Più o meno a quest'ora, undici anni fa, rompevo le acque ed entravo in travaglio. Un travaglio di 36 ore. Interminabile.
Quello che provavo (la paura, la forza inaspettata che sentivo nascere dentro, la sensazione che il tempo non passasse mai, il dolore... e tutta una serie di altre cose che non ho voglia di elencare) è un bagaglio mio e mio soltanto, come ogni mamma custodisce il suo.
Al di là di questo, ho avuto la brillante idea, qualche ora fa, di esternare questo pensiero sul mio status sul social network.
Mai più. Lo prometto. Perchè poco fa l'ho cancellato, nauseata.
D'un colpo ho ricordato il motivo per cui ho abbandonato, dopo poco dal parto, tutti i forum mammeschi, e ho scoperto il valore dei blogs.
Pare che quando una donna ha partorito da poco, o sta per farlo, si senta in diritto (soprattutto quando non richiesto, nota bene: missionarie a tutti i costi dove non c'è bisogno di redenzione) di fare la dottoressa di turno e insegnarti dove hai sbagliato (te lo dice oggi per undici anni fa eh, nel caso in tutto questo tempo ti fossi persa qualcosa), bacchettarti perchè evidentemente ricordi male dato che
"si fa così e cosà", farti capire che l'ostetrica che ti ha fatto il corso preparto non capiva una beata mà dato che secondo loro quello che ti ha spiegato è una marea di panzane (ave, o detentrici della verità e della scienza! Ma non eravate segretarie d'azienda, operaie, commesse, architetti, casalinghe, imprenditrici, maestre d'asilo? No? Tutte ostetriche?), renderti edotta sui nuovi metodi in uso (chi cappero se ne importa? Mio figlio sta per compiere undici anni, casomai ho bisogno di capire cos'è un preadolescente oggi e come si gestiscono i tornado ormonali che si avvicinano, e neanche tanto lentamente, non come si inducono le contrazioni o se è stata spostata in avanti o all'indietro l'età in cui è consigliata una amniocentesi...), perchè
"prima di me e meglio di me, dopo Eva, non ha partorito nessuno mai".
Datevi una calmata.
Sul serio. Siate orgogliose della vostra maternità recente o imminente, ma finisca lì, che diventate pesanti. Vi do una notizia sconvolgente: prima di voi hanno partorito miliardi di donne, e miliardi partoriranno dopo di voi, e altrettanto bene. Fatevene una ragione.
Non solo.
Io scrivo sulla mia pagina (e quindi non su uno spazio appositamente creato per il confronto, ma solo per appuntare delle scemenze da condividere) che mio figlio è un Befano che si è fatto attendere per nove mesi e una settimana, e mi (ci, dai) ha fatto penare per 36 ore: singolare in tutto e per tutto, il Power, fin dall'inizio. Ergo: si mettono in coda una riga di contatti-mamme a raccontarmi i loro parti, la loro durata, il numero di urla che hanno cacciato.
No, scusate: chi ve l'ha chiesto? Come se scrivessi
"toh, questo viaggio è durato più a lungo del previsto, se questo è l'inizio chissà cosa mi riserva il soggiorno!", e di seguito tutti ad elencarmi gli orari delle loro partenze e dei loro arrivi, le fermate dei treni, quante sigarette si è fumato il tizio che era seduto accanto a loro, il disappunto perchè l'aria condizionata del vagone ristorante non funzionava...
Ora, io lo so che a volte ci prende una irrefrenabile voglia di raccontare le cose e non troviamo nessuno che abbia voglia di ascoltarle, e queste cose premono, premono, finchè appena appare qualcosa che sembra una fessura ci infiliamo tutto dentro a forza. Ma se la fessura è di forma triangolare e il nostro scatolone è un enorme, ingombrante e smisurato parallelepipedo, non passa. Sforza, graffia i bordi, ma non passa. Irrita solo. Punto. E siccome ho scoperto (pat pat) che ci sono cose che non ho voglia di far passare, e che ci sono donne (in questo caso, donne) che di trovare fessure per infilarci di prepotenza tutta la loro saccenza non vedono l'ora (e questo vizio certune non se lo scrolleranno MAI di dosso, rassegnamoci), cancello i post, sperando di volta in volta che mi serva di lezione per non iniziare a scriverli nemmeno.
Non si deve essere "social" a tutti i costi. E mi sto decidendo, su questo fronte, a fare un enorme passo indietro.
Ora, retorica a parte, sul serio: questo è il mio blog, e qui mi sento più a casa mia (l'anonimato in questo frangente, a parte per una manciata di persone che sanno chi è Mamigà, aiuta tantissimo), perciò lo posso dire con più scioltezza.
Quando penso alle ore di travaglio, a come si è svolto, all'ossitocina, all'epidurale (l'innominabile! Ma è un altro discorso), ai punti, a tutto quello che del mio parto è "contingente", ricordo tutto passo passo, ma non con orgoglio o con la consapevolezza di avere qualcosa da insegnare: lo ricordo come un evento straordinario che è stato l'inizio di due storie, quella del Power e la mia come genitore, come mamma. L'inizio di un cambiamento inesorabile, il ricordo della percezione della maternità che non si è attivata nel travaglio nè durante il parto ma solo qualche giorno dopo, perchè il primo pensiero che ho fatto quando mi hanno lasciata sola con lui in camera non è stato quello che mi avevano detto le nonne (
"avvertirai un amore grande"), ma solo
"e tu chi sei? Ti ho fatto io? E adesso?". Ho messo al mondo un esserino che per due o tre giorni avvertivo come un perfetto estraneo, un "coso" da accudire, e per il quale prendere da subito le decisioni necessarie; ricordo che dopo un po' ho chiesto all'infermiera se avessi potuto prenderlo in braccio, mi rispose
"signora, è suo figlio, può fare quello che vuole": è stato come ricevere dell'acqua fredda sulla guancia, tanto che ho risposto qualcosa del tipo "ah si, è vero, ha ragione". Come se mi fossi svegliata di colpo, e non me ne vergogno. Deve aver pensato che non c'ero tanto con la testa, forse. Ma nella mia incoscienza, mentre partorivo, non pensavo al "dopo": avevo dimenticato tutti i pensieri fatti in nove mesi. So che per tante mamme è stato così.
Ma no: questo difficilmente te lo raccontano, perchè è più urgente sciorinare il numero di ore di travaglio, l'ora di inizio e l'ora della fine, il numero di monitor fatti, sciocchezze del genere. Che in realtà non interessano a nessuno al di fuori di chi le ha vissute.
Si, a distanza di undici anni li rivedo solo come numeri, nient'altro. Il tempo passa, e ai dati contingenti si da un significato diverso: nel nostro travaglio lunghissimo ci vedo i tempi lunghissimi del Power a maturare certi aspetti della sua crescita. Nel suo modo di uscire dal mio ventre (con i pugnetti davanti al viso anzichè sul torace, ecco perchè non riusciva ad incanalarsi facilmente) ci vedo quella sua ostinazione a voler guardare alle cose esclusivamente come decide lui, il suo rifiuto di accettare i punti di vista altrui a tutti i costi. Nel suo irrigidirsi come un pezzo di legno davanti al mio seno "particolare", rifiutandolo con tutte le forze nonostante l'instancabile ma vano aiuto delle ostetriche (una, in particolare, ricordo che esasperata esclamò "ma cos'è questo bambino? Mai vista tanta ostinazione in un neonato!), anzichè accoccolarsi a me e accettare il mio calore, ci vedo tutta la sua diffidenza di oggi nei rapporti con le persone nuove, i piedi di piombo con cui affronta le esperienze nuove, e la profonda e incontrollabile rabbia che gli monta quando qualcosa non va come lui si era prefissato. Quando penso alle misure che aveva quando è nato (53cm per 3.950 grammi) ci vedo le spalle da muratore e le pale che ha oggi al posto delle mani, la fronte larga, i piedi grandi, e spero e prego che impari ad usare spalle e mani nella maniera più buona e saggia possibile, come suo padre, come il suo nonno paterno, come i suoi bisnonni. Magari facendo il minor numero di danni possibile quando avrà l'età in cui tutti ne abbiamo fatti.
Ecco, quando penso a cosa accadeva undici anni fa, vedo questo. Vedo un anticipo di quello che è oggi. Solo questo. Non numeri o dati da elencare sotto ai post altrui. Di farlo, proprio non mi interessa. Lascio questo piacere agli altri. E se lo faranno ancora da me, con la maggior cortesia possibile farò entrare da un orecchio ed uscire dall'altro. Su questo, e lo dico molto serenamente, sono molto poco "social".