giovedì 29 gennaio 2015

Mamma vanitosa

Annuncio annuncio: 
No, giusto perchè, a modo mio, mi piace ancora giocare.
Avviso, è una boiata pazzesca frutto di un momento di cretinera acuta della sottoscritta (capita). Ma insomma, forse mi ci diverto anche.
(Poi tra qualche giorno sicuramente finisce nel dimenticatoio come tante altre cose, ma tant'è, supportata moralmente dalla mia amica Ale magari è più facile).

martedì 27 gennaio 2015

Sul filo del rasoio

La vita è fatta anche di queste cose, alti e bassi. Anzi, è fatta, pare, SOLO di alti e bassi. E uno pensa che quando arrivano gli "alti" è il momento del respiro.
E ho respirato. Ho finito, con oggi, quattro anni di controlli, dei quali "a cuor pesante" ho vissuto solo il primo. Dopo il primo, visti gli esiti, ho iniziato a vivere i successivi concedendomi di pensarci e di abbandonarmi ai pensieri cupi solo tre giorni prima. Andata bene la prima, andata bene la seconda, mi son detta in fondo al cuore "evviva, è passata. Ho trovato la formula magica per vivere il follow-up con il minimo sindacale dei timori. Mi sono considerata "fuori", ma non "fuori" dal pericolo-recidiva, "fuori" da quella fetta di ex pazienti oncologici che vivono il periodo dei controlli sempre col fiato in gola, sempre pensando non "se", ma "quando". Io "quando" mi sono sempre rifiutata di pensarlo. Io ho altro da fare che perdermi nell'ansia da quarto piano del Little Hospital. Ho un figlio da crescere, una casa da mandare avanti, i miei bei capelli sempre più lunghi di cui andar fiera, la mia immagine recuperata come non fosse mai passato nessun treno portante chemioterapici e cortisonici, la creatività da esprimere a tutto tondo, le amicizie da coltivare; non c'è spazio per la paura della recidiva. E poi dopo quattro anni e mezzo, mica salteranno fuori proprio adesso motivi per far tornare in bocca quello che ho digerito a fatica...


E invece no.

E invece, poi, arrivano le mie analisi, e i valori del fegato sono per la prima volta sballati. Non si sa perchè: non prendo farmaci nuovi, non ho cambiato alimentazione, non ho preso un etto durante le feste, niente. Ma sono sballati. E non è mai successo prima in quarant (adue) anni.
Non solo: oggi sono stata a visita oncologica, e spedita a fare eco al fegato e al seno come un missile. C'è un nodulo al seno operato. Un nodulo molto dolente. Che può essere tutto e può essere niente, ma va visto subito. Prendono appuntamento dal reparto, io rimango in attesa della telefonata per sapere quando recarmi a farle, ma entro otto-dieci giorni al massimo. Dopo l'ecografia, indipendentemente dall'esito, dovrò rifare le analisi per i valori del fegato. La mia fortuna è quella di avere un oncologo super-scrupoloso e super-prudente, e meglio così che il contrario.

Tutto questo è fresco fresco di stampa, sono sicura che tra una settimana ci sorrideremo sopra, ci guarderemo negli occhi e ci diremo "tanta paura per niente". Ci vuole tempo per razionalizzare. Non ore, ma giorni.
C'è che quando hai passato l'inferno, non sai dove andrai, ma sai qual'è l'ultimo posto in cui vorresti tornare. E quando ti scotti con l'acqua calda hai paura anche di quella fresca. Forse sono stata una incosciente ad essere così ottimista per tutto questo tempo, ad andare a fare i vari esami pensando che tutto sommato erano solo uno scaricare sterile di un fascio di impegnative per fare il carico di altre (tanto va sempre tutto bene...), ma almeno ho vissuto quattro anni senza considerarmi "malata" non più di quanto non mi ci senta per la sola malattia reumatica. E in questo sono fortunata.
Adesso però vorrei addormentarmi oggi e svegliarmi con gli esiti di tutto già in mano. Che l'attesa di sapere è la cosa peggiore. E poi quel che deve essere, sarà. Anche perchè diversamente non si può fare.

Ma ho paura.


sabato 24 gennaio 2015

Scuole aperte - i remigini del 2015

-Allora? Come è andata?
-Bene. Ho esposto la mia ricerca sul magnetismo, abbiamo suonato un brano col flauto, ed è finito.
-E come ti è sembrato?
(Tipica aria da sufficienza)

-Mah, divertente.
-E i bambini dell'asilo?
-Boh, se ne stavano lì impalati, nessuno ha parlato.
-E che impressione ti hanno fatto?
-Chi? I bambini dell'asilo? NANI DA GIARDINO.

Effettivamente è passato "qualche decennio" da quando era lui al posto loro...



mercoledì 21 gennaio 2015

Geometria e problem-solving

L'anno scorso la maestra ha voluto che comprassimo ai bambini righelli, goniometro e stecche rigorosamente di gomma al posto di quelle di plastica, perchè i ragassuoli avevano l'abitudine di giocare agli spadaccini con le stecche durante la ricreazione (con gli evidenti effetti... collaterali).

Quest'anno, a settembre, ha decretato che righelli e stecche di gomma non vanno più bene, perchè se i bambini non riescono a tenerli ben fermi sul foglio con le dita larghe, mentre tirano le linee i righelli si deformano e ciao retta.

Ho ripreso righello e stecca in plastica: dopo la prima settimana in cartella, si sono spaccati.

Ho acquistato righello e goniometro di alluminio, leggeri, teoricamente indistruttibili, indeformabili (sono quelli con la barra in rilievo per far presa più agevolmente). Ieri la maestra ha mandato a dire che non vanno bene, perchè "mamma, quando li appoggiamo sui banchi o ci scivolano dalle mani fanno troppo rumore".

Ora, io in quinta elementare ci sono stata trentadue anni fa. Un po' di Alzheimer ci sta. Ma la memoria mi difetta, evidentemente, se sto a chiedermi se il mio materiale scolastico, al tempo, sia stato così problematico. 

lunedì 19 gennaio 2015

Epilogo al post sulla ricerca...

...su Pablo Neruda.
Mi sta bene che si possa campare belli e felici, e magari un giorno che so, catapultati in un futuro da soddisfatti professionisti amanti del proprio lavoro e con un brillante avvenire, anche senza sapere chi era Pablo Neruda. Tutto sommato io non sono una professionista nè ho un brillante avvenire ma sono comunque contenta del punto in cui la vita mi ha portato (anche se obiettivamente, per i più, non è certo granchè, anche se tutto dipende dai punti di vista, e l'unico di cui mi importa - detto fuori dai denti - è il mio), anche se Pablo Neruda a malapena so che è esistito e che ha scritto versi, che ha scritto l'Ode al Miciozzo, e che non era nemmeno italiano per nascita.

Però.

Non è che tu, maestro, puoi scassare l'anima per una settimana perchè vuoi che i ragazzini imparino a fare bene le ricerche e le studino (come è giusto che sia) e gli fai la ramanzina quotidiana in merito, e poi - come per la maggior parte dei compiti assegnati per casa - manco controlli se sono stati fatti.
Alla fine poi ha ragione il Power a prendere sottogamba la materia, secondo il suo criterio per assegnare le varie priorità alle cose del suo universo, se tanto alla fine "se fai va bene, se non fai va bene uguale".

E dunque? E dunque niente, devo aggiornarmi: mi sa che mi sono persa qualcosa sui nuovi metodi per instillare negli adulti del futuro il senso del dovere. Ho bisogno di un corso.
E se il lavoro su Pablo Neruda su cui il Power ed io abbiamo speso un pomeriggio intero, dopo che mi sono impegnata in uno dei miei migliori monologhi maternali pseudo-intento-educativi (mi mancava solo la toga da Chiar.ma prof.ssa etc. etc., in compenso il ferro da stiro in mano mi dava un tono deciso, ne sono convinta perchè lo specchio non mentiva) sul maggior vantaggio a livello di cultura personale che si trae dal fare bene un lavoro assegnato, contrariamente a quello che si ottiene facendo il minimo sindacale per portare a casa un misero "sei" (che non è comunque un 5, ma perchè accontentarsi avendo gli strumenti per ampliare la propria mente, in primis una buona intelligenza, ed in secondis una eccellente connessione Wi-Fi?)  e in seguito partorito un post (anche simpatico, dai) con la parte curiosa della minestra era, alla fine, un lavoro rispondente alla consegna del giorno prima, non lo sapremo mai. A fronte di una simile lacuna, ci attende un futuro infelice. Ahimè.

venerdì 16 gennaio 2015

L'iscrizione alle medie

Insomma, stamattina l'ho iscritto in prima media. E dopo aver ricevuto la doppia mail di conferma da parte del MIUR, si sono aperte le cataratte. Eh beh, concedetemele.

Che adesso che c'è sta cosa di doverlo fare online, quasi non fai in tempo a renderti conto che è ora di farlo e l'hai già fatto. Niente coda in segreteria, niente firme da mettere, niente segretaria da stressare con millemila domande. Niente: te la vedi tu e il monitor, e il MIUR dall'altra parte che ti chiede anche la taglia delle mutande. Freddamente, chiaramente e velocissimamente. L'ho iscritto, d'accordo con lui, scegliendo l'orario pieno (36 ore), con il servizio mensa anzichè pranzo al sacco (come alle elementari), senza scuolabus (non ce n'è bisogno). Che poi dopo ti trovi a rileggere millemila volte la stampata della domanda che hai fatto, con il terrore di aver sbagliato anche solo una cifra del suo (o del tuo) codice fiscale, o peggio, un numero del codice identificativo della nuova scuola (e se per errore l'hai iscritto involontariamente di nuovo in prima elementare per colpa di uno stupidissimo numero letto e trascritto male? No, sono io che li sto dando, mi sa, i numeri...), ma fa niente. Si chiama "panico da mamma che vede il figlio scivolargli dalle mani". Malattia psichiatrica molto comune.

Ecco. E' fatta. Il Power è apparso su queste pagine quando aveva ancora il pannolino, e adesso se ne va alle scuole medie. Quelle dove le maestre sono i prof a cui dai del "lei", che non ti guardano a ricreazione ma lasciano l'aula e i ragazzini agli occhi del bidello, e la ricreazione dura un terzo di quella a cui eri abituato alle elementari e devi giocartela tra la fila per il bagno e l'ingoiare il pacchetto di crackers in tempo (che quando ho detto al Power "non ci sono giochi nell'androne con cui passare il tempo quando piove" gli ho visto cadere la mascella in un nanosecondo); quelle dove ricominci dall'essere il più piccolo, e i ragazzini più grandi di te hanno la faccia butterata di brufoli e sono alti un metro e ottanta, e li prendi in giro finchè, nel giro di poco, non ti ritrovi come loro e ti chiedi il perchè; quelli dove non ci sono sconti per i compiti, per le verifiche, per i giorni a casa in malattia, e dove sentirsi dire "ti mando dal preside" non è la miglior frase che ti possa venir rivolta. Quella scuola dove finalmente mio figlio si recherà da solo tutte le mattine e dalla quale da solo tornerà a casa, in bicicletta, come metà dei compagni (quelli che non usano lo scuolabus), e quando verrà accompagnato o ritirato dalla sottoscritta saranno eccezioni dovute al più al maltempo e non più la regola ferrea.

No, non adesso, tra poco. Troppo poco. Che se questi undici anni sono volati così velocemente, non riesco ad immaginare quanto più velocemente scorreranno i prossimi. Ma non lo voglio nemmeno sapere: non mi voglio perdere, nel bene e nel male, assolutamente niente.


La visita fisiatrica

Ho vinto dieci TENS al rachide, dieci sedute di fisioterapia, due integratori alimentari per i nervi e i tendini e una scoliosi.
La verità?
Sono contenta.
No, sul serio. Ero terrorizzata all'idea di sentirmi dire di nuovo "la mando a visita chirurgica".
Va bene così, anche se ci saranno da aspettare delle settimane per la prima e dei mesi per la seconda.
Mio marito mi ha chiesto come faccio a prenderla così.
Io ho risposto che ormai la sto prendendo con filosofia, e mi accontento del male minore. Non posso sempre piangere battendo i pugni. Devo pur farci la pace, con la spondilite, altrimenti è guerra fino all'ultimo giorno della mia vita. E grazie no, vorrei concentrarmi su altro, possibilmente più creativo, edificante e gratificante.

Per quanto difficile, in certi giorni, sia.

giovedì 15 gennaio 2015

Power at School - La ricerca

-Oggi dovevo presentare la ricerca su Pablo Neruda, ma non c'è stato tempo e il maestro mi ha detto che la vedrà domani. Spero che vada bene.
-Ma l'hai studiata almeno?
-Certo!
-Power, chi era Pablo Neruda?
-Un poeta.
-Quando è vissuto?
-Negli anni ottanta.
-Quindi è ancora vivo!
-No, è morto.
-Allora è morto giovane.
-No scusa, è nato negli anni settanta.
-Allora è morto giovane lo stesso, sono nata io negli anni settanta...
-Cinquanta? No... trenta? Uffa...
-Power!!! Giochiamo a tombola???
-No! E' nato negli anni dieci, si è fatto tutte e due le guerre.
-Power... Mi sembri piuttosto indeciso... Guarda che è importante sapere in che periodo storico è vissuto un poeta, ti dice tante cose su di lui e ti aiuta a comprendere i suoi lavori... Mi sa che quella ricerca non l'hai nemmeno riletta, l'hai stampata e basta!
-No, l'ho studiata!
-Sai almeno dirmi che opere ha fatto?
-Certo! Ha scritto tante poesie! Cosa vuoi che abbia fatto???
-Chiaramente... Ma qualche titolo?
-Mumble
mumble
mumble

-I titoli non me li ricordo, a parte l' "Ode al Miciozzo", ma so che ha scritto tante poesie che si intitolano con "Ode". A proposito, cosa significa "ode?".


Non ci siamo...

martedì 13 gennaio 2015

Ma la morosa... Discorsi nuovi.

Ieri sera, ore sette e quarantacinque circa, in auto, la sottoscritta al volante, volume dell' autoradio al minimo, lungo la strada secondaria che collega Riviland al paese vicino facendo il giro del globo (totale minuti di percorrenza: circa dieci, per una distanza che in linea d'aria non è più di due chilometri) dato che la strada principale è chiusa per lavori da mesi e mesi. Siamo di ritorno dalla festa di compleanno del Gi. Gli angoli della bocca del mio passeggero sono ancora sporchi del cioccolato della torta.
 
-Mamma, sono preoccupato seriamente.
-Seriamente?
-Si, seriamente. Non ho ancora la morosa.
-Ah. E perchè sei preoccupato? Hai solo undici anni, mica ottanta.
-Si, lo so, ma i miei compagni di scuola hanno tutti la... la chiamano "compagna". A parte il fatto che siamo in dodici maschi e solo sette femmine, perciò qualche maschio rimane comunque fuori, ma non voglio essere io a rimanere fuori. 
-Ma scusa, le femmine non ti facevano schifo?
-Ma mammaaaaaaaa! Sono discorsi vecchi! Non più!
-Quindi adesso le femmine non sono più così brutte, stupide e strane?
-Dai mamma, sono cose che dicevo quando ero piccolo (la settimana scorsa, nota bene).
-Hm. E immagino che cercare una "compagna" (visto che la cosa è così importante) in un'altra classe è fuori discussione. E Bimbabionda, poi? Sono sette anni che fate come scarpa e calzino...
-Mamma, quelle della sezione A sono tutte racchie, e quelle più piccole non so chi guardare, primo perchè di sicuro se mi metto con una più piccola mi prendono in giro, secondo perchè c'è una bambina di quarta che mi piace un po' ma non ci vediamo mai a ricreazione, perchè le maestre ci tengono divisi per classi. Dicono che così diventano meno matte a riacchiapparci quando facciamo rissa. E Bimbabionda per me è solo una carissima amica e niente di più, perciò non voglio pensare di chiederlo a lei. Ci sarebbe anche Bimbamora, ma non ci parliamo da un po', la sua mamma non vuole che giochi coi maschi, dice che è per la sua religione. E' un bel problema.
-More, dobbiamo fare un discorsetto io e te, prendiamoci un po' di tempo e parliamo un po' di sta cosa del "perchè ci si mette insieme". 

E il discorso lo abbiamo fatto. Siamo andati avanti una buona mezz'ora, ed è appena l'inizio. L'inizio di una gran confusione mentale ed emotiva, mi sa.
Ho un figlio grande e grosso, tatone, appassionato di libri di storia e di costruzioni col lego, di videogiochi e di romanzi fantasy, di cartoni animati e di partite a briscola, ma in certi momenti mi sembra di assistere alla metamorfosi di un bruco che inizia a crearsi il bozzolo per prepararsi ad un imminente cambiamento.

E' proprio tempo di parlare di cose nuove.




venerdì 9 gennaio 2015

Powerate - Parliamo di sesso? SessBUAHAHAHA!!!

Ci provo da sempre, a parlare di sesso con mio figlio. Non per chissà quali convinzioni filosofiche sull'educazione moderna, quanto per un motivo soltanto: mia madre mi ha tirato su con quella che "meglio che certe cose tu le sappia da me e dritte, che dai tuoi coetanei e storte", e io sono cresciuta con la convinzione che fosse giusto, e il giusto modo di introdurre mio figlio in questa dimensione della sua vita.
Solo che su queste cose, pare, maschi e femmine sono due universi paralleli ma imprescindibilmente differenti: io all'età del Power sapevo già l'ottanta per cento della faccenda (per ovvie ragioni, dato che alle femminucce di undici anni non è difficile che accada quella certa cosa, anche se io su questo sono stata particolarmente "tarda" - 14 anni) e per me era una cosa seria.

Il Power? AHAHAHAH! Il Power fa parte del 99 per cento degli undicenni maschi "normali", a livello di testosterone misurato con la "scala della parolaccia più proibita da mamma e papà e quindi più pheega", quelli che quando pronunci vocaboli come "sedere", "utero", "pisellino", "assorbente" eccetera, diventano color melanzana in volto e si nascondono sotto al tavolo piegati dal ridere, che non capisci dove sta nella loro testa il confine tra il senso del ridicolo che fanno risuonare in loro certe parole, il senso del proibito viste le immagini a cui esse stesse rimandano, e il comprensibile inizio di imbarazzo dovuto ai primi plichi di ormoni spediti al loro indirizzo da Madre Natura. Non c'è proprio niente da fare.
E ci ho provato in mille modi ad affrontare l'argomento, iniziando ogni volta da una angolatura diversa, e sempre con il medesimo atteggiamento in risposta: ogni volta che il Power ha il sentore che sto per affrontare un certo tipo di discorso, parte in quarta e la comunicazione diventa impossibile, al punto che trascina anche me (e suo padre, quando presente) in quel turbine di risate. Resistere è impossibile, dopo un po' non ce la fai più a tenere un certo contegno.
E pace: ho consultato chi di competenza, che mi ha rassicurato che è normalissimo, che bisogna solo aspettare che sia lui a chiedere lumi, che i maschi arrivano dopo (mooooooooolto dopo), e via dicendo. Solo che avanti di questo passo, aspetta che ti aspetto, arriveremo a porre certe domande a mamma e papà alla maggiore età, temo. E magari facciamo che "no", dato che se la stessa Madre Natura di cui sopra fa il suo lavoro come di regola, non passeranno certo secoli prima che anzichè a plichi, gli ormoni arrivino a TIR. E saranno dei bei cavoli da gestire. Anzi, sarà un vero e proprio casino, inutile piantarsi due fette di salame davanti agli occhi.

D'ogni modo, io ho tutta la pazienza di questo mondo. O meglio, vorrei averla. E magari farmi anche un po' meno scrupoli e patemi, e rassegnarmi che ho un figlio "tatone", che anche "tatone" è bello (io lo trovo meraviglioso, ma non diteglielo altrimenti mi rovinate la piazza, e questo non si sforza più neanche di quel minimo), e che più rimane "tatone" e meno danni fa. Danni in senso metaforico, si intende.

C'è che poi una mattina il Power, prima di andare a scuola, se ne esce con "mamma ho un filo di mal di pancia".
E a me escono battute infelici, ma non so cosa farci: anzichè "sei andato in bagno?" gli dico, sarcastica (giuro, non l'ho fatto apposta, mi è uscita così, ma io lo sanno tutti in casa che fino a due ore dopo il risveglio non ho tutti i cavi della testa collegati, quindi capitemi e giustificatemi): "ti starà per venire il ciclo". E mezzo secondo dopo mi rendo conto di quello che ho sparato, ma ormai...

E davanti alla risposta "NO MAMMA E' IMPOSSIBILE, SONO TROPPO GIOVANE", mi rendo conto che forse - forse eh - rotflollate o non rotflollate (leggi: capriole dal ridere o non capriole dal ridere) è il caso che faccia ALMENO un salto in libreria.






martedì 6 gennaio 2015

ComplePower. E sono undici.

Facile farsi portare dalla cicogna.
Pochi si fanno portare dai Remagi (non dalla Befana, ci tengo. Il significato è diverso).

Anche nel 2004 cadeva di martedì. Anche nel 2004 c'era il sole splendido che avevo chiesto in dono per te, come oggi. E anche nel 2004 il 6 gennaio faceva un freddo da pinguini.

Auguri, Power!!!

lunedì 5 gennaio 2015

Care mamme, non sono "social"

Più o meno a quest'ora, undici anni fa, rompevo le acque ed entravo in travaglio. Un travaglio di 36 ore. Interminabile.
Quello che provavo (la paura, la forza inaspettata che sentivo nascere dentro, la sensazione che il tempo non passasse mai, il dolore... e tutta una serie di altre cose che non ho voglia di elencare) è un bagaglio mio e mio soltanto, come ogni mamma custodisce il suo.
Al di là di questo, ho avuto la brillante idea, qualche ora fa, di esternare questo pensiero sul mio status sul social network.

Mai più. Lo prometto. Perchè poco fa l'ho cancellato, nauseata.
D'un colpo ho ricordato il motivo per cui ho abbandonato, dopo poco dal parto, tutti i forum mammeschi, e ho scoperto il valore dei blogs.

Pare che quando una donna ha partorito da poco, o sta per farlo, si senta in diritto (soprattutto quando non richiesto, nota bene: missionarie a tutti i costi dove non c'è bisogno di redenzione) di fare la dottoressa di turno e insegnarti dove hai sbagliato (te lo dice oggi per undici anni fa eh, nel caso in tutto questo tempo ti fossi persa qualcosa), bacchettarti perchè evidentemente ricordi male dato che "si fa così e cosà", farti capire che l'ostetrica che ti ha fatto il corso preparto non capiva una beata mà dato che secondo loro quello che ti ha spiegato è una marea di panzane (ave, o detentrici della verità e della scienza! Ma non eravate segretarie d'azienda, operaie, commesse, architetti, casalinghe, imprenditrici, maestre d'asilo? No? Tutte ostetriche?), renderti edotta sui nuovi metodi in uso (chi cappero se ne importa? Mio figlio sta per compiere undici anni, casomai ho bisogno di capire cos'è un preadolescente oggi e come si gestiscono i tornado ormonali che si avvicinano, e neanche tanto lentamente, non come si inducono le contrazioni o se è stata spostata in avanti o all'indietro l'età in cui è consigliata una amniocentesi...), perchè "prima di me e meglio di me, dopo Eva, non ha partorito nessuno mai".

Datevi una calmata.
Sul serio. Siate orgogliose della vostra maternità recente o imminente, ma finisca lì, che diventate pesanti. Vi do una notizia sconvolgente: prima di voi hanno partorito miliardi di donne, e miliardi partoriranno dopo di voi, e altrettanto bene. Fatevene una ragione.

Non solo.
Io scrivo sulla mia pagina (e quindi non su uno spazio appositamente creato per il confronto, ma solo per appuntare delle scemenze da condividere) che mio figlio è un Befano che si è fatto attendere per nove mesi e una settimana, e mi (ci, dai) ha fatto penare per 36 ore: singolare in tutto e per tutto, il Power, fin dall'inizio. Ergo: si mettono in coda una riga di contatti-mamme a raccontarmi i loro parti, la loro durata, il numero di urla che hanno cacciato.
No, scusate: chi ve l'ha chiesto?  Come se scrivessi "toh, questo viaggio è durato più a lungo del previsto, se questo è l'inizio chissà cosa mi riserva il soggiorno!", e di seguito tutti ad elencarmi gli orari delle loro partenze e dei loro arrivi, le fermate dei treni, quante sigarette si è fumato il tizio che era seduto accanto a loro, il disappunto perchè l'aria condizionata del vagone ristorante non funzionava...

Ora, io lo so che a volte ci prende una irrefrenabile voglia di raccontare le cose e non troviamo nessuno che abbia voglia di ascoltarle, e queste cose premono, premono, finchè appena appare qualcosa che sembra una fessura ci infiliamo tutto dentro a forza. Ma se la fessura è di forma triangolare e il nostro scatolone è un enorme, ingombrante e smisurato parallelepipedo, non passa. Sforza, graffia i bordi, ma non passa. Irrita solo. Punto. E siccome ho scoperto (pat pat) che ci sono cose che non ho voglia di far passare, e che ci sono donne (in questo caso, donne) che di trovare fessure per infilarci di prepotenza tutta la loro saccenza non vedono l'ora (e questo vizio certune non se lo scrolleranno MAI di dosso, rassegnamoci), cancello i post, sperando di volta in volta che mi serva di lezione per non iniziare a scriverli nemmeno.
Non si deve essere "social" a tutti i costi. E mi sto decidendo, su questo fronte, a fare un enorme passo indietro.

Ora, retorica a parte, sul serio: questo è il mio blog, e qui mi sento più a casa mia (l'anonimato in questo frangente, a parte per una manciata di persone che sanno chi è Mamigà, aiuta tantissimo), perciò lo posso dire con più scioltezza.
Quando penso alle ore di travaglio, a come si è svolto, all'ossitocina, all'epidurale (l'innominabile! Ma è un altro discorso), ai punti, a tutto quello che del mio parto è "contingente", ricordo tutto passo passo, ma non con orgoglio o con la consapevolezza di avere qualcosa da insegnare: lo ricordo come un evento straordinario che è stato l'inizio di due storie, quella del Power e la mia come genitore, come mamma. L'inizio di un cambiamento inesorabile, il ricordo della percezione della maternità che non si è attivata nel travaglio nè durante il parto ma solo qualche giorno dopo, perchè il primo pensiero che ho fatto quando mi hanno lasciata sola con lui in camera non è stato quello che mi avevano detto le nonne ("avvertirai un amore grande"), ma solo "e tu chi sei? Ti ho fatto io? E adesso?". Ho messo al mondo un esserino che per due o tre giorni avvertivo come un perfetto estraneo, un "coso" da accudire, e per il quale prendere da subito le decisioni necessarie; ricordo che dopo un po' ho chiesto all'infermiera se avessi potuto prenderlo in braccio, mi rispose "signora, è suo figlio, può fare quello che vuole": è stato come ricevere dell'acqua fredda sulla guancia, tanto che ho risposto qualcosa del tipo "ah si, è vero, ha ragione". Come se mi fossi svegliata di colpo, e non me ne vergogno. Deve aver pensato che non c'ero tanto con la testa, forse. Ma nella mia incoscienza, mentre partorivo, non pensavo al "dopo": avevo dimenticato tutti i pensieri fatti in nove mesi. So che per tante mamme è stato così.
Ma no: questo difficilmente te lo raccontano, perchè è più urgente sciorinare il numero di ore di travaglio, l'ora di inizio e l'ora della fine, il numero di monitor fatti, sciocchezze del genere. Che in realtà non interessano a nessuno al di fuori di chi le ha vissute.

Si, a distanza di undici anni li rivedo solo come numeri, nient'altro. Il tempo passa, e ai dati contingenti si da un significato diverso: nel nostro travaglio lunghissimo ci vedo i tempi lunghissimi del Power a maturare certi aspetti della sua crescita. Nel suo modo di uscire dal mio ventre (con i pugnetti davanti al viso anzichè sul torace, ecco perchè non riusciva ad incanalarsi facilmente) ci vedo quella sua ostinazione a voler guardare alle cose esclusivamente come decide lui, il suo rifiuto di accettare i punti di vista altrui a tutti i costi. Nel suo irrigidirsi come un pezzo di legno davanti al mio seno "particolare", rifiutandolo con tutte le forze nonostante l'instancabile ma vano aiuto delle ostetriche (una, in particolare, ricordo che esasperata esclamò "ma cos'è questo bambino? Mai vista tanta ostinazione in un neonato!), anzichè accoccolarsi a me e accettare il mio calore, ci vedo tutta la sua diffidenza di oggi nei rapporti con le persone nuove, i piedi di piombo con cui affronta le esperienze nuove, e la profonda e incontrollabile rabbia che gli monta quando qualcosa non va come lui si era prefissato. Quando penso alle misure che aveva quando è nato (53cm per 3.950 grammi) ci vedo le spalle da muratore e le pale che ha oggi al posto delle mani, la fronte larga, i piedi grandi, e spero e prego che impari ad usare spalle e mani nella maniera più buona e saggia possibile, come suo padre, come il suo nonno paterno, come i suoi bisnonni. Magari facendo il minor numero di danni possibile quando avrà l'età in cui tutti ne abbiamo fatti.

Ecco, quando penso a cosa accadeva undici anni fa, vedo questo. Vedo un anticipo di quello che è oggi. Solo questo. Non numeri o dati da elencare sotto ai post altrui. Di farlo, proprio non mi interessa. Lascio questo piacere agli altri. E se lo faranno ancora da me, con la maggior cortesia possibile farò entrare da un orecchio ed uscire dall'altro. Su questo, e lo dico molto serenamente, sono molto poco "social".

giovedì 1 gennaio 2015

Chi tricotta a capodanno... ripara danni

Tradizione di tante crafters vuole che ogni capodanno si inizi qualcosa di nuovo. Tradizione, peraltro, che rispetto da anni, e che fino a stamattina mi trovava in una situazione di impasse: non sapevo cosa fare. E iniziare qualcosa senza una ispirazione "vera", sentita, desiderata, non è da me: se faccio qualcosa "tanto per fare qualcosa", diventa matematicamente un UFO il giorno dopo (come se non bastassero gli UFO canonici).
Poi, stamattina, la necessità che viene in aiuto al vuoto mentale.

Giuro, volevo solo farlo asciugare in fretta. Ah, cos'era? Era il berretto di mio figlio, quello che ha perso e ritrovato a scuola tipo dieci volte in quattro anni (più l'ultimo anno di asilo), quello che ieri ho pensato "lo lavo, ha bisogno, tra un po' cammina da solo", quello che ieri sera ho voluto far asciugare sulla stufa "per fare prima così non sto a tirar fuori l'altro", quello che fino a ieri... aveva una forma e un colore. Anche adesso ha una forma e un colore, ma non più quelli che aveva ieri sera. Non lo so cosa è successo, la stufa troppo calda forse, l'acrilico stufo di lavorare, un tentativo di suicidio... Non ne ho idea. Ei fu un berretto.

E allora, dato che chi tricotta a capodanno tricotta tutto l'anno... al lavoro. Progetto nuovo, gomitoli nuovi che avevo comprato in più e quindi in avanzo da altri lavori, ferri sottobraccio e via.
Che noi non ci facciamo certo mettere in crisi da questi piccoli inconvenienti, anzi, ne traiamo ancora più ispirazione! ^_^
Auguri a tutte!