Le date che ti si tatuano in testa: nove ottobre, un anno fa è
arrivata la seconda legnata sulla schiena. In realtà è arrivata
settimane prima, quando l'oncologo dopo cicli inutili di antibiotici e
antinfiammatori si è impuntato per farmi fare una biopsia, contro il
parere della radiologa. Ci sono arrivata in quei giorni. Che certe cose,
con l'esperienza, le capisci oltre le parole dette.
Ma un anno fa è arrivato nero su bianco. E non ho pianto quel giorno, perchè ho pianto i
giorni precedenti. Ho pianto quando al telefono mi hanno comunicato che
anzichè ritirare il referto della biopsia al CUP (come feci per i
fibroadenomi e i granulomi tempo addietro) me lo avrebbe consegnato
l'oncologo. La prassi, quella è. Entrai in ambulatorio dicendogli "non
serve che mi dici, già so. Dimmi solo come procedo stavolta".
- "Come fai a saperlo? Chi te lo ha detto?"
- "Doctor, sono otto anni che ci conosciamo. Tra me e mia madre è la
quarta volta che entro qui dentro seguendo la stessa identica prassi.
Vai avanti, salta la parte "c'è un tumore", ti risparmio l'imbarazzo".
Diventò rosso in viso. Povero, mi mette una tenerezza. Forse avrei dovuto
andarci io più cauta. Deve essere difficile anche per loro. Per i
medici.
Ragazze belle, oggi
ha telefonato l'ospedale. Dopodomani all'una inizio i miei nuovi 25 avanti-e-indietro a farmi illuminare di
immenso solo dove avevo le metastasi. Per la parete toracica speriamo e
preghiamo solo che chirurgia e chemioterapia siano stati sufficienti a
quadrettargli le chiappe definitivamente, a sto secondo schifo che si
era pure montato la testa. La scorsa settimana, come ho anticipato nel video, ho dovuto rifare la TAC di centratura. Cerco di spiegarlo con parole semplici, ovviamente non sono un tecnico. Quella che ho fatto la settimana prima ha rilevato un problema sulla parete toracica, appunto: è troppo sottile, irradiandola nella migliore delle ipotesi provocherebbero una polmonite attinica, nella peggiore un buco sul polmone (dove peraltro c'è già anche la cicatrice post-attinica della radioterapia del 2010, lunga in verticale, e già lì devono fare - hanno detto - i salti mortali per non "prenderla" durante l'irraggiamento della metastasi sovraclaveare). Durante la TAC di venerdì scorso hanno tentato di sopperire alla mancanza di spessore applicando sulla pelle una specie di placca in silicone alta circa mezzo centimetro. Ma il problema permane, perchè non essendo piatta sul torace ma scavata (mi hanno tolto anche una parte del muscolo pettorale) la placca non aderisce, e sembra che questo cuscinetto d'aria non permetta al fascio di radiazioni di arrivare all'obiettivo nella maniera corretta.
Quando me lo hanno comunicato, durante il colloquio che è seguito immediatamente dopo in ambulatorio, non l'ho proprio presa benissimo. Mi dà sempre parecchio fastidio quando i medici cercano di arrivare al centro dei discorsi facendo il giro dell'oca, anche se capisco che lo fanno per cercare di spiegare bene le motivazioni che li spingono a prendere determinate decisioni (non tutti, dico la verità: chi ti butta lì la sentenza senza darti la possibilità di prendere parola o chiedere spiegazioni, perchè tanto "tu comune mortale devi solo adeguarti senza far perdere tempo che tanto non capisci" c'è ancora, e sono tanti). E infatti a un certo punto la dottoressa (gentilissima e disponibilissima, quel che c'è da dire va detto) l'ho fermata io, chiedendole se in sostanza ho tolto l'espansore per niente.
-Si... no... mah... l'intervento andava fatto comunque, andava tolto il lembo di pelle... già che c'erano i chirurghi hanno scavato ulteriormente... sa signora, era recidiva, era mastite carcinomatosa, era molto vasto, le metastasi, il triplo negativo, la prudenza, questo e quello...
-Lei mi aveva detto che irradiando la parete toracica avrei avuto le costole fragili come grissini, sarei stata soggetta a fratture spontanee, a necrosi ossea... Che comunque il gioco valeva la candela... Niente più di tutto questo? Solo ustione, aumento del rischio di linfedema al braccio e problemi temporanei alla gola, quindi?
-Si signora, sarà così.
Ho respirato a fondo. Ho deglutito saliva inesistente. Ho realizzato in una frazione di secondo che ormai arrabbiarsi non aveva senso, che in fondo era un seno, solo un seno, non un occhio o un rene. Questo è il lato positivo di passarci per la seconda volta riuscendo nonostante tutto, con la più alta probabilità possibile per il mio tipo di tumore, a sfangarla: diventa tutto relativo. Basta sfangarla.
- E tant'è dottoressa, non importa, ormai è fatta. Va bene anche così. Serenamente, le assicuro.
E certo. Facciamola andare bene. L'obiettivo non è riavere una tetta. Non lo è più, non mi importa più niente. Non mi cambia la vita. Mi importa uscire da questa cosa ed uscirne definitivamente.
E quindi sotto, avanti coi carri, anzi, con la mia Peugeottina color zucca. Anzi, è il caso che domattina le faccia il pieno