Non è facile riassumere tutto quello che è accaduto in questi due mesi in un post di una lunghezza accettabile. E per "accettabile" intendo "che non faccia crollare dal sonno dopo le prime venti o trenta righe". Ma ci provo.
Dove ero rimasta?Alla seconda chemio, mi pare. Dunque.
E' andata la terza ritardata di una settimana a causa della neutropenia, con il corredo di fattori di crescita fatti in via preventiva a casa (da sola, sur panza) dopo 72 ore, il dolore osseo e muscolare che ne è derivato, la febbre, la forte nausea, l'incalzare deciso dell'onicomicosi (fa abbastanza senso), l'astenia, tutto l'ambaradan previsto e gestito come da protocollo.
E' andata la quarta. La quarta chemio mi ha portato un inizio di linfedema alla mano sinistra, oltre al resto del pacchetto. Ma anche questa la sto gestendo bene. Ah si, mi sono anche gonfiata leggermente a causa del cortisone, tre chili, niente a confronto degli oltre venti accumulati nel 2010. Ma mi ha portato anche una conoscenza simpatica in stanza, su cui non voglio soffermarmi qui per la delicatezza della situazione che la coinvolge e ci coinvolge. Insomma, ciao ciao lettino, ciao ciao pompa per l'infusione, ciao ciao boccioni di veleno, è stato (non) bello finchè è durato, ma ora basta.
E adesso?
Già, me lo sto chiedendo da giorni... E adesso?
Faccio qualche passo indietro. Prima della terza chemio ho rifatto la visita radioterapica. Pare che nel mio caso, visto l'istologico particolarmente nefasto derivato dalla polpetta tolta lo scorso 24 ottobre, ci sia indicazione a fare radioterapia anche sulla parete toracica. Ma per farlo bisogna togliere l'espansore. E togliere anche tutta la fetta di pelle attorno alla cicatrice già esistente, perchè sempre dall'istologico risulta che i margini di resezione non erano puliti, fortunatamente (perchè si, guardiamo il lato meno peggiore della cosa) dalla parte della cute. Il che significa portarmi mezzo torace, come ha detto ieri mia nonna per telefono, "a piatto". E quindi protesi esterna, la pallotta da infilare nel reggiseno in poche parole. E quindi, ancora, ricostruzione più in là con lembo addominale.
Sono sincera: sul momento non l'ho presa bene. Ma siccome "indicazione" non significa " sei obbligata a farla", mi sono presa un po' di tempo per pensarci su, con riserva di dire "si" o "no" dopo un paio di settimane. In quelle due settimane ho letto tanto, mi sono confrontata con altre donne di un gruppo Facebook in cui sono iscritta da qualche mese (solo donne giovani con tumore al seno, l'unico gruppo a tema in cui finora mi trovo abbastanza bene), mica potevo dire "si, mutilatemi di nuovo" senza pensarci due nanosecondi, la pellaccia è mia e prima di autografare un consenso fammici raccapezzare; ho fatto una lunga chiacchierata con una mia amica (reale) che ha fatto più o meno lo stesso mio percorso cinque anni fa ma si è rifiutata di fare la radioterapia, e mi ha esposto tutta una lunghissima teoria che ha tirato giù da non so dove che, in soldoni, dimostra che la radio non alza la probabilità di sopravvivenza di sto granchè. "In oncologia mi detestano per questa cosa, sai... perchè sono uscita dai loro protocolli". E ok, ho pensato, sono scelte... sono punti di vista, sono pippe mentali, sono boh, ma se ero lì lì per rifiutare la radio non è per queste motivazioni, ma perchè l'idea di togliere l'espansore mi faceva orrore. Cavolo, ho sofferto tanto per accettarlo, sia dentro sia fuori. Cacchio se è stato doloroso. Quel senso di oppressione fortissimo al torace delle prime settimane, quelle crisi di ansia domate a colpi di di ansiolitici, tisane di malva e camomilla, e di "è tutto normale, è tutto transitorio, il chirurgo ha detto che è tutto a posto", il percorso che ormai vedevo davanti ben delineato, tanto impegnativo quanto risolutivo e in tempi che avevo ormai accettato, buttare via tutto? Per cosa? Per uno "zero virgola acchiappalo"?
Per sopravvivere. Perchè, e ci sono arrivata in seguito ad una chiacchierata col mio (sant'uomo) medico di base, una recidiva mutata (se lo è, perchè non si capisce ancora se sia questo o un tumore novo, e credo che non lo sapremo mai) non ha gli stessi rischi di un tumore primario, ma sono moltiplicati. Tanto più se ha "camminato" così velocemente e ha un istologico che non ha nulla a che vedere con quello del tumore precedente: un triplo negativo è una parrocchia diversa da quella di un ormonale, e io l'ho sempre saputo dato che il primo tumore di mia madre lo era, tanto più che ho il vizio di voler sapere tutto, e chiedo, e cerco, e parlo. Ma non so perchè, è un dato che nella mia testa non si vuole fissare. La prognosi, se non si agisce con criterio, cambia decisamente, e non in meglio. Ma il mio medico me lo ha detto in un modo così familiare che mi ha fatto, non so come, tornare la testa dove deve stare, cioè sopra al collo. Sam è meglio di una flebo di neuroni. Ho visto la strada più chiara dopo aver parlato con lui, e ho firmato, due settimane fa, il consenso.
E che sarà mai avere una tetta da rimettere sul comodino la sera? Io sono quella che si sente pheega anche col foulard, che non nasconde la malattia a nessuno perchè è convinta che il valore di una donna non sta nè nei capelli nè nel numero di figli che fa (o che non fa), ho tolto utero ed ovaie e mi sono ripresa psicologicamente in tempi che non avrei mai pensato, avrò un seno tascabile per un po' di tempo, non sarà la fine del mondo. La sofferenza che ho già passato? Me ne farò una ragione, sarà servita a qualcosa, non lo so, ogni tanto me lo chiedo e mi rispondo dopo poco che chissà, magari lo scoprirò più avanti. Perchè io ho questa strampalata convinzione che tutto serva a costruire qualcosa, anche se non nell'immediato, perciò aspetterò. Di nuovo.
Passate le tre settimane per smaltire l'ultima chemio sono tornata, come previsto, in forze. Ho impiegato qualche giorno in più a dire il vero, ma l'effetto accumulo fa il suo lavoro, perciò non mi sono spaventata, bensì ho assecondato il mio corpo, e ora sto davvero bene. Ho ripreso la mia vita di sempre o quasi, mi stanco ancora molto facilmente, ma non è fortunatamente un gran problema: ogni tanto mi fermo, poi riparto. La scorsa settimana sono tornata anche a fare la spesa "grande", quella che faccio ogni circa otto giorni e che mi tiene fuori una mattinata intera a girare tra due supermercati e un discount a 15 chilometri da qui, e da qualche giorno ho ricominciato anche a cucinare "da cristiani " (sempre come dice la nonna) come facevo prima. Due settimane fa sono risalita anche in bicicletta, niente di che, un giretto con mio figlio fino in piazza e a seguire a votare, mi è parso di scalare una montagna, ma in cima ci sono arrivata. Non pare vero di sentire di nuovo la terra sotto ai piedi.
Piano piano tutto torna a posto. Il naso non sanguina più, non sento più l'odore delle gallette di riso della colazione di mio marito fino al piano di sopra (che per settimane mi ha ribaltato lo stomaco non si può capire quanto), non mi danno più nausea gli odori dei saponi nè mi fanno venire il vomito i sapori delle verdure e dei sughi. La pelle sta perdendo il grigiore e le macchie sul viso vanno via via schiarendosi, le unghie hanno ancora la micosi, il sole non mi fa più venire le chiazze rosse su viso e mani, il dolore alle articolazioni è di nuovo quello ormai famigliare dell'artrite e non la bastonata di Neulasta.
Capelli ancora non ne ho. Ma da qualche giorno il colore della calotta è tornato grigio, finalmente, e mi sto riempiendo di una discreta peluria fina fina, quasi invisibile, chiara, che si sente quando si passa la mano sulla testa. Tutto normale, tutto come avevo previsto, tutto secondo i tempi di otto anni fa, tutto sotto controllo.
Quasi.
Perchè quello che sta succedendo "dentro", quello che non vedo, non sta filando proprio liscio.
A tre settimane esatte dall'ultima infusione ho anche iniziato, così, subito, di botto, i controlli. Prelievo di sangue con i markers, ECG, TAC, scintigrafia ossea, vediamo un po' se i drink hanno fatto il loro lavoro, và. E già che ci siamo infiliamoci il prericovero, facciamo le cose vit vit, che il tempo, in oncologia, ha un peso che in altri reparti per fortuna no.
E quindi... Un marker è fuori limite di un bel po'. E io non ci avrei dato nemmeno peso (esperienza e letteratura insegnano che i marcatori tumorali possono indicare una quantità di altre cose oltre alla malattia oncologica, si alterano molto più facilmente per un raffreddore) se non me lo avesse fatto notare con aria seriosa l'oncologo.
Poi è arrivata la TAC, che ho portato in visione sapendo di dover tornare in un secondo momento per una visita. Ma la visita me l'hanno voluta fare subito, appena l'oncologo ha dato una guardata al referto. Mi ha fatto attendere in sala d'attesa un quarto d'ora per visionare bene il CD, e mi è venuto a prendere per portarmi subito in ambulatorio.
Odio quegli sguardi seriosi. Odio quando dice "dobbiamo parlare", odio quando mi appoggia la mano sulla spalla e mi cammina a fianco senza precedermi, perchè ormai conosco quel modo di fare che non porta niente di rassicurante. Anzi, si, una certezza la porta, ed è quella che c'è un problema. Sempre. Ormai lui, quando c'è lui, certe parole con me non le usa nemmeno più. Gli basta guardarmi in quel certo modo, e le parole gliele metto in bocca io. Come il 9 ottobre scorso, quando è venuto a prendermi in sala d'attesa e prima che aprisse bocca gli ho detto sottovoce "guarda che so. Se fosse stato negativo avrei ritirato l'istologico al CUP, come per la nocciolina al seno destro dell'anno scorso". Stavolta sono bastati tre "no" con le gambe che tremavano e una richiesta di consenso a poter dire "merda", ovviamente accordata. Il resto me lo ha spiegato lui, seduto vicino a me, non dietro la scrivania. Credo che fosse davvero sinceramente dispiaciuto.
Fine dei preamboli. La TAC vede lesioni ossee. Tante, piccole e diffuse, e delle concentrazioni intense alla base di una vertebra cervicale, su una vertebra dorsale, e sull'ala iliaca destra. Avallate dal marker stronzo. Lo sapete che "lesioni" in oncologia non vuol dire "rotture" ma un'altra cosa, vero?
Il giorno dopo è arrivato l'esito della scintigrafia, che invece non vede assolutamente nulla. L'esito è arrivato direttamente al chirurgo (aveva chiesto l'esame in regime di prericovero, perciò non l'ho ritirato io), che l'ha subito passato all'oncologo. E l'oncologo mi ha chiamato alle 5 del pomeriggio di venerdì scorso per dirmelo.
E quindi? E' metastasi o non lo è?
Mercoledì, l'altro ieri, gli oncologi si sono consultati con il medico di medicina nucleare e con i radiologi che hanno refertato la TAC, e hanno giustamente concluso che è necessario un ulteriore esame per capirci qualcosa: mi fisseranno una PET in tempi il più brevi possibili, entro due settimane. L'oncologo mi ha anticipato che, se la PET dovesse confermare la sua diagnosi (metastasi ossee), ci sarà da valutare un percorso di radioterapia o, in alternativa, ancora chemioterapia, ma di un altro tipo, meno pesante di quella fatta finora. Nel frattempo l'intervento al seno è rimandato per la terza volta.
Ho pianto tanto nei giorni scorsi. In silenzio e da sola, per non farmi vedere dal Power che sta preparando gli esami di terza e non voglio che abbia un altro peso inutile addosso, perchè ne ha già a sufficienza. Ho pianto di paura. Ho pianto di senso di fragilità, di insicurezza, di ansia. Mi sento di nuovo mancare la terra sotto ai piedi. Ho chiuso i rubinetti delle condivisioni, della socializzazione, del sorriso forzato, per giorni. Ho spedito a quel paese l'ottimismo e il pensiero positivo. Al diavolo, non si può essere sempre carichi ed energici. Non si può essere sempre l'immagine della combattività. Non si può sempre tollerare i "andrà tutto bene" detti da chi non ha la sfera magica in mano, tantomeno i "non fasciarti la testa" da chi non ha alba di cosa significhi entrare in tunnel come questo, non ha mai messo piede in un reparto di oncologia, non ha mai giocato a briscola con la morte.
Di nuovo ho cercato informazioni. Ho letto di metastasi ossee ma anche di storie di remissione, di cronicizzazione, di terapie meno violente della chemio fatta finora. Ho iniziato ad attaccarmi con foga al lavoro domestico, che si, ne ho di arretrato finchè si vuole (tre mesi affidando la casa a marito e figlio hanno lasciato i loro inevitabili strascichi), ma lo sto svolgendo con smania, per non pensare. Non ho granchè voglia di parlare con chiunque. Qualche giorno fa è stata qui mia madre col solito pacchetto di pettegolezzi famigliari (è stata ad una cerimonia in isola per una intera giornata dopo tre anni di assenza), di istinto dopo la terza sciocchezza riguardante gli affari degli altri ho sbottato, e di cattiveria le ho chiuso la bocca. Subito mi sono scusata. Ma non ho proprio voglia di sentire niente che non sia mirato esclusivamente a tirarmi su. Chiudo le orecchie e la testa. Non ce la faccio a fare diversamente. Tanto più che sono quasi sempre sola, visto che mia suocera è in ospedale e mio marito, tra lavoro e lei, è preso altrove. Vorrei solo belle notizie, belle novità, qualsiasi cosa che possa farmi ridere, o anche piangere ma di contentezza, anche cose che non mi riguardano, ma buone.
Perchè è di nuovo attesa, ed attesa pesantissima. Nel mentre spero fortemente in un'avaria del macchinario della TAC (non della scinti, please) e un errore di calcolo dei valori dei markers. Magari mi va dritta.