta. Ma l'ho presa come uno schiaffo gratis in più. Guardarle, vederle, mi buca lo stomaco ogni volta.

La settimana scorsa, martedì 12 marzo, ho iniziato per la terza volta nella mia vita la chemioterapia. Mi è stato assegnato un protocollo piuttosto nuovo, nel gruppo FB di metastatiche a cui sono iscritta da qualche settimana mi sembra che siamo solo in due per ora ad usarlo: Abraxane+carboplatino, due settimane si e una no per sei volte, dodici infusioni in totale. Tra tre mesi farò TAC e risonanza di verifica, per vedere se sta funzionando e di conseguenza come andare avanti.
Se sto qui a raccontarvi come mi ci sono approcciata la scorsa settimana vi si smonta Mamigà in pochi secondi di lettura. Di fatto non ho scelta, devo sottopormici, e mi ci sto sottoponendo. E' la mia speranza. E' l'unica cosa concreta che posso fare ora per provare a tenermi stretta la vita, per sperare di vedere mio figlio crescere, e la faccio. Mi ci aggrappo con tutte le mie forze. E ho deciso di farla come l'anno scorso: vestita a puntino, truccata perfettamente, col migliore dei miei sorrisi, a mostrare alla sfiga la faccia che non vorrebbe vedermi stampata.



(Dovrebbe essere un brevissimo video, non so se parte...)

Perchè si, perchè oh, a un certo punto bisogna farsene una ragione. La parte peggiore sono le attese, adesso invece ci sto lavorando, sto facendo finalmente qualcosa di concreto. E cambia, oh, come cambia le giornate. Le riempie di nausea, dei soliti effetti collaterali di qualsiasi chemioterapia (anche se per ora la sto tollerando abbastanza bene, di sicuro meglio delle TC dell'anno scorso, che poi ci vuole anche poco ma va beh), dell'attesa della perdita dei capelli, ma fa rivalutare il tempo che vivo, come lo fa rivalutare tutta questa intera vicenda.

Nelle ultime settimane mi è passato davanti il grumo degli ultimi 46 anni, tutti gli sbagli che ho fatto, tutte le cose che vorrei aver vissuto diversamente, la consapevolezza di avere tanti di quei rimpianti e tanti di quei rimorsi da poterci riempire un intero mare, tutti i progetti falliti, tutte le scelte che avrei potuto evitare. Dalla prima chemio in poi, e giuro che non è retorica, mi sento come se avessi ricevuto l'opportunità di guardare diversamente a quello che sono. La possibilità di cambiare atteggiamento. L'opportunità di prendere a piene mani quello che finora ho dato per scontato, che ho addirittura etichettato come noioso e spesso totalmente inutile di ogni cosa che permeava le mie giornate da semplice moglie e mamma, padrona di casa e di cinque gatti. Perchè no, non c'è un piano B se questa vita mi viene tolta, e questa consapevolezza cambia completamente le carte in tavola. Non è il lato buono della faccenda, non esiste un lato buono nell'ammalarsi di tumore, men che meno quando si diventa metastatica. Non prendiamoci in giro. Si dovrebbe arrivare a certe riflessioni senza tutta questa scia di dolore. Ma questo mi è stato dato, non me lo sono cercato (spero), tanto vale provare a fare buon viso a cattivo gioco.
E' dura. Cacchio, se è dura. E' dura dentro. Questa prova supera di un miliardo di punti qualsiasi prova abbia affrontato finora. E' l'ultima, l'unica che mi terrà impegnata per il resto della vita, quella di tenermi stretta la vita stessa. L'unica che rende legittima ogni mia nevrosi, se devo dirla tutta. Perchè se davanti mostro la testa alta e fiera, è quando mi giro dall'altra parte che esce il resto.

Ma porca vacca, non ho intenzione di darla via gratis. Costi quello che costi. Il gioco vale comunque la candela.