... l'epilogo della scoperta archeologica dei fazzoletti di carta.
Stesso giorno, ora di pranzo, tra un boccone di bistecca e due di verdura.
Si chiacchiera.
La prendo larga. Vediamo se ci arriva da sè.
-More, toglimi una curiosità.
Testa bassa, occhi sul piatto, bocca intenta a masticare.
-(Gnm...) dimmi...
-A scuola avete già studiato l'importanza del rispetto per l'ambiente, come si fa la raccolta differenziata, i tempi di decomposizione dei rifiuti...?
Senza alzare gli occhi dal piatto.
-Certo! (gnam) mmma mtanto gnm tempo fa mumgnum (glom) tipo in terza, forse in seconda...
-E ti ricordi per caso qualcosa? Tipo quanto impiegano i vari oggetti a decomporsi...
Mi guarda distrattamente un secondo, poi inforca un'altra porzione di verdura e la porta vicino al viso e torna ad abbassare gli occhi per controllare quanta roba ci sia ancora nel piatto.
-Mah, poca roba... Mi sembra che il vetro non sparisca mai, le lattine ci mettono qualche anno, le bucce della frutta qualche settimana o forse meno...
Adesso affondo.
-E i fazzoletti di carta, per esempio?
Alza la testa di colpo e abbassa la forchetta. Sbarra gli occhi e mi fissa. Gli si drizzano perfino i capelli sulla testa. Ma la voce rimane bassa.
-Perchèmelochiedi???
Mi alzo sorridendo e gli faccio segno di alzarsi. Molto gentilmente gli chiedo...
-Vieni con me un momento.
-Dove???
-Vieni.
Si alza, lentamente ci dirigiamo verso le scale, non mi toglie lo sguardo di dosso. E scandisce sottovoce...
-Non avrai mica scoperto...
Allargo un sorriso da un orecchio all'altro.
-Cosa?
Adesso il sorriso lo allarga lui, ma tenta di nascondere la faccia (nel frattempo diventata color papavero) sotto l'ascella.
-I fazzoletti. Hai scoperto il mucchio di fazzoletti. So già quello che stai per dirmi, vado su e tiro fuori tutto. Dammi un sacchettino.
-Toglimi solo una curiosità, prima: quanto pensavi di lasciarli lì? Perchè non mi dirai che li hai fatti su tutti stanotte. Come pensavi si risolvesse la cosa? Tipo che si consumassero da soli, o che da soli uno alla volta se ne andassero verso il bidoncino del bagno, che so, volando o camminando? Tanto lo sapevi che non avrei pulito io, no? E' questione di principio. Sono i patti.
-Vado, vado...
E sale le scale a testa bassa e piede spedito.
-Ma una risposta, no?
-Pulisco in fretta mamma. Dammi cinque minuti.
Rimane e rimarrà un mistero.
Nel mentre il Gatto Alfa è dovuto uscire per non farsi sentire mentre sbaccanava dal ridere.
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lunedì 27 aprile 2015
sabato 25 aprile 2015
I colloqui e la mamma che fa outing
-Che è quel muso?
-Niente.
-Vieni a mangiare almeno.
-No. Non ho fame. Voglio starmene sul divano fino a stasera. Non voglio mangiare nè vedere nessuno. Non voglio nemmeno andare al coro.
-Se non vuoi andare nemmeno al coro è grave. Che è successo a scuola? Hai litigato con qualcuno? Hai preso una nota? Un brutto voto? C'è qualcosa che dovrei sapere?
-Ma no, è che...
Silenzio.
-C'è un avviso sul libretto.
-I colloqui? Quando?
-Giusto. Mercoledì prossimo.
-Ah. Beh, sono sempre in questo periodo... ma non dovresti preoccuparti, i voti sono buoni, il comportamento è migliorato, note di recente non ne hai prese, gli insegnanti quest'anno non mi hanno mai fermato all'uscita della scuola con le mani sui fianchi...
-Si, ne ho prese tre di note prima di Natale.
-More, per quelle le ho già sentite con i primi colloqui. Poi però non ne sono arrivate altre, no?
Silenzio.
E poi esordisce con voce alta e tono piagnucoloso.
-MAMMA ODIO I COLLOQUI! Mi mettono ansia! Viene sempre fuori qualcosa che non ho messo in conto, e il maestro mi detesta e io detesto lui!
E stavolta glie l'ho detto. Inutile fare la parte. Tant'è, mi sono spogliata. Ormai è grande, e che la mamma è imperfetta prima o poi lo deve sapere.
-More, non ti preoccupare. Li odio anch'io. Credimi. Tanto più che è una di quelle sessioni di colloqui che devo fare da sola, senza papà. Facciamoci coraggio con una bella tazza di panna montata e sciroppo di amarene, e pucciamoci dentro anche due biscotti. Alla faccia dello sconforto e della dieta.
-Niente.
-Vieni a mangiare almeno.
-No. Non ho fame. Voglio starmene sul divano fino a stasera. Non voglio mangiare nè vedere nessuno. Non voglio nemmeno andare al coro.
-Se non vuoi andare nemmeno al coro è grave. Che è successo a scuola? Hai litigato con qualcuno? Hai preso una nota? Un brutto voto? C'è qualcosa che dovrei sapere?
-Ma no, è che...
Silenzio.
-C'è un avviso sul libretto.
-I colloqui? Quando?
-Giusto. Mercoledì prossimo.
-Ah. Beh, sono sempre in questo periodo... ma non dovresti preoccuparti, i voti sono buoni, il comportamento è migliorato, note di recente non ne hai prese, gli insegnanti quest'anno non mi hanno mai fermato all'uscita della scuola con le mani sui fianchi...
-Si, ne ho prese tre di note prima di Natale.
-More, per quelle le ho già sentite con i primi colloqui. Poi però non ne sono arrivate altre, no?
Silenzio.
E poi esordisce con voce alta e tono piagnucoloso.
-MAMMA ODIO I COLLOQUI! Mi mettono ansia! Viene sempre fuori qualcosa che non ho messo in conto, e il maestro mi detesta e io detesto lui!
E stavolta glie l'ho detto. Inutile fare la parte. Tant'è, mi sono spogliata. Ormai è grande, e che la mamma è imperfetta prima o poi lo deve sapere.
-More, non ti preoccupare. Li odio anch'io. Credimi. Tanto più che è una di quelle sessioni di colloqui che devo fare da sola, senza papà. Facciamoci coraggio con una bella tazza di panna montata e sciroppo di amarene, e pucciamoci dentro anche due biscotti. Alla faccia dello sconforto e della dieta.
venerdì 6 marzo 2015
Biodegradabilità
Ho letto che un fazzoletto di carta, per decomporsi, impiega circa tre mesi. Ovviamente in natura, ossia gettato nel terreno.
Gettato nella stufa, come per tutto l'inverno usiamo fare noi, sparisce in una manciata di secondi.
Lasciato in casa non saprei, ma l'arcano sta per essere svelato da qualcuno che, presuppongo, ci stia facendo dei seri studi. In segreto, si capisce.
Perchè succede che stamattina, nel sistemare il letto del Power, io abbia come sempre spostato il comodino per "tirare in qua" il materasso e agevolarmi l'operazione. E succede che mi sia caduto l'occhio su qualcosa di bianco che spuntava da dietro alla testiera. Nota: tra la testiera del letto e il muro c'è uno spazio largo non più di due, forse tre centimetri.
Siccome il Power nei giorni scorsi ha avuto un discreto raffreddore, ho pensato "toh, guarda che bravo, almeno di notte non bisogna stargli a ripetere di soffiarsi il naso, si arrangia da sè. Vedi un po' che ha capito che sta meglio perdendo tempo per soffiarselo anzichè stare a tirar su".
Certo, di notte se lo soffia eccome. Ma io da anni ho perso la naturale propensione di ogni madre a svegliarsi ad ogni respiro in più del pargolo anche se sta in camera sua con la porta chiusa, io la notte sono proprio in coma.
C'è che nell'andare a rimuovere quel fazzoletto che avevo dato per "caduto lì casualmente", ho fatto una scoperta che neanche gli archeologi a Il Cairo.
E non datemi della zozzona per non essermene accorta prima, perchè non credo che voi, casalinghe sicuramente anche più brave di me, andiate a spostare i letti tutti i giorni per pulirci dietro. Tanto più che le pulizie di fondo in cameretta, da tanto tempo, il Power ha il sacrosanto compito di farsele da sè il sabato mattina. E' questione di principio. Tant'è che da quando gli ho affibbiato questa incombenza, magicamente la scrivania ha smesso di essere un campo di battaglia, ossia tutti i giorni è possibile vedere il ripiano di legno non più ricoperto dalla succursale della discarica comunale. Anvedi che quando le pulizie toccano a te e devi perderci del tempo, la musica cambia...
Questa dei fazzoletti, però, mi sa tanto da tentativo di furbata. Non ho rimosso nulla. Oggi, a pranzo, voglio tentare di capire se nella sua mente contorta certe cose, a forza di ignorarle, si sistemano da sole (come le cinque paia di calzini sporchi che ho trovato giorni fa aprendo il cassetto del suddetto comodino, su cui peraltro avrei avuto il veto di apertura - ma se non lo avessi aperto, giuro, casualmente, oggi si sarebbe buttato da solo nel cestone dei panni da lavare), se intendesse accumulare il malloppo per smaltirlo in una unica soluzione questo sabato (domani), o se alla base c'è un serio studio sulla biodegradabilità dei vari tipi di rifiuti.
Per me è essenziale. Solo per capire se questo studio riguarda solo materiali inerti. Non si sa mica mai...
Gettato nella stufa, come per tutto l'inverno usiamo fare noi, sparisce in una manciata di secondi.
Lasciato in casa non saprei, ma l'arcano sta per essere svelato da qualcuno che, presuppongo, ci stia facendo dei seri studi. In segreto, si capisce.
Perchè succede che stamattina, nel sistemare il letto del Power, io abbia come sempre spostato il comodino per "tirare in qua" il materasso e agevolarmi l'operazione. E succede che mi sia caduto l'occhio su qualcosa di bianco che spuntava da dietro alla testiera. Nota: tra la testiera del letto e il muro c'è uno spazio largo non più di due, forse tre centimetri.
Siccome il Power nei giorni scorsi ha avuto un discreto raffreddore, ho pensato "toh, guarda che bravo, almeno di notte non bisogna stargli a ripetere di soffiarsi il naso, si arrangia da sè. Vedi un po' che ha capito che sta meglio perdendo tempo per soffiarselo anzichè stare a tirar su".
Certo, di notte se lo soffia eccome. Ma io da anni ho perso la naturale propensione di ogni madre a svegliarsi ad ogni respiro in più del pargolo anche se sta in camera sua con la porta chiusa, io la notte sono proprio in coma.
C'è che nell'andare a rimuovere quel fazzoletto che avevo dato per "caduto lì casualmente", ho fatto una scoperta che neanche gli archeologi a Il Cairo.
E non datemi della zozzona per non essermene accorta prima, perchè non credo che voi, casalinghe sicuramente anche più brave di me, andiate a spostare i letti tutti i giorni per pulirci dietro. Tanto più che le pulizie di fondo in cameretta, da tanto tempo, il Power ha il sacrosanto compito di farsele da sè il sabato mattina. E' questione di principio. Tant'è che da quando gli ho affibbiato questa incombenza, magicamente la scrivania ha smesso di essere un campo di battaglia, ossia tutti i giorni è possibile vedere il ripiano di legno non più ricoperto dalla succursale della discarica comunale. Anvedi che quando le pulizie toccano a te e devi perderci del tempo, la musica cambia...
Questa dei fazzoletti, però, mi sa tanto da tentativo di furbata. Non ho rimosso nulla. Oggi, a pranzo, voglio tentare di capire se nella sua mente contorta certe cose, a forza di ignorarle, si sistemano da sole (come le cinque paia di calzini sporchi che ho trovato giorni fa aprendo il cassetto del suddetto comodino, su cui peraltro avrei avuto il veto di apertura - ma se non lo avessi aperto, giuro, casualmente, oggi si sarebbe buttato da solo nel cestone dei panni da lavare), se intendesse accumulare il malloppo per smaltirlo in una unica soluzione questo sabato (domani), o se alla base c'è un serio studio sulla biodegradabilità dei vari tipi di rifiuti.
Per me è essenziale. Solo per capire se questo studio riguarda solo materiali inerti. Non si sa mica mai...
martedì 13 gennaio 2015
Ma la morosa... Discorsi nuovi.
Ieri sera, ore sette e quarantacinque circa, in auto, la sottoscritta al volante, volume dell' autoradio al minimo, lungo la strada secondaria che collega Riviland al paese vicino facendo il giro del globo (totale minuti di percorrenza: circa dieci, per una distanza che in linea d'aria non è più di due chilometri) dato che la strada principale è chiusa per lavori da mesi e mesi. Siamo di ritorno dalla festa di compleanno del Gi. Gli angoli della bocca del mio passeggero sono ancora sporchi del cioccolato della torta.
-Mamma, sono preoccupato seriamente.
-Seriamente?
-Si, seriamente. Non ho ancora la morosa.
-Ah. E perchè sei preoccupato? Hai solo undici anni, mica ottanta.
-Si, lo so, ma i miei compagni di scuola hanno tutti la... la chiamano "compagna". A parte il fatto che siamo in dodici maschi e solo sette femmine, perciò qualche maschio rimane comunque fuori, ma non voglio essere io a rimanere fuori.
-Ma scusa, le femmine non ti facevano schifo?
-Ma mammaaaaaaaa! Sono discorsi vecchi! Non più!
-Quindi adesso le femmine non sono più così brutte, stupide e strane?
-Dai mamma, sono cose che dicevo quando ero piccolo (la settimana scorsa, nota bene).
-Hm. E immagino che cercare una "compagna" (visto che la cosa è così importante) in un'altra classe è fuori discussione. E Bimbabionda, poi? Sono sette anni che fate come scarpa e calzino...
-Mamma, quelle della sezione A sono tutte racchie, e quelle più piccole non so chi guardare, primo perchè di sicuro se mi metto con una più piccola mi prendono in giro, secondo perchè c'è una bambina di quarta che mi piace un po' ma non ci vediamo mai a ricreazione, perchè le maestre ci tengono divisi per classi. Dicono che così diventano meno matte a riacchiapparci quando facciamo rissa. E Bimbabionda per me è solo una carissima amica e niente di più, perciò non voglio pensare di chiederlo a lei. Ci sarebbe anche Bimbamora, ma non ci parliamo da un po', la sua mamma non vuole che giochi coi maschi, dice che è per la sua religione. E' un bel problema.
-More, dobbiamo fare un discorsetto io e te, prendiamoci un po' di tempo e parliamo un po' di sta cosa del "perchè ci si mette insieme".
E il discorso lo abbiamo fatto. Siamo andati avanti una buona mezz'ora, ed è appena l'inizio. L'inizio di una gran confusione mentale ed emotiva, mi sa.
Ho un figlio grande e grosso, tatone, appassionato di libri di storia e di costruzioni col lego, di videogiochi e di romanzi fantasy, di cartoni animati e di partite a briscola, ma in certi momenti mi sembra di assistere alla metamorfosi di un bruco che inizia a crearsi il bozzolo per prepararsi ad un imminente cambiamento.
E' proprio tempo di parlare di cose nuove.
-Mamma, sono preoccupato seriamente.
-Seriamente?
-Si, seriamente. Non ho ancora la morosa.
-Ah. E perchè sei preoccupato? Hai solo undici anni, mica ottanta.
-Si, lo so, ma i miei compagni di scuola hanno tutti la... la chiamano "compagna". A parte il fatto che siamo in dodici maschi e solo sette femmine, perciò qualche maschio rimane comunque fuori, ma non voglio essere io a rimanere fuori.
-Ma scusa, le femmine non ti facevano schifo?
-Ma mammaaaaaaaa! Sono discorsi vecchi! Non più!
-Quindi adesso le femmine non sono più così brutte, stupide e strane?
-Dai mamma, sono cose che dicevo quando ero piccolo (la settimana scorsa, nota bene).
-Hm. E immagino che cercare una "compagna" (visto che la cosa è così importante) in un'altra classe è fuori discussione. E Bimbabionda, poi? Sono sette anni che fate come scarpa e calzino...
-Mamma, quelle della sezione A sono tutte racchie, e quelle più piccole non so chi guardare, primo perchè di sicuro se mi metto con una più piccola mi prendono in giro, secondo perchè c'è una bambina di quarta che mi piace un po' ma non ci vediamo mai a ricreazione, perchè le maestre ci tengono divisi per classi. Dicono che così diventano meno matte a riacchiapparci quando facciamo rissa. E Bimbabionda per me è solo una carissima amica e niente di più, perciò non voglio pensare di chiederlo a lei. Ci sarebbe anche Bimbamora, ma non ci parliamo da un po', la sua mamma non vuole che giochi coi maschi, dice che è per la sua religione. E' un bel problema.
-More, dobbiamo fare un discorsetto io e te, prendiamoci un po' di tempo e parliamo un po' di sta cosa del "perchè ci si mette insieme".
E il discorso lo abbiamo fatto. Siamo andati avanti una buona mezz'ora, ed è appena l'inizio. L'inizio di una gran confusione mentale ed emotiva, mi sa.
Ho un figlio grande e grosso, tatone, appassionato di libri di storia e di costruzioni col lego, di videogiochi e di romanzi fantasy, di cartoni animati e di partite a briscola, ma in certi momenti mi sembra di assistere alla metamorfosi di un bruco che inizia a crearsi il bozzolo per prepararsi ad un imminente cambiamento.
E' proprio tempo di parlare di cose nuove.
venerdì 9 gennaio 2015
Powerate - Parliamo di sesso? SessBUAHAHAHA!!!
Ci provo da sempre, a parlare di sesso con mio figlio. Non per chissà quali convinzioni filosofiche sull'educazione moderna, quanto per un motivo soltanto: mia madre mi ha tirato su con quella che "meglio che certe cose tu le sappia da me e dritte, che dai tuoi coetanei e storte", e io sono cresciuta con la convinzione che fosse giusto, e il giusto modo di introdurre mio figlio in questa dimensione della sua vita.
Solo che su queste cose, pare, maschi e femmine sono due universi paralleli ma imprescindibilmente differenti: io all'età del Power sapevo già l'ottanta per cento della faccenda (per ovvie ragioni, dato che alle femminucce di undici anni non è difficile che accada quella certa cosa, anche se io su questo sono stata particolarmente "tarda" - 14 anni) e per me era una cosa seria.
Il Power? AHAHAHAH! Il Power fa parte del 99 per cento degli undicenni maschi "normali", a livello di testosterone misurato con la "scala della parolaccia più proibita da mamma e papà e quindi più pheega", quelli che quando pronunci vocaboli come "sedere", "utero", "pisellino", "assorbente" eccetera, diventano color melanzana in volto e si nascondono sotto al tavolo piegati dal ridere, che non capisci dove sta nella loro testa il confine tra il senso del ridicolo che fanno risuonare in loro certe parole, il senso del proibito viste le immagini a cui esse stesse rimandano, e il comprensibile inizio di imbarazzo dovuto ai primi plichi di ormoni spediti al loro indirizzo da Madre Natura. Non c'è proprio niente da fare.
E ci ho provato in mille modi ad affrontare l'argomento, iniziando ogni volta da una angolatura diversa, e sempre con il medesimo atteggiamento in risposta: ogni volta che il Power ha il sentore che sto per affrontare un certo tipo di discorso, parte in quarta e la comunicazione diventa impossibile, al punto che trascina anche me (e suo padre, quando presente) in quel turbine di risate. Resistere è impossibile, dopo un po' non ce la fai più a tenere un certo contegno.
E pace: ho consultato chi di competenza, che mi ha rassicurato che è normalissimo, che bisogna solo aspettare che sia lui a chiedere lumi, che i maschi arrivano dopo (mooooooooolto dopo), e via dicendo. Solo che avanti di questo passo, aspetta che ti aspetto, arriveremo a porre certe domande a mamma e papà alla maggiore età, temo. E magari facciamo che "no", dato che se la stessa Madre Natura di cui sopra fa il suo lavoro come di regola, non passeranno certo secoli prima che anzichè a plichi, gli ormoni arrivino a TIR. E saranno dei bei cavoli da gestire. Anzi, sarà un vero e proprio casino, inutile piantarsi due fette di salame davanti agli occhi.
D'ogni modo, io ho tutta la pazienza di questo mondo. O meglio, vorrei averla. E magari farmi anche un po' meno scrupoli e patemi, e rassegnarmi che ho un figlio "tatone", che anche "tatone" è bello (io lo trovo meraviglioso, ma non diteglielo altrimenti mi rovinate la piazza, e questo non si sforza più neanche di quel minimo), e che più rimane "tatone" e meno danni fa. Danni in senso metaforico, si intende.
C'è che poi una mattina il Power, prima di andare a scuola, se ne esce con "mamma ho un filo di mal di pancia".
E a me escono battute infelici, ma non so cosa farci: anzichè "sei andato in bagno?" gli dico, sarcastica (giuro, non l'ho fatto apposta, mi è uscita così, ma io lo sanno tutti in casa che fino a due ore dopo il risveglio non ho tutti i cavi della testa collegati, quindi capitemi e giustificatemi): "ti starà per venire il ciclo". E mezzo secondo dopo mi rendo conto di quello che ho sparato, ma ormai...
E davanti alla risposta "NO MAMMA E' IMPOSSIBILE, SONO TROPPO GIOVANE", mi rendo conto che forse - forse eh - rotflollate o non rotflollate (leggi: capriole dal ridere o non capriole dal ridere) è il caso che faccia ALMENO un salto in libreria.
Solo che su queste cose, pare, maschi e femmine sono due universi paralleli ma imprescindibilmente differenti: io all'età del Power sapevo già l'ottanta per cento della faccenda (per ovvie ragioni, dato che alle femminucce di undici anni non è difficile che accada quella certa cosa, anche se io su questo sono stata particolarmente "tarda" - 14 anni) e per me era una cosa seria.
Il Power? AHAHAHAH! Il Power fa parte del 99 per cento degli undicenni maschi "normali", a livello di testosterone misurato con la "scala della parolaccia più proibita da mamma e papà e quindi più pheega", quelli che quando pronunci vocaboli come "sedere", "utero", "pisellino", "assorbente" eccetera, diventano color melanzana in volto e si nascondono sotto al tavolo piegati dal ridere, che non capisci dove sta nella loro testa il confine tra il senso del ridicolo che fanno risuonare in loro certe parole, il senso del proibito viste le immagini a cui esse stesse rimandano, e il comprensibile inizio di imbarazzo dovuto ai primi plichi di ormoni spediti al loro indirizzo da Madre Natura. Non c'è proprio niente da fare.
E ci ho provato in mille modi ad affrontare l'argomento, iniziando ogni volta da una angolatura diversa, e sempre con il medesimo atteggiamento in risposta: ogni volta che il Power ha il sentore che sto per affrontare un certo tipo di discorso, parte in quarta e la comunicazione diventa impossibile, al punto che trascina anche me (e suo padre, quando presente) in quel turbine di risate. Resistere è impossibile, dopo un po' non ce la fai più a tenere un certo contegno.
E pace: ho consultato chi di competenza, che mi ha rassicurato che è normalissimo, che bisogna solo aspettare che sia lui a chiedere lumi, che i maschi arrivano dopo (mooooooooolto dopo), e via dicendo. Solo che avanti di questo passo, aspetta che ti aspetto, arriveremo a porre certe domande a mamma e papà alla maggiore età, temo. E magari facciamo che "no", dato che se la stessa Madre Natura di cui sopra fa il suo lavoro come di regola, non passeranno certo secoli prima che anzichè a plichi, gli ormoni arrivino a TIR. E saranno dei bei cavoli da gestire. Anzi, sarà un vero e proprio casino, inutile piantarsi due fette di salame davanti agli occhi.
D'ogni modo, io ho tutta la pazienza di questo mondo. O meglio, vorrei averla. E magari farmi anche un po' meno scrupoli e patemi, e rassegnarmi che ho un figlio "tatone", che anche "tatone" è bello (io lo trovo meraviglioso, ma non diteglielo altrimenti mi rovinate la piazza, e questo non si sforza più neanche di quel minimo), e che più rimane "tatone" e meno danni fa. Danni in senso metaforico, si intende.
C'è che poi una mattina il Power, prima di andare a scuola, se ne esce con "mamma ho un filo di mal di pancia".
E a me escono battute infelici, ma non so cosa farci: anzichè "sei andato in bagno?" gli dico, sarcastica (giuro, non l'ho fatto apposta, mi è uscita così, ma io lo sanno tutti in casa che fino a due ore dopo il risveglio non ho tutti i cavi della testa collegati, quindi capitemi e giustificatemi): "ti starà per venire il ciclo". E mezzo secondo dopo mi rendo conto di quello che ho sparato, ma ormai...
E davanti alla risposta "NO MAMMA E' IMPOSSIBILE, SONO TROPPO GIOVANE", mi rendo conto che forse - forse eh - rotflollate o non rotflollate (leggi: capriole dal ridere o non capriole dal ridere) è il caso che faccia ALMENO un salto in libreria.
martedì 6 gennaio 2015
ComplePower. E sono undici.
Facile farsi portare dalla cicogna.
Pochi si fanno portare dai Remagi (non dalla Befana, ci tengo. Il significato è diverso).
Anche nel 2004 cadeva di martedì. Anche nel 2004 c'era il sole splendido che avevo chiesto in dono per te, come oggi. E anche nel 2004 il 6 gennaio faceva un freddo da pinguini.
Pochi si fanno portare dai Remagi (non dalla Befana, ci tengo. Il significato è diverso).
Anche nel 2004 cadeva di martedì. Anche nel 2004 c'era il sole splendido che avevo chiesto in dono per te, come oggi. E anche nel 2004 il 6 gennaio faceva un freddo da pinguini.
Auguri, Power!!!
martedì 29 luglio 2014
Power-cambiamenti: ormoni vagans? (post lungo)
Ho iniziato a raccontare del Power quando lui aveva due anni e mezzo. Allora quello che scrivevo riguardava tutta la sfera di un pisquano ancora in pannolino e con in bocca parole abbozzate, frasi per lo più da interpretare (ma neanche tanto, dato che ha imparato presto a farsi capire). Poi via via, man mano che cresceva, cambiavano anche le Powerate.
Da dove iniziare questo capitolo... vediamo un po'.
Sono settimane che osservo nel Power dei cambiamenti ulteriori. Non ho voluto parlarne prima perchè pensavo si trattasse di uno dei soliti periodi che hanno tutti i bambini, e che passano in fretta. Ma qui la cosa pare farsi seria, e posso metterlo nero su bianco che tanto ormai indietro non si torna.
Il Power da settimane sta gustandosi un nuovo piacere: quello della privacy. Trascorre ore in camera sua, con la porta chiusa. Che fa? Legge, pensa, talvolta gioca, ma credo che la maggior parte del tempo lo trascorra rimuginando. Lo vedo dallo sguardo che ha quando esce di lì. E guai ad entrare senza bussare (perchè di tanto in tanto vado a vedere se è tutto in regola, posto che fino a un po' di tempo fa allo scattare dei tre minuti di silenzio totale scattava anche l'altissima probabilità che stesse per combinare un guaio): ti fa notare, e anche piuttosto fermamente, che "quella è camera sua".
Stessa cosa per il bagno: se c'è lui, non si entra. Guai. Gnudo non lo si può vedere più neanche per sbaglio.
Il Power, e questo è un lato parecchio più irritante della faccenda, è particolarmente strafottente e maleducato. Ti risponde sistematicamente facendo spallucce, o ridacchiando sotto ai baffi, o peggio ancora rispondendo per le rime come se si trovasse davanti a un compagno di scuola.
Per raccontare un episodio tra tanti: tre pomeriggi fa eravamo soli in casa, giù nel soggiorno, e sento sbattere una porta di sopra. Gli chiedo gentilmente di salire a chiuderla, lui ci va, chiude la porta e scende. Dopo trenta secondi la porta torna a sbattere.
-Power, per favore, sali a chiudere quella porta.
Non alza nemmeno gli occhi dal fumetto che sta leggendo.
-Ci sono già stato.
-Power, se la porta sbatte ancora significa che o l'hai chiusa male, o hai chiuso la porta sbagliata. Per favore torna su e chiudi bene.
Ancora con gli occhi sul fumetto esclama seccato:
-NON E' PIU' UN PROBLEMA MIO.
SCUSA??? Si è elevata una nube di fumo radioattivo dalla sommità della mia testa, e l'urlo catatonico è partito imperante, che credo mi abbiano sentito fino al paese vicino. A quel punto le scale sono state risalite in un balzo unico. Eh beh! Te la abbasso io la cresta!
E appunto, questo è uno dei millemila episodi quotidiani su questa linea.
Mia suocera ieri mi ha fatto uscire un'altra quantità di fumo dalle orecchie, quando dopo il mio racconto ha esclamato "dovevate educarlo quando era piccolo". Certo, non ci abbiamo mai provato, ad educarlo. Abbiamo sempre usato il metodo "fai quel cappero che ti pare", no? Detto dalla stessa persona che ci intima (davanti a lui e col dito puntato!) di non sgridarlo ogni qualvolta ci troviamo tutti e tre a casa sua e il Power inizia bellamente a mettere le mani dove non deve (cassetti, attrezzi del nonno e quant'altro...)! E se anche davvero ogni tanto mi viene da chiedermi "ma gli ho insegnato davvero a rapportarsi in questo modo? Dopo che io e suo padre viviamo a colpi di "per favore, grazie, prego e faccio io" anche per passarci il sale a tavola?
Ma il Power fa anche discorsi nuovi, tocca argomenti di cui fino a poco tempo fa non poteva importargli di meno. Chiede lumi sull'amore, chiede che gli si racconti la storia di quando io e suo padre ci siamo incontrati e innamorati, e ancora chiede quali fossero i miei pensieri quando avevo la sua età. Prima o dopo a tutte le mamme capita, nelle occasioni più disparate, di esclamare "quando avevo la tua età io facevo così e cosà", ma raramente ai ciufoli interessa granchè. Adesso invece si. Adesso le domande le fa lui. E fa domande sui sentimenti, sui progetti che facevo, su come guardavo avanti, al futuro. Discorsi seri, pesanti, intensi. Li fa mentre pranziamo soli, o nei pomeriggi in cui io sono appesa al ferro da stiro e lui mi fa compagnia, o tiene in mano un libro ma si vede lontano un chilometro che non sta leggendo. Come se fino a ieri avesse avuto altro da fare, cose tipo "spaccare il mondo e rabaltarlo come un calzino", e adesso avesse terminato i lavori per pensare agli arredi.
Il Power ha perso interesse per qualsiasi tipo di cartone animato: D'Alton, Oggy, Yu-Gi-Oh, non si guardano più in questa casa. Si guarda Amici (bleah!), il Boss delle Torte, si segue il TG (finalmente) e si fanno domande, si risponde ai quiz de "Reazione a Catena" e via dicendo.
E il Power... puzza. Si si, ha smesso di profumare di Dermogella e ha iniziato a puzzare di "eau de Sorc Mort" e "Parfum des Ormons" ad ogni minimo movimento che produca quattro gocce di sudore. I punti più olezzosi? Testa e piedi. Una cosa terribile, da non riuscire più a stargli vicino.
Giorni fa ho incrociato la dottora che lo seguiva per i disagi che aveva nel periodo peggiore delle cure oncologiche. Le ho rubato cinque minuti per raccontarle questa cosa, e chiederle se avessi io le visioni o se davvero ci fosse un ravanamento dal nome ben preciso, che abbiamo conosciuto tutti. Ha sorriso bonariamente, e in due parole mi ha chiarito i dubbi.
Tutto questo ha un nome. Si chiama PREADOLESCENZA.
Quando volevo un figlio, dodici anni fa, non volevo una bambola con cui trastullarmi. Non mi sono mai piaciuti granchè i neonati, sarò sincera. Cioè, mi piacciono e molto, ma non li ho mai guardati con l'animo di chi pensa che dovrebbero rimanere così, che sono tanto carini e ti tirano fuori tutta la giuggioleria possibile quando li guardi, e soprattutto non danno problemi (no, macchè... non danno problemi quelli degli altri, ma è un altro discorso). Ho vissuto l'evento-maternità come un inizio, e benchè ad ogni passaggio di crescita e ad ogni conquista io mi commuova ancora per il miracolo continuo a cui sono fortunata nel poter assistere e poter custodire, ho sempre avuto ben chiaro in me che un figlio è un essere in divenire e non un cosino di cui godere il più possibile. Mi guardo spesso dentro, ed è sempre ferma dentro di me la convinzione che indietro non tornerei: è vero che più crescono e più i problemi aumentano di spessore, ma è anche vero che parimenti aumentano soddisfazione ed orgoglio, e perchè perderseli rimpiangendo pannolini, girello e posate di plastica?
C'è che... questa cosa mi spiazza, ecco. Mi spiazza notevolmente. Primo, perchè pur sapendo che prima o poi questa fase sarebbe arrivata ero convinta che l'avrebbe fatto più avanti di almeno un paio d'anni. Secondo, perchè a volte ho l'impressione di vivere con un mezzo estraneo. E' come se mi stesse costruendo davanti un muro, ancora piuttosto basso per fortuna, ma inamovibile. Mi sento impreparata. Ma dato che mi sentivo impreparata anche il giorno in cui l'ho portato a casa dal reparto maternità e poi me la sono comunque cavata come se la cavano tutte, ho fiducia che anche adesso andrà così.
Il Power, forse fortunatamente, è ancora tatone: ingenuo, senza malizia, affettuosissimo, coccolone, gli piacciono ancora i giochi semplici, vuole ancora baci e carezze prima di salire a dormire (ma non devo permettermi assolutamente di accompagnarlo a letto! E vuole dormire con la porta chiusa!), e per me è il contentino che mi ricorda che è ancora il mio bambino. Ma è quasi un ragazzino, anzi forse lo è già, ed è difficile stabilire il confine tra l'una e l'altra cosa. E forse non è nemmeno necessario.
Constatando tutto questo, ci siamo pensati di raddrizzare un po' il tiro anche noi, anche per arginare un minimo la strafottenza imperante e la supponenza di un imberbe per il quale pare che tutto, in famiglia, sia dovuto: lo abbiamo messo a lavorare. Chiami pure il Telefono Azzurro, non mi interessa. Gli abbiamo affibbiato delle responsabilità in più rispetto a quelle che già aveva prima, sulle quali non si scende a compromessi neanche se interviene il Papa in persona. Il Power, dalla fine della scuola, ha la piena gestione della sua stanza: la mamma è casalinga, ma in camera sua entra solo per mettere nei cassetti la biancheria stirata, cambiare le lenzuola quando necessario e per smontare e rimontare le tende quando è il momento di lavarle. Pulizie, riordino, rigoverno del letto, spetta tutto a lui. Anche i vetri. Perde qualcosa o inciampa nei giochi sul parquet? Problema suo, si adoperi per sistemare. E' suo il taglio dell'erba settimanale (sotto sorveglianza, si capisce), i lavori extra con il padre (sistemare la legna nella legnaia, hanno fatto insieme la manutenzione degli infissi dell'ingresso - rimozione della vernice vecchia e applicazione della nuova, e quel che arriva man mano), è suo il giro dal fruttivendolo ogni due giorni - lista, shopper e money alla mano -, e via dicendo. Deve ritirare la biancheria stesa quando è asciutta (anche sulle corde dato che ci arriva comodamente) e aiutarmi a ripiegarla, e dato che ha un'altezza sufficiente a raggiungere comodamente i fornelli senza rischio di farsi male sta anche imparando a cucinare. Quando ha fatto merenda a metà mattina e metà pomeriggio, sa bene che eventuali stoviglie che ha usato deve lavarsele da sè. Sono cose che, alla sua età, io facevo già da un po': non vedo perchè non dovrebbe farle lui. Almeno finchè non si torna a scuola. E una parte anche dopo. Tutto nella speranza di non tirar su un ragazzo mammo-dipendente prima e un uomo moglie/compagna-dipendente dopo. Che se la mamma è a casa non significa che sei autorizzato a diventare un adulto debosciato.
Non lo so se sono sulla strada giusta, se sto usando lo spirito giusto, se metto in atto i mezzi giusti. Sbaglio? E chi lo sa. Mi rendo sempre più conto che è un investimento a lunghissimo termine, e certe risposte le avrò chissà quando, se le avrò. Nel mentre faccio un po' come tutte, credo: il meglio che posso. E mettermela via che arriva il momento in cui non puoi più controllare tutto.
Da dove iniziare questo capitolo... vediamo un po'.
Sono settimane che osservo nel Power dei cambiamenti ulteriori. Non ho voluto parlarne prima perchè pensavo si trattasse di uno dei soliti periodi che hanno tutti i bambini, e che passano in fretta. Ma qui la cosa pare farsi seria, e posso metterlo nero su bianco che tanto ormai indietro non si torna.
Il Power da settimane sta gustandosi un nuovo piacere: quello della privacy. Trascorre ore in camera sua, con la porta chiusa. Che fa? Legge, pensa, talvolta gioca, ma credo che la maggior parte del tempo lo trascorra rimuginando. Lo vedo dallo sguardo che ha quando esce di lì. E guai ad entrare senza bussare (perchè di tanto in tanto vado a vedere se è tutto in regola, posto che fino a un po' di tempo fa allo scattare dei tre minuti di silenzio totale scattava anche l'altissima probabilità che stesse per combinare un guaio): ti fa notare, e anche piuttosto fermamente, che "quella è camera sua".
Stessa cosa per il bagno: se c'è lui, non si entra. Guai. Gnudo non lo si può vedere più neanche per sbaglio.
Il Power, e questo è un lato parecchio più irritante della faccenda, è particolarmente strafottente e maleducato. Ti risponde sistematicamente facendo spallucce, o ridacchiando sotto ai baffi, o peggio ancora rispondendo per le rime come se si trovasse davanti a un compagno di scuola.
Per raccontare un episodio tra tanti: tre pomeriggi fa eravamo soli in casa, giù nel soggiorno, e sento sbattere una porta di sopra. Gli chiedo gentilmente di salire a chiuderla, lui ci va, chiude la porta e scende. Dopo trenta secondi la porta torna a sbattere.
-Power, per favore, sali a chiudere quella porta.
Non alza nemmeno gli occhi dal fumetto che sta leggendo.
-Ci sono già stato.
-Power, se la porta sbatte ancora significa che o l'hai chiusa male, o hai chiuso la porta sbagliata. Per favore torna su e chiudi bene.
Ancora con gli occhi sul fumetto esclama seccato:
-NON E' PIU' UN PROBLEMA MIO.
SCUSA??? Si è elevata una nube di fumo radioattivo dalla sommità della mia testa, e l'urlo catatonico è partito imperante, che credo mi abbiano sentito fino al paese vicino. A quel punto le scale sono state risalite in un balzo unico. Eh beh! Te la abbasso io la cresta!
E appunto, questo è uno dei millemila episodi quotidiani su questa linea.
Mia suocera ieri mi ha fatto uscire un'altra quantità di fumo dalle orecchie, quando dopo il mio racconto ha esclamato "dovevate educarlo quando era piccolo". Certo, non ci abbiamo mai provato, ad educarlo. Abbiamo sempre usato il metodo "fai quel cappero che ti pare", no? Detto dalla stessa persona che ci intima (davanti a lui e col dito puntato!) di non sgridarlo ogni qualvolta ci troviamo tutti e tre a casa sua e il Power inizia bellamente a mettere le mani dove non deve (cassetti, attrezzi del nonno e quant'altro...)! E se anche davvero ogni tanto mi viene da chiedermi "ma gli ho insegnato davvero a rapportarsi in questo modo? Dopo che io e suo padre viviamo a colpi di "per favore, grazie, prego e faccio io" anche per passarci il sale a tavola?
Ma il Power fa anche discorsi nuovi, tocca argomenti di cui fino a poco tempo fa non poteva importargli di meno. Chiede lumi sull'amore, chiede che gli si racconti la storia di quando io e suo padre ci siamo incontrati e innamorati, e ancora chiede quali fossero i miei pensieri quando avevo la sua età. Prima o dopo a tutte le mamme capita, nelle occasioni più disparate, di esclamare "quando avevo la tua età io facevo così e cosà", ma raramente ai ciufoli interessa granchè. Adesso invece si. Adesso le domande le fa lui. E fa domande sui sentimenti, sui progetti che facevo, su come guardavo avanti, al futuro. Discorsi seri, pesanti, intensi. Li fa mentre pranziamo soli, o nei pomeriggi in cui io sono appesa al ferro da stiro e lui mi fa compagnia, o tiene in mano un libro ma si vede lontano un chilometro che non sta leggendo. Come se fino a ieri avesse avuto altro da fare, cose tipo "spaccare il mondo e rabaltarlo come un calzino", e adesso avesse terminato i lavori per pensare agli arredi.
Il Power ha perso interesse per qualsiasi tipo di cartone animato: D'Alton, Oggy, Yu-Gi-Oh, non si guardano più in questa casa. Si guarda Amici (bleah!), il Boss delle Torte, si segue il TG (finalmente) e si fanno domande, si risponde ai quiz de "Reazione a Catena" e via dicendo.
E il Power... puzza. Si si, ha smesso di profumare di Dermogella e ha iniziato a puzzare di "eau de Sorc Mort" e "Parfum des Ormons" ad ogni minimo movimento che produca quattro gocce di sudore. I punti più olezzosi? Testa e piedi. Una cosa terribile, da non riuscire più a stargli vicino.
Giorni fa ho incrociato la dottora che lo seguiva per i disagi che aveva nel periodo peggiore delle cure oncologiche. Le ho rubato cinque minuti per raccontarle questa cosa, e chiederle se avessi io le visioni o se davvero ci fosse un ravanamento dal nome ben preciso, che abbiamo conosciuto tutti. Ha sorriso bonariamente, e in due parole mi ha chiarito i dubbi.
Tutto questo ha un nome. Si chiama PREADOLESCENZA.
Quando volevo un figlio, dodici anni fa, non volevo una bambola con cui trastullarmi. Non mi sono mai piaciuti granchè i neonati, sarò sincera. Cioè, mi piacciono e molto, ma non li ho mai guardati con l'animo di chi pensa che dovrebbero rimanere così, che sono tanto carini e ti tirano fuori tutta la giuggioleria possibile quando li guardi, e soprattutto non danno problemi (no, macchè... non danno problemi quelli degli altri, ma è un altro discorso). Ho vissuto l'evento-maternità come un inizio, e benchè ad ogni passaggio di crescita e ad ogni conquista io mi commuova ancora per il miracolo continuo a cui sono fortunata nel poter assistere e poter custodire, ho sempre avuto ben chiaro in me che un figlio è un essere in divenire e non un cosino di cui godere il più possibile. Mi guardo spesso dentro, ed è sempre ferma dentro di me la convinzione che indietro non tornerei: è vero che più crescono e più i problemi aumentano di spessore, ma è anche vero che parimenti aumentano soddisfazione ed orgoglio, e perchè perderseli rimpiangendo pannolini, girello e posate di plastica?
C'è che... questa cosa mi spiazza, ecco. Mi spiazza notevolmente. Primo, perchè pur sapendo che prima o poi questa fase sarebbe arrivata ero convinta che l'avrebbe fatto più avanti di almeno un paio d'anni. Secondo, perchè a volte ho l'impressione di vivere con un mezzo estraneo. E' come se mi stesse costruendo davanti un muro, ancora piuttosto basso per fortuna, ma inamovibile. Mi sento impreparata. Ma dato che mi sentivo impreparata anche il giorno in cui l'ho portato a casa dal reparto maternità e poi me la sono comunque cavata come se la cavano tutte, ho fiducia che anche adesso andrà così.
Il Power, forse fortunatamente, è ancora tatone: ingenuo, senza malizia, affettuosissimo, coccolone, gli piacciono ancora i giochi semplici, vuole ancora baci e carezze prima di salire a dormire (ma non devo permettermi assolutamente di accompagnarlo a letto! E vuole dormire con la porta chiusa!), e per me è il contentino che mi ricorda che è ancora il mio bambino. Ma è quasi un ragazzino, anzi forse lo è già, ed è difficile stabilire il confine tra l'una e l'altra cosa. E forse non è nemmeno necessario.
Constatando tutto questo, ci siamo pensati di raddrizzare un po' il tiro anche noi, anche per arginare un minimo la strafottenza imperante e la supponenza di un imberbe per il quale pare che tutto, in famiglia, sia dovuto: lo abbiamo messo a lavorare. Chiami pure il Telefono Azzurro, non mi interessa. Gli abbiamo affibbiato delle responsabilità in più rispetto a quelle che già aveva prima, sulle quali non si scende a compromessi neanche se interviene il Papa in persona. Il Power, dalla fine della scuola, ha la piena gestione della sua stanza: la mamma è casalinga, ma in camera sua entra solo per mettere nei cassetti la biancheria stirata, cambiare le lenzuola quando necessario e per smontare e rimontare le tende quando è il momento di lavarle. Pulizie, riordino, rigoverno del letto, spetta tutto a lui. Anche i vetri. Perde qualcosa o inciampa nei giochi sul parquet? Problema suo, si adoperi per sistemare. E' suo il taglio dell'erba settimanale (sotto sorveglianza, si capisce), i lavori extra con il padre (sistemare la legna nella legnaia, hanno fatto insieme la manutenzione degli infissi dell'ingresso - rimozione della vernice vecchia e applicazione della nuova, e quel che arriva man mano), è suo il giro dal fruttivendolo ogni due giorni - lista, shopper e money alla mano -, e via dicendo. Deve ritirare la biancheria stesa quando è asciutta (anche sulle corde dato che ci arriva comodamente) e aiutarmi a ripiegarla, e dato che ha un'altezza sufficiente a raggiungere comodamente i fornelli senza rischio di farsi male sta anche imparando a cucinare. Quando ha fatto merenda a metà mattina e metà pomeriggio, sa bene che eventuali stoviglie che ha usato deve lavarsele da sè. Sono cose che, alla sua età, io facevo già da un po': non vedo perchè non dovrebbe farle lui. Almeno finchè non si torna a scuola. E una parte anche dopo. Tutto nella speranza di non tirar su un ragazzo mammo-dipendente prima e un uomo moglie/compagna-dipendente dopo. Che se la mamma è a casa non significa che sei autorizzato a diventare un adulto debosciato.
Non lo so se sono sulla strada giusta, se sto usando lo spirito giusto, se metto in atto i mezzi giusti. Sbaglio? E chi lo sa. Mi rendo sempre più conto che è un investimento a lunghissimo termine, e certe risposte le avrò chissà quando, se le avrò. Nel mentre faccio un po' come tutte, credo: il meglio che posso. E mettermela via che arriva il momento in cui non puoi più controllare tutto.
giovedì 17 luglio 2014
Prettamente baby: il metro ricamato.
Post puramente, sviolinatamente, vergognosamente mammesco.
Ho iniziato a ricamare il metro poco dopo aver saputo di essere incinta: al bando la scaramanzia che regnava sovrana da parte di chi mi circondava, mi venne quest'idea pensando che mi/ci avrebbe accompagnato per un bel po'. Fino a quando non potevo saperlo, avevo trent'anni ma non me ne intendevo di "ritmi di crescita". Ho misurato attentamente la tela, scelto i disegni (devo averli ancora da qualche parte) e i colori, e sono partita. Appena saputo che il calciatore che avevo intra panza sarebbe stato un maschio, e non avendo mai avuto dubbi sul nome che gli avremmo dato, ho ricamato anche il nome appunto, in cima. L'ho rifinito con sbieco di raso e campanellino (che in questi anni i gatti che si sono avvicendati in casa hanno usato ben bene a modo loro, ma è un dettaglio) e l'ho appeso all'altezza perfetta rispetto al pavimento, in modo che "150" segnasse realmente un metro e mezzo da terra. Ho messo in una busta un foglio quadrettato con i numeri disegnati a matita, un ago, una matassina di cotone blu violaceo e ho riposto la busta tra le pagine del quaderno che uso come colorario (così da avere costantemente a disposizione il materiale, sempre lo stesso - stesso font e stesso colore - per gli aggiornarlo negli anni a seguire senza ogni volta doverli andare a cercare nel marasma del materiale crocettoso). E ho iniziato ad attendere.
Poi il Power è nato, e tornata a casa dall'ospedale ho regalato un minuto e mezzo al lavoro: ho segnato la prima misurazione. Cinquantatrè centimetri.
Le visite periodiche dal pediatra ci hanno fornito le misurazioni successive per tre o quattro anni.
Finchè il pediatra ci disse che, a meno che non ci fossero problemi particolari, il Power poteva essere esentato definitivamente dai tagliandi: cresceva sano, i percentili (altissimi, c'è bisogno di dirlo? Oscillavano tra il 95 e il 98esimo, torello lui) erano stabili dalla nascita, si va dal pediatra solo se serve. E ho iniziato a tenerlo misurato io. Come fanno quasi tutte le mamme, penso.
Ieri ho fatto l'ultima misurazione, e un po' a malincuore (ma anche con tanto orgoglio) mi sono resa conto che il percorso-metro è terminato. Ieri il Power misurava un metro e mezzo esatto. L'ho segnato, come ogni volta che metto l'ultimo pezzetto di filo su un lavoro mi sono tremate le dita (è una cosa forse strana, ma è sempre stato così), e ho guardato soddisfatta il risultato.
Il metro ci ha accompagnati per dieci anni e mezzo. Era (è) appeso sul muro antistante l'ingresso della stanza del Power, e ci dice che in dieci anni e mezzo il Power ha quasi triplicato la sua altezza. E in mezzo ci sta tutto-tutto, ad ogni data corrisponde uno stadio di crescita, e in ogni data è racchiuso un marasma di ricordi.
Il Power stesso, ieri, mentre mi guardava "scrivere con l'ago", ha esclamato "mamma, adesso basta pupazzetti, no? Adesso solo belle ragazze". Ho riso dentro di me per la battuta, perchè il Power è ancora così tato che le belle ragazze che lo circondano per ora sono solo le animatrici del centro estivo. Però qualcosa di vero c'è nella sua affermazione. Sono pensieri su cui sto riflettendo da settimane, perchè il Power sta cambiando sul serio. Ma ci scriverò un altro post. E' una cosa, per lui, grossa. E un po' anche per me.
Ho iniziato a ricamare il metro poco dopo aver saputo di essere incinta: al bando la scaramanzia che regnava sovrana da parte di chi mi circondava, mi venne quest'idea pensando che mi/ci avrebbe accompagnato per un bel po'. Fino a quando non potevo saperlo, avevo trent'anni ma non me ne intendevo di "ritmi di crescita". Ho misurato attentamente la tela, scelto i disegni (devo averli ancora da qualche parte) e i colori, e sono partita. Appena saputo che il calciatore che avevo intra panza sarebbe stato un maschio, e non avendo mai avuto dubbi sul nome che gli avremmo dato, ho ricamato anche il nome appunto, in cima. L'ho rifinito con sbieco di raso e campanellino (che in questi anni i gatti che si sono avvicendati in casa hanno usato ben bene a modo loro, ma è un dettaglio) e l'ho appeso all'altezza perfetta rispetto al pavimento, in modo che "150" segnasse realmente un metro e mezzo da terra. Ho messo in una busta un foglio quadrettato con i numeri disegnati a matita, un ago, una matassina di cotone blu violaceo e ho riposto la busta tra le pagine del quaderno che uso come colorario (così da avere costantemente a disposizione il materiale, sempre lo stesso - stesso font e stesso colore - per gli aggiornarlo negli anni a seguire senza ogni volta doverli andare a cercare nel marasma del materiale crocettoso). E ho iniziato ad attendere.
Poi il Power è nato, e tornata a casa dall'ospedale ho regalato un minuto e mezzo al lavoro: ho segnato la prima misurazione. Cinquantatrè centimetri.
Le visite periodiche dal pediatra ci hanno fornito le misurazioni successive per tre o quattro anni.
Finchè il pediatra ci disse che, a meno che non ci fossero problemi particolari, il Power poteva essere esentato definitivamente dai tagliandi: cresceva sano, i percentili (altissimi, c'è bisogno di dirlo? Oscillavano tra il 95 e il 98esimo, torello lui) erano stabili dalla nascita, si va dal pediatra solo se serve. E ho iniziato a tenerlo misurato io. Come fanno quasi tutte le mamme, penso.
Ieri ho fatto l'ultima misurazione, e un po' a malincuore (ma anche con tanto orgoglio) mi sono resa conto che il percorso-metro è terminato. Ieri il Power misurava un metro e mezzo esatto. L'ho segnato, come ogni volta che metto l'ultimo pezzetto di filo su un lavoro mi sono tremate le dita (è una cosa forse strana, ma è sempre stato così), e ho guardato soddisfatta il risultato.
Il metro ci ha accompagnati per dieci anni e mezzo. Era (è) appeso sul muro antistante l'ingresso della stanza del Power, e ci dice che in dieci anni e mezzo il Power ha quasi triplicato la sua altezza. E in mezzo ci sta tutto-tutto, ad ogni data corrisponde uno stadio di crescita, e in ogni data è racchiuso un marasma di ricordi.
Il Power stesso, ieri, mentre mi guardava "scrivere con l'ago", ha esclamato "mamma, adesso basta pupazzetti, no? Adesso solo belle ragazze". Ho riso dentro di me per la battuta, perchè il Power è ancora così tato che le belle ragazze che lo circondano per ora sono solo le animatrici del centro estivo. Però qualcosa di vero c'è nella sua affermazione. Sono pensieri su cui sto riflettendo da settimane, perchè il Power sta cambiando sul serio. Ma ci scriverò un altro post. E' una cosa, per lui, grossa. E un po' anche per me.
Parlando di
bebè,
finito,
prettamente baby,
Punto croce,
puntocrocite acuta
giovedì 13 marzo 2014
Ciao ciao seggiolini
Lo scrivo con orgoglio, ma anche con una inevitabile punta di malinconia.
Raggiunti in questo periodo i limiti di peso (vabbè, quello lo abbiamo superato da almeno due o tre anni) e l'altezza richiesti per essere esonerato dall'usarli, oggi ho tolto dalle auto gli ultimi seggiolini (i rialzi, ne avevamo uno in ognuna delle due auto) del Power, per darli ad altre due mamme che continueranno a farli lavorare per i loro bimbi. Li abbiamo usati per questi ultimi sei-sette anni o forse più, non ricordo, ma erano (sono) perfettamente integri, solo le fodere sono appena appena speluccate dove passa la cintura, e il logo dell'azienda produttrice è un po' sbiadito, perciò sarebbe stato uno schiaffo alla miseria buttarli, anche se il loro costo era stato davvero irrisorio rispetto ai seggiolini dei gruppi precedenti.
Cioè, da questa settimana, il Power a dieci anni e due mesi di età (e qualche giorno) non usa più l'auto come un bambino.
Cavolo se cresce, il ragazzo.
Raggiunti in questo periodo i limiti di peso (vabbè, quello lo abbiamo superato da almeno due o tre anni) e l'altezza richiesti per essere esonerato dall'usarli, oggi ho tolto dalle auto gli ultimi seggiolini (i rialzi, ne avevamo uno in ognuna delle due auto) del Power, per darli ad altre due mamme che continueranno a farli lavorare per i loro bimbi. Li abbiamo usati per questi ultimi sei-sette anni o forse più, non ricordo, ma erano (sono) perfettamente integri, solo le fodere sono appena appena speluccate dove passa la cintura, e il logo dell'azienda produttrice è un po' sbiadito, perciò sarebbe stato uno schiaffo alla miseria buttarli, anche se il loro costo era stato davvero irrisorio rispetto ai seggiolini dei gruppi precedenti.
Cioè, da questa settimana, il Power a dieci anni e due mesi di età (e qualche giorno) non usa più l'auto come un bambino.
Cavolo se cresce, il ragazzo.
domenica 22 dicembre 2013
Reminiscenze
Cercando qualcosa (non mi ricordo nemmeno più cosa, dev'essere l'ora) tra le vecchie pagine di questo blog, sono incappata in QUESTO post.
Sto ancora sorridendo divertita.
Sono passati tre anni e mezzo. Bimbabionda è sempre uguale: sempre bionda e sempre con gli occhi azzurri, e fin qui ci siamo. Ma è ancora attaccatissima a mio figlio: entrambi in quarta B, spesso vicini di banco per scelta, ora l'amicizia è diventata a doppio senso dato che i due si cercano e si aiutano a vicenda nei compiti e nei lavori in classe. Quando uno manca l'altra gli porta i compiti, e viceversa. Si invitano l'un l'altra alle rispettive feste di compleanno, feste alle quali ormai nessuno invita più tutta la classe ma solo le amicizie più vicine.
E il Power ha scoperto che anche Bimbabionda è una bambina normale, tanto da poterci litigare e fare pace tanto quanto con un compagno maschio.
Ma guai ad ammettere tutto questo. Si sa, si dimostra, ma non si dice. Perchè da sano maschio comune, l'evidenza va negata di default.
Sto ancora sorridendo divertita.
Sono passati tre anni e mezzo. Bimbabionda è sempre uguale: sempre bionda e sempre con gli occhi azzurri, e fin qui ci siamo. Ma è ancora attaccatissima a mio figlio: entrambi in quarta B, spesso vicini di banco per scelta, ora l'amicizia è diventata a doppio senso dato che i due si cercano e si aiutano a vicenda nei compiti e nei lavori in classe. Quando uno manca l'altra gli porta i compiti, e viceversa. Si invitano l'un l'altra alle rispettive feste di compleanno, feste alle quali ormai nessuno invita più tutta la classe ma solo le amicizie più vicine.
E il Power ha scoperto che anche Bimbabionda è una bambina normale, tanto da poterci litigare e fare pace tanto quanto con un compagno maschio.
Ma guai ad ammettere tutto questo. Si sa, si dimostra, ma non si dice. Perchè da sano maschio comune, l'evidenza va negata di default.
martedì 10 settembre 2013
I pattini!
Dall'inizio dell'anno abbiamo iniziato a dare al Power la paghetta settimanale. E' ora, no? Non chissà quale somma, tre euro a settimana perfino, più qualcosa "extra" quando si degna di farmi qualche lavoretto al di fuori dai suoi doveri quotidiani (come quando ci ha aiutato a imbiancare lo scorso giugno, per dire). Perchè io sono una mamma tiranna, non lo sapevate? Sono una di quelle mamme sfruttatrici di poveri infanti che considerano "dovere" il preparare il tavolo e sprepararlo, farsi il letto (bene o meno bene, ma deve farselo da sè), prepararsi la cartella, tirarsi fuori la biancheria pulita dal cassetto prima di andare a lavarsi, aiutare a portare le borse della spesa, andare a prendere i bidoni della differenziata in fondo al vialetto quando sono stati svuotati, riordinare il bagno dopo essersi fatto la doccia, e tante altre cose che non sto qui ad elencare.
E lui ha risparmiato per potersi togliere uno sfizio, il primo acquisto con i suoi risparmi. Sono arrivati i... pattini!
Abbiamo dovuto comprarli su Amazon, perchè tutti quelli che abbiamo trovato nei vari negozi di articoli sportivi e/o di giocattoli arrivavano fino al 36 di piede. E signore e signori, il Power a nove anni calza il 38! Altrimenti bisognava prendere i pattini in linea, e grazie no: quelli allungabili costano uno sproposito, e quelli "fissi" non ne vale la pena: cambiando numero di piede ogni anno sarebbero soldi buttati.
Qualche calcolato ruzzolone (io porto ancora le cicatrici dei miei primi voli sui pattini, alle ginocchia... al posto delle foto) e tanto entusiasmo, bardato da testa ai piedi con i paraquesto e paraquello del papà (mica quelli che usava da bambino, quelli che ha preso con i roller quindici anni fa... ma poi chi usava i paratutto trent'anni fa? Santo asfalto, altrochè) e via!
E lui ha risparmiato per potersi togliere uno sfizio, il primo acquisto con i suoi risparmi. Sono arrivati i... pattini!
Qualche calcolato ruzzolone (io porto ancora le cicatrici dei miei primi voli sui pattini, alle ginocchia... al posto delle foto) e tanto entusiasmo, bardato da testa ai piedi con i paraquesto e paraquello del papà (mica quelli che usava da bambino, quelli che ha preso con i roller quindici anni fa... ma poi chi usava i paratutto trent'anni fa? Santo asfalto, altrochè) e via!
lunedì 22 luglio 2013
Power e Dewey
Ieri ho scoperto (perchè non me lo ha detto lui, l'ho scoperto per puro caso trovandolo sulla sua scrivania con tanto di segnalibro posizionato) che mio figlio ha prelevato tra i miei libri questo, e ha iniziato a leggerlo. Se lo finirà non lo so, o non so quando perlomeno, che è un eccellente ed appassionato lettore da quando aveva un anno si sa, ma è da ammettere che a nove anni non è proprio il libro che pensavo di trovargli tra le mani.
Gli ho chiesto come mai avesse preso un libro del genere da leggere e non uno dei suoi, e se avesse capito quelle poche pagine già lette.
-Parla di un gatto, è una bella storia, cosa c'è da capire?
No, cioè... Geronimo Stilton CHI? :D
Gli ho chiesto come mai avesse preso un libro del genere da leggere e non uno dei suoi, e se avesse capito quelle poche pagine già lette.
-Parla di un gatto, è una bella storia, cosa c'è da capire?
No, cioè... Geronimo Stilton CHI? :D
venerdì 31 maggio 2013
Mammitudine (post lungo)
E' la prima volta che lascio passare un mese tra un post e l'altro, e sinceramente non ne ho sentito la mancanza. Se è per questo è anche la prima volta che mi ritrovo ad avere la stufa a legna accesa l'ultima sera di maggio, il che può voler dire che è un periodo un po' così, fuori dal normale, nella piccolezza del mio piccolo quotidiano, fatto di piccole cose di piccola importanza paragonate a quelle che accadono fuori dal mio piccolo giardino. Non avevo nulla da scrivere che mi sembrasse degno di essere scritto, questo è l'unico motivo del mio silenzio. O quasi l'unico.
Comunque.
Sono qui. Sono qui e la prendo larga.
Oggi, nel pomeriggio, dopo uno scambio di commenti sul post di un'amica su FB (si Romina, sto parlando di te), mi son detta "ecco, oggi ho qualcosa da scrivere". Si parlava della sua bella panzotta, di epidurale, di paura, del dolore del parto e di compagnia bella, di tutte quelle cose in cui si è immerse nei nove mesi più particolari della vita di una donna che diventa madre, cose che adesso mi sembrano lontanissime e insignificanti paragonate a tutto quello che è venuto dopo, ma che in effetti fanno parte del percorso e non sono meno importanti mentre le si vive. Ho scoperto che mi infoio ancora come una belva quando leggo di donne che sventolano il loro rifiuto dell'analgesia (leggi epidurale) come segno del loro atto di eroismo nel voler godere a tutti i costi di tutto il dolore possibile nel diventare madri. Mi ci infoio perchè mi sembra stupido che di questi tempi ci siano donne così cricetocefale (passatemela) da quantificare il grado di "maternità" in base a quanto una soffre mentre dà alla luce una creatura (e le madri adottive? Ne ho conosciute di straordinarie, pur non avendo partorito). Perchè non so quante di quelle che leggono in questo momento sono passate in certi forum sulla gravidanza e sulla maternità mentre erano o sono in attesa, come direbbe una mia Amica sono veri e propri forum terroristici, ti infarciscono di sensi di colpa quando non ti fanno sentire una che viene da Marte, e io che speravo caldamente che col passare degli anni fossero cambiati i toni ho scoperto che no, anzi, forse è anche peggio. Quando leggi commenti del tipo "avete paura di partorire? Mammolette che non siete altro" (giuro, era scritto proprio così) ti cadono le tonsille (capitemi). Ma non è questo l'argomento del post.
Mentre andavo a prendere mio figlio a scuola riflettevo su quali fossero le cose che più mi ricordano che sono una mamma, visto che ho sempre sostenuto che si diventa madri solo un minuto dopo, e di cose me ne sono venute in mente decine e decine. E non tutte belle.
Dopo nove anni io mi sento "mamma" quando devo scegliere tra cosa è bene e cosa fa contento mio figlio, perchè non sempre le due cose coincidono, e ogni piccola o grande scelta devo farla guardando avanti nel tempo, non solo al qui ed ora. E son cavoli.
Mi sento mamma quando devo rinunciare a un piccolo piacere personale per soddisfare una sua necessità, piccola o grande che sia.
Quando prima di accettare o meno un qualsiasi impegno devo farmi delle domande obbligatorie: e lui? Riesco a portarlo/riprenderlo a scuola? Fargli da mangiare? Portarlo a judo? E via dicendo. Se anche una sola di queste domande rimane senza risposta non posso accettare, senza alternativa alcuna.
Quando devo imporre un "no" con tutte le mie forze, con tutta la mia determinazione e con tutta la mia fermezza, perchè solo la consapevolezza che è un NO giusto e sacrosanto non mi fa piegare davanti alla delusione ed al pianto di lui quando lo riceve.
Quando sento il cuore stringersi davanti alla conquista di una sua piccola libertà, perchè so che ogni passo verso l'autonomia è un passo in più lontano dal bisogno di me, ma il mio dovere è consegnarlo al mondo, non trattenerlo, e se cammina avanti è segno che sto lavorando bene.
Quando brontolo per la quantità esorbitante di pantaloni e calzini da lavare che mi ritrovo a raccogliere ogni giorno per casa, a gettare regolarmente nel cestone e a cui non riesco quasi a dare il giro, perchè se si sporca è segno che si diverte, ma accidenti, almeno imparasse a non lasciarli in giro.
Quando devo firmare i buoni pasto per la mensa scolastica, gli avvisi delle insegnanti, le note sul libretto, le pagelle, le autorizzazioni per le gite, per le foto a scuola, per i voti sulle verifiche, il libretto sanitario, il rinnovo dell'iscrizione a judo, e tante altre cose che adesso non mi vengono in mente.
Quando soffre nell'anima e sono consapevole che non ho i cerotti adatti, e vorrei che abbracciandolo si risolvese tutto ma non si può, perchè a nove anni non si hanno più per la testa solo i cartoni animati, e tu, mamma, lo sai.
Ogni sacrosanta mattina quando non c'è nessuno che lo svegli al posto mio, che al posto mio invece di iniziare la mattinata dolcemente e serenamente lo deve fare con l'orologio in mano e tirar giù rosari per farlo alzare (per me poi, narcolettica DOC, anche solo questo è uno sforzo sovrumano), predicare perchè riesca a vestirsi in meno di mezz'ora, per farlo andare in bagno prima e per farcelo uscire poi, per fare il conteggio dei biscotti e quantificare le cucchiaiate di miele nel latte nonchè i secondi impostati sul display del microonde per scaldarlo, per ricordargli ogni santa mattina che le scarpe vanno infilate entrambe e possibilmente una a distanza di pochi secondi dall'altra e non di un quarto d'ora, per fare in modo che controlli che in cartella ci sia tutto, sentirsi dire con tono seccato "si mamma non serve che me lo ripeti ogni giorno" e sistematicamente vedersi recapitare la nota della maestra sul diario: "si rende noto che anche oggi il Power si è presentato a scuola senza il quaderno di musica".
Quando inciampo nei mattoncini del lego, apro la portina dell'armadietto del bagno davanti al water per prendere un asciugamano pulito e ci trovo l'ultimo almanacco di Topolino, vado a fare la spesa e mi riempio la borsa di personaggi di Asterix di quelli che "ogni quindici euro di spesa uno in omaggio fino alla fine di giugno", valuto di volta in volta se valga la pena spendere qualche euro per mettere una toppa sulle ginocchia di un paio di pantaloni (che comunque dopo qualche settimana andrebbero messi tra color che son sospesi causa allungo delle gambe del proprietario), trovo carte di Yu-Gi-Oh in ogni angolo di casa.
Mi sento mamma quando devo ripetere la stessa cosa millemila volte, ricevo millemila volte la stessa risposta (si mamma ho capito) e mi ritrovo a doverla ripetere per la millemilaeunesima volta tre minuti dopo, e infine facendo mente locale realizzare tra me e me con rassegnazione che mi sto comportando esattamente come mia madre trent'anni fa.
Mi sento mamma quando devo spiegare qualcosa per cui non trovo le parole adatte. E nessuno può farlo al posto mio.
Mi ci sento quando vorrei evitare una spiegazione ma non posso farlo, e spiegare mi costa. E nessuno può farlo al posto mio.
Mi ci sento quando spiegazioni non ce ne sono e non riesco a farglielo accettare. E nessuno può farlo al posto mio.
Poi arrivo a scuola, due insegnanti mi aspettano a braccia conserte e con sguardo eloquente, inizio a sentire i brividi di terrore correre dal collo al fondoschiena passando lungo la spina dorsale, ne avverto il salto di vertebra in vertebra, lo stomaco si chiude e divento come la lancetta di un metronomo lanciata a massima velocità, passo da mamma-tigre a mamma-verme alternativamente, ripetutamente, di frazione di secondo in frazione di secondo. Oggi il Power l'ha combinata grossa, grossissima, enorme.
A distanza di sette ore circa meno quasi, mi sento mamma per aver ingoiato, per aver rimproverato, urlato, per aver castigato, il tutto sperando e pregando il cielo che serva a qualcosa, e nel terrore che non sia così; per essermi sentita per l'ennesima volta una madre incapace, fragile, esasperata, inadatta a svolgere il mio ruolo come si deve, inefficiente e inefficace, per non riuscire a capire l'origine dei miei errori e non riuscire a trovare una soluzione, per aver pianto ancora.
Altro che epidurale.
Comunque.
Sono qui. Sono qui e la prendo larga.
Oggi, nel pomeriggio, dopo uno scambio di commenti sul post di un'amica su FB (si Romina, sto parlando di te), mi son detta "ecco, oggi ho qualcosa da scrivere". Si parlava della sua bella panzotta, di epidurale, di paura, del dolore del parto e di compagnia bella, di tutte quelle cose in cui si è immerse nei nove mesi più particolari della vita di una donna che diventa madre, cose che adesso mi sembrano lontanissime e insignificanti paragonate a tutto quello che è venuto dopo, ma che in effetti fanno parte del percorso e non sono meno importanti mentre le si vive. Ho scoperto che mi infoio ancora come una belva quando leggo di donne che sventolano il loro rifiuto dell'analgesia (leggi epidurale) come segno del loro atto di eroismo nel voler godere a tutti i costi di tutto il dolore possibile nel diventare madri. Mi ci infoio perchè mi sembra stupido che di questi tempi ci siano donne così cricetocefale (passatemela) da quantificare il grado di "maternità" in base a quanto una soffre mentre dà alla luce una creatura (e le madri adottive? Ne ho conosciute di straordinarie, pur non avendo partorito). Perchè non so quante di quelle che leggono in questo momento sono passate in certi forum sulla gravidanza e sulla maternità mentre erano o sono in attesa, come direbbe una mia Amica sono veri e propri forum terroristici, ti infarciscono di sensi di colpa quando non ti fanno sentire una che viene da Marte, e io che speravo caldamente che col passare degli anni fossero cambiati i toni ho scoperto che no, anzi, forse è anche peggio. Quando leggi commenti del tipo "avete paura di partorire? Mammolette che non siete altro" (giuro, era scritto proprio così) ti cadono le tonsille (capitemi). Ma non è questo l'argomento del post.
Mentre andavo a prendere mio figlio a scuola riflettevo su quali fossero le cose che più mi ricordano che sono una mamma, visto che ho sempre sostenuto che si diventa madri solo un minuto dopo, e di cose me ne sono venute in mente decine e decine. E non tutte belle.
Dopo nove anni io mi sento "mamma" quando devo scegliere tra cosa è bene e cosa fa contento mio figlio, perchè non sempre le due cose coincidono, e ogni piccola o grande scelta devo farla guardando avanti nel tempo, non solo al qui ed ora. E son cavoli.
Mi sento mamma quando devo rinunciare a un piccolo piacere personale per soddisfare una sua necessità, piccola o grande che sia.
Quando prima di accettare o meno un qualsiasi impegno devo farmi delle domande obbligatorie: e lui? Riesco a portarlo/riprenderlo a scuola? Fargli da mangiare? Portarlo a judo? E via dicendo. Se anche una sola di queste domande rimane senza risposta non posso accettare, senza alternativa alcuna.
Quando devo imporre un "no" con tutte le mie forze, con tutta la mia determinazione e con tutta la mia fermezza, perchè solo la consapevolezza che è un NO giusto e sacrosanto non mi fa piegare davanti alla delusione ed al pianto di lui quando lo riceve.
Quando sento il cuore stringersi davanti alla conquista di una sua piccola libertà, perchè so che ogni passo verso l'autonomia è un passo in più lontano dal bisogno di me, ma il mio dovere è consegnarlo al mondo, non trattenerlo, e se cammina avanti è segno che sto lavorando bene.
Quando brontolo per la quantità esorbitante di pantaloni e calzini da lavare che mi ritrovo a raccogliere ogni giorno per casa, a gettare regolarmente nel cestone e a cui non riesco quasi a dare il giro, perchè se si sporca è segno che si diverte, ma accidenti, almeno imparasse a non lasciarli in giro.
Quando devo firmare i buoni pasto per la mensa scolastica, gli avvisi delle insegnanti, le note sul libretto, le pagelle, le autorizzazioni per le gite, per le foto a scuola, per i voti sulle verifiche, il libretto sanitario, il rinnovo dell'iscrizione a judo, e tante altre cose che adesso non mi vengono in mente.
Quando soffre nell'anima e sono consapevole che non ho i cerotti adatti, e vorrei che abbracciandolo si risolvese tutto ma non si può, perchè a nove anni non si hanno più per la testa solo i cartoni animati, e tu, mamma, lo sai.
Ogni sacrosanta mattina quando non c'è nessuno che lo svegli al posto mio, che al posto mio invece di iniziare la mattinata dolcemente e serenamente lo deve fare con l'orologio in mano e tirar giù rosari per farlo alzare (per me poi, narcolettica DOC, anche solo questo è uno sforzo sovrumano), predicare perchè riesca a vestirsi in meno di mezz'ora, per farlo andare in bagno prima e per farcelo uscire poi, per fare il conteggio dei biscotti e quantificare le cucchiaiate di miele nel latte nonchè i secondi impostati sul display del microonde per scaldarlo, per ricordargli ogni santa mattina che le scarpe vanno infilate entrambe e possibilmente una a distanza di pochi secondi dall'altra e non di un quarto d'ora, per fare in modo che controlli che in cartella ci sia tutto, sentirsi dire con tono seccato "si mamma non serve che me lo ripeti ogni giorno" e sistematicamente vedersi recapitare la nota della maestra sul diario: "si rende noto che anche oggi il Power si è presentato a scuola senza il quaderno di musica".
Quando inciampo nei mattoncini del lego, apro la portina dell'armadietto del bagno davanti al water per prendere un asciugamano pulito e ci trovo l'ultimo almanacco di Topolino, vado a fare la spesa e mi riempio la borsa di personaggi di Asterix di quelli che "ogni quindici euro di spesa uno in omaggio fino alla fine di giugno", valuto di volta in volta se valga la pena spendere qualche euro per mettere una toppa sulle ginocchia di un paio di pantaloni (che comunque dopo qualche settimana andrebbero messi tra color che son sospesi causa allungo delle gambe del proprietario), trovo carte di Yu-Gi-Oh in ogni angolo di casa.
Mi sento mamma quando devo ripetere la stessa cosa millemila volte, ricevo millemila volte la stessa risposta (si mamma ho capito) e mi ritrovo a doverla ripetere per la millemilaeunesima volta tre minuti dopo, e infine facendo mente locale realizzare tra me e me con rassegnazione che mi sto comportando esattamente come mia madre trent'anni fa.
Mi sento mamma quando devo spiegare qualcosa per cui non trovo le parole adatte. E nessuno può farlo al posto mio.
Mi ci sento quando vorrei evitare una spiegazione ma non posso farlo, e spiegare mi costa. E nessuno può farlo al posto mio.
Mi ci sento quando spiegazioni non ce ne sono e non riesco a farglielo accettare. E nessuno può farlo al posto mio.
Poi arrivo a scuola, due insegnanti mi aspettano a braccia conserte e con sguardo eloquente, inizio a sentire i brividi di terrore correre dal collo al fondoschiena passando lungo la spina dorsale, ne avverto il salto di vertebra in vertebra, lo stomaco si chiude e divento come la lancetta di un metronomo lanciata a massima velocità, passo da mamma-tigre a mamma-verme alternativamente, ripetutamente, di frazione di secondo in frazione di secondo. Oggi il Power l'ha combinata grossa, grossissima, enorme.
A distanza di sette ore circa meno quasi, mi sento mamma per aver ingoiato, per aver rimproverato, urlato, per aver castigato, il tutto sperando e pregando il cielo che serva a qualcosa, e nel terrore che non sia così; per essermi sentita per l'ennesima volta una madre incapace, fragile, esasperata, inadatta a svolgere il mio ruolo come si deve, inefficiente e inefficace, per non riuscire a capire l'origine dei miei errori e non riuscire a trovare una soluzione, per aver pianto ancora.
Altro che epidurale.
Parlando di
domande del cavolo,
prettamente baby,
tra mamigà e mamigà
sabato 20 aprile 2013
La cintura!
Ed eccolo, dopo aver affrontato un esame a sorpresa giovedì scorso, il Power con la sua nuovissima cintura gialla, orgoglioso come un pavone, e ancora più determinato a raggiungere obiettivi sempre più alti in questa disciplina che gli piace proprio tanto tanto (e gli fa anche bene, proprio tanto tanto e in tutti i sensi :-)
Ho assistito all'esame dietro alla porta, senza farmi vedere (il maestro ovviamente mi aveva avvisato mezz'ora prima della lezione). Il Power non si smentisce mai: se il maestro chiedeva dieci, lui rispondeva cinquanta. Come a scuola: nessuno lo batte nelle interrogazioni, anzi, la maestra il più delle volte deve tappargli la bocca per lasciare il tempo di interrogare anche gli altri. L'esatto contrario di sua madre, che solo ad alzarsi in piedi davanti alla classe le si paralizzavano le corde vocali.
Bravo Power, adesso mettiamo a lavare il judoghi, che giocare nell'erba per festeggiare non l'ha proprio restituito candido all'appendino :D
Ho assistito all'esame dietro alla porta, senza farmi vedere (il maestro ovviamente mi aveva avvisato mezz'ora prima della lezione). Il Power non si smentisce mai: se il maestro chiedeva dieci, lui rispondeva cinquanta. Come a scuola: nessuno lo batte nelle interrogazioni, anzi, la maestra il più delle volte deve tappargli la bocca per lasciare il tempo di interrogare anche gli altri. L'esatto contrario di sua madre, che solo ad alzarsi in piedi davanti alla classe le si paralizzavano le corde vocali.
Bravo Power, adesso mettiamo a lavare il judoghi, che giocare nell'erba per festeggiare non l'ha proprio restituito candido all'appendino :D
sabato 13 aprile 2013
Lezioni
Oggi il Power ha partecipato ad una manifestazione di judo riservata ai piccoli atleti in età non agonistica (sotto gli undici anni in pratica) provenienti da una bella fetta di Friuli, dal Pordenonese in su. Io non sono andata a vederlo per motivi miei (ho grossi problemi con la schiena in questi giorni), ma il riassunto del Gatto Alfa e il filmato che gli ha fatto durante l'esibizione mi hanno permesso di ricostruire il pomeriggio andando oltre l'omertà dell'interessato (More come è andata? -Mmmmgnum. Non te lo dico. Ma hai fatto la crostata per dopo cena vero?). Ed ecco più o meno il sunto.
Power sale sul tatami con i suoi quattro compagni di Dojo. Viene abbinato ad una mezza cintura superiore per il combattimento (per questioni di... stazza). Sul tatami tante coppie gareggiano contemporaneamente, ad ogni coppia vengono assegnati due giudici.
Rei. Ajimè.
Power, dopo un inizio bello tosto ma perfettamente regolare, commette una infrazione tirando una testata non proprio regolamentare all'avversario. Riceve il primo ammonimento.
Power commette una seconda infrazione non ben identificata, nota solo agli addetti ai lavori. Riceve il secondo ammonimento.
Power sta per atterrare l'avversario, ma l'avversario si ripiglia e lo stende.
Primo tentativo di rovesciamento: fallito.
Secondo tentativo di rovesciamento: ci riesce. Ma l'avversario gli crolla su un polso.
Power frigna di dolore per quattro secondi. Poi si rialza e mentre dalle orecchie inizia ad uscire con una pressione pargonabile a quella di una caffettiera in piena ebollizione un fumo nerastro, "unge con un complimento di finezza superiore, nobiltà di linguaggio ed elegante espressività" il malcapitato giallo-cinto che ha di fronte: "riprovaci e ti spacco la testa".
Matè.
Power viene espulso per grave infrazione al regolamento.
A judo non si scherza: è una disciplina che ha delle regole, poche, ben precise e chiare, o ci si attiene o si viene puniti, punto. Senza sconti e a qualsiasi grado.
In questi casi la diplomazia dell'ambiente dove si esercitano le arti marziali è la fortuna di mio figlio, perchè io, che sono molto più terra-terra e molto poco - diciamo così - lady, un "ripetilo e ti appendo per le palle al lampadario" me lo sarei tenuto in bocca solo a seguito di uno sforzo che va al di là di ogni umana immaginazione (ecco perchè il gaviscon non uscirà mai di produzione, anzi, sto meditando di farmene installare in giardino un serbatoio interrato con rubinetto esterno, sai quanta plastica in meno nelle immondizie a forza di bustine). Dovevo finirlo il corso di Qi Gong, non mollarlo a metà, forse ci avrei ricavato qualcosa di utile anche in questo senso, chissà. Ma basta divagare, torniamo al soggetto in questione.
Corre dal Gatto Alfa a farsi consolare, l'affronto è abnorme, lo smacco è inaccettabile, la rabbia un torrente in piena che neanche l'alluvione del '66; chiede di abbandonare il posto, gli viene risposto che se si esce indietro non si torna, Power affronta la sfida e torna sul tatami a testa alta. A prendere comunque la medaglia di partecipazione che danno a tutti i bambini, perchè il maestro del maestro (non sto a spiegare chi è perchè è un po' complicato) gli ha detto chiaro e tondo con il suo solito tono imperioso e rassicurante, forte dei suoi decenni di esperienza e settecentoquarantaduemila (...) dan in cintura: non sei stato buttato fuori, nel judo non si butta fuori nessuno, hai solo perso un combattimento.
Dirò la verità. A vedere il filmato mi è venuto il magone, perchè non sono diversa dalle altre mamme, c'è poco da fare: dispiace. E vedere tutti gli altri bambini composti, ubbidienti, lineari, precisi, educati, contenuti nelle espressioni, rispettosi delle regole (e apparentemente tutti uguali aggiungo io, ma ho un momento sarcastico, che volete...) tranne il mio mi fa salire in gola un velo di tristezza perchè so cosa gli passa per la testa, e so quanta fatica fa a governare le sue emozioni. E' una lotta con sè stesso, ed è molto, ma molto più dura di un testa-a-testa con un qualsiasi compagno di judo.
Ma Power oggi ha imparato più di una lezione, e va bene così. E' la sua strada, e può percorrerla solo lui. Anche, quando è necessario, sbattendo il naso contro il muro.
Power sale sul tatami con i suoi quattro compagni di Dojo. Viene abbinato ad una mezza cintura superiore per il combattimento (per questioni di... stazza). Sul tatami tante coppie gareggiano contemporaneamente, ad ogni coppia vengono assegnati due giudici.
Rei. Ajimè.
Power, dopo un inizio bello tosto ma perfettamente regolare, commette una infrazione tirando una testata non proprio regolamentare all'avversario. Riceve il primo ammonimento.
Power commette una seconda infrazione non ben identificata, nota solo agli addetti ai lavori. Riceve il secondo ammonimento.
Power sta per atterrare l'avversario, ma l'avversario si ripiglia e lo stende.
Primo tentativo di rovesciamento: fallito.
Secondo tentativo di rovesciamento: ci riesce. Ma l'avversario gli crolla su un polso.
Power frigna di dolore per quattro secondi. Poi si rialza e mentre dalle orecchie inizia ad uscire con una pressione pargonabile a quella di una caffettiera in piena ebollizione un fumo nerastro, "unge con un complimento di finezza superiore, nobiltà di linguaggio ed elegante espressività" il malcapitato giallo-cinto che ha di fronte: "riprovaci e ti spacco la testa".
Matè.
Power viene espulso per grave infrazione al regolamento.
A judo non si scherza: è una disciplina che ha delle regole, poche, ben precise e chiare, o ci si attiene o si viene puniti, punto. Senza sconti e a qualsiasi grado.
In questi casi la diplomazia dell'ambiente dove si esercitano le arti marziali è la fortuna di mio figlio, perchè io, che sono molto più terra-terra e molto poco - diciamo così - lady, un "ripetilo e ti appendo per le palle al lampadario" me lo sarei tenuto in bocca solo a seguito di uno sforzo che va al di là di ogni umana immaginazione (ecco perchè il gaviscon non uscirà mai di produzione, anzi, sto meditando di farmene installare in giardino un serbatoio interrato con rubinetto esterno, sai quanta plastica in meno nelle immondizie a forza di bustine). Dovevo finirlo il corso di Qi Gong, non mollarlo a metà, forse ci avrei ricavato qualcosa di utile anche in questo senso, chissà. Ma basta divagare, torniamo al soggetto in questione.
Corre dal Gatto Alfa a farsi consolare, l'affronto è abnorme, lo smacco è inaccettabile, la rabbia un torrente in piena che neanche l'alluvione del '66; chiede di abbandonare il posto, gli viene risposto che se si esce indietro non si torna, Power affronta la sfida e torna sul tatami a testa alta. A prendere comunque la medaglia di partecipazione che danno a tutti i bambini, perchè il maestro del maestro (non sto a spiegare chi è perchè è un po' complicato) gli ha detto chiaro e tondo con il suo solito tono imperioso e rassicurante, forte dei suoi decenni di esperienza e settecentoquarantaduemila (...) dan in cintura: non sei stato buttato fuori, nel judo non si butta fuori nessuno, hai solo perso un combattimento.
Dirò la verità. A vedere il filmato mi è venuto il magone, perchè non sono diversa dalle altre mamme, c'è poco da fare: dispiace. E vedere tutti gli altri bambini composti, ubbidienti, lineari, precisi, educati, contenuti nelle espressioni, rispettosi delle regole (e apparentemente tutti uguali aggiungo io, ma ho un momento sarcastico, che volete...) tranne il mio mi fa salire in gola un velo di tristezza perchè so cosa gli passa per la testa, e so quanta fatica fa a governare le sue emozioni. E' una lotta con sè stesso, ed è molto, ma molto più dura di un testa-a-testa con un qualsiasi compagno di judo.
Ma Power oggi ha imparato più di una lezione, e va bene così. E' la sua strada, e può percorrerla solo lui. Anche, quando è necessario, sbattendo il naso contro il muro.
domenica 7 aprile 2013
La prima Confessione
Ieri pomeriggio il Power ha fatto la Prima Confessione. Momento importantissimo, una tappa importante per lui e per noi che abbiamo scelto di farlo camminare in questa direzione.
Mi sono commossa moltissimo, principalmente per un motivo: sono le situazioni, queste, in cui passato e futuro si sovrappongono in un presente tutto nuovo.
Io la MIA prima confessione me la ricordo molto bene. O meglio, ricordo i pensieri che facevo, ricordo il pomeriggio, l'atmosfera di una chiesa piena di bambini (eravamo tantissimi, quasi duecento bambini in una parocchia poco fuori dal centro di Mestre), l'emozione e l'attesa, e la sensazione di leggerezza quando alla fine hanno smesso di tremarmi le gambe. Dopo, io e la mia famiglia siamo andati al bar (cosa che facevamo raramente) a prendere un gelato per festeggiare, e ricordo anche che tipo di gelato scelsi. Avevo otto anni e mezzo, ma andavo in terza elementare come mio figlio oggi.
Ecco, ieri c'era mio figlio nel secondo banco davanti, tra i suoi meno di trenta compagni tra bambini e bambine più qualche bimbo delle altre parrocchie delle frazioni del paese, come trent'anni fa le femminucce tutte compunte e i maschietti con molto poca pazienza (eh beh), il Power è stato il primo ad accostarsi al Sacramento. Era emozionato, me lo ripeteva da una settimana, ma l'emozione non gli ha impedito di affrontare questa cosa sicuro di quello che stava facendo e senza un minimo di tentennamento.
Mio figlio che ripercorre le tappe che abbiamo percorso io e suo padre prima di lui, ma a modo suo, con la sua personalità, i suoi pensieri, il suo modo di sentire le cose dentro di sè, cose che a noi non è dato di conoscere se non in minima parte, ma che ci rende orgogliosi di avere il posto che abbiamo nella sua storia. Mio figlio che ora ha anche i suoi segreti, che ne è geloso sapendo di poterlo essere e ne è orgoglioso.
Dopo la funzione ci siamo trasferiti tutti in ricreatorio, a consumare un rinfresco preparato da tutte le famiglie, ognuna con il suo contributo mangereccio. Alla fine mi sono fermata con altre mamme a pulire, e ho passato un'ora piacevole a chiacchierare e a ridere come non facevo da molto tempo. Ci si vede tutti i giorni dai tempi dell'asilo, le mamme sono sempre le stesse, ma queste sono le occasioni in cui non si va di fretta e c'è tutto lo spazio per godere della compagnia reciproca.
Stamattina la seconda parte del rito: durante la Messa i bambini sono stati presentati alla comunità, uno ad uno, chiamati per nome e cognome sull'altare. C'era una folla: mamme, papà, nonni, zii e zie, tantissima gente. Per il Power c'ero solo io. Ma d'altronde modestia a parte sono il suo personaggio preferito dopo suo padre e Asterix, ma oggi il Gatto Alfa è al lavoro e Asterix aveva da fare con Cesare. Per lui io bastavo.
Non credevo che mio figlio riuscisse a comportarsi così bene senza il controllo mio o di suo padre. Sta decisamente crescendo. Anche se il suo timbro da Power ha dovuto metterlo a tutti i costi: quando il sacerdote l'ha chiamato per nome si è presentato facendo il gesto da Fonzie. O yeah.
Mi sono commossa moltissimo, principalmente per un motivo: sono le situazioni, queste, in cui passato e futuro si sovrappongono in un presente tutto nuovo.
Io la MIA prima confessione me la ricordo molto bene. O meglio, ricordo i pensieri che facevo, ricordo il pomeriggio, l'atmosfera di una chiesa piena di bambini (eravamo tantissimi, quasi duecento bambini in una parocchia poco fuori dal centro di Mestre), l'emozione e l'attesa, e la sensazione di leggerezza quando alla fine hanno smesso di tremarmi le gambe. Dopo, io e la mia famiglia siamo andati al bar (cosa che facevamo raramente) a prendere un gelato per festeggiare, e ricordo anche che tipo di gelato scelsi. Avevo otto anni e mezzo, ma andavo in terza elementare come mio figlio oggi.
Ecco, ieri c'era mio figlio nel secondo banco davanti, tra i suoi meno di trenta compagni tra bambini e bambine più qualche bimbo delle altre parrocchie delle frazioni del paese, come trent'anni fa le femminucce tutte compunte e i maschietti con molto poca pazienza (eh beh), il Power è stato il primo ad accostarsi al Sacramento. Era emozionato, me lo ripeteva da una settimana, ma l'emozione non gli ha impedito di affrontare questa cosa sicuro di quello che stava facendo e senza un minimo di tentennamento.
Mio figlio che ripercorre le tappe che abbiamo percorso io e suo padre prima di lui, ma a modo suo, con la sua personalità, i suoi pensieri, il suo modo di sentire le cose dentro di sè, cose che a noi non è dato di conoscere se non in minima parte, ma che ci rende orgogliosi di avere il posto che abbiamo nella sua storia. Mio figlio che ora ha anche i suoi segreti, che ne è geloso sapendo di poterlo essere e ne è orgoglioso.
Dopo la funzione ci siamo trasferiti tutti in ricreatorio, a consumare un rinfresco preparato da tutte le famiglie, ognuna con il suo contributo mangereccio. Alla fine mi sono fermata con altre mamme a pulire, e ho passato un'ora piacevole a chiacchierare e a ridere come non facevo da molto tempo. Ci si vede tutti i giorni dai tempi dell'asilo, le mamme sono sempre le stesse, ma queste sono le occasioni in cui non si va di fretta e c'è tutto lo spazio per godere della compagnia reciproca.
Stamattina la seconda parte del rito: durante la Messa i bambini sono stati presentati alla comunità, uno ad uno, chiamati per nome e cognome sull'altare. C'era una folla: mamme, papà, nonni, zii e zie, tantissima gente. Per il Power c'ero solo io. Ma d'altronde modestia a parte sono il suo personaggio preferito dopo suo padre e Asterix, ma oggi il Gatto Alfa è al lavoro e Asterix aveva da fare con Cesare. Per lui io bastavo.
Non credevo che mio figlio riuscisse a comportarsi così bene senza il controllo mio o di suo padre. Sta decisamente crescendo. Anche se il suo timbro da Power ha dovuto metterlo a tutti i costi: quando il sacerdote l'ha chiamato per nome si è presentato facendo il gesto da Fonzie. O yeah.
mercoledì 6 marzo 2013
Sproloqui - La rana è nello stagno
-Mamma, ripeti con me. La rana è nello stagno.
-La rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- dov'è la rana?
M- dov'è la rana?
-Ma O.o ma come! Ma come hai fatto! Com'è che non ci sei cascata! L'ha inventata Simone! Me l'ha detta oggi! Non è possibile!
- Si beh, in effetti è possibile. E' possibile , perchè no?, che si chiamasse Simone il tipo che l'ha inventata. Quaranta e più anni fa.
Ps. Il Gatto Alfa, due ore dopo ci è cascato come una pera :D
-La rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- la rana è nello stagno.
M - la rana è nello stagno.
P- dov'è la rana?
M- dov'è la rana?
-Ma O.o ma come! Ma come hai fatto! Com'è che non ci sei cascata! L'ha inventata Simone! Me l'ha detta oggi! Non è possibile!
- Si beh, in effetti è possibile. E' possibile , perchè no?, che si chiamasse Simone il tipo che l'ha inventata. Quaranta e più anni fa.
Ps. Il Gatto Alfa, due ore dopo ci è cascato come una pera :D
venerdì 1 marzo 2013
Brucio la strada!
Si era arrivati al punto che pedalando, si dava delle ginocchiate memorabili ai gomiti. Oltre, naturalmente, a fare una fatica da Ercole a fare strada, perchè mettici il cambio ormai usurato (e massacrato dalla delicatezza del pilota, diciamolo), mettici il motore che ha raggiunto una potenza troppo sproporzionata rispetto alla dimensione di semiasse e pneumatici, i cinquecento metri da casa a scuola stavano diventando più uffosi del necessario da percorrersi.
Insomma, stamattina il Power ha cambiato bici. Ha inforcato la terza bicicletta della sua vita (escludiamo il triciclo, non vale), questa come la prima presa di seconda mano per pochissime decine di euro (tanto se va bene dovrà usarla solo per qualche anno, molto pochi se continua a crescere con questo ritmo). C'è da darle una riverniciata, registrare i pattini dei freni ed aggiustare il cambio, ma finchè non si trova il giorno giusto per lasciarla al meccanico si può comunque adoperare. E si è adoperato eccome, oggi. Un po' di pratica per salire e scendere (anche col sellino abbassato al minimo arriva a terra giusto la punta di un piede, l'altro no, ma son dettagli), e via, che questa corre veloce, vuoi mettere rispetto a quella di prima? Si può partire alle otto meno due anzichè alle otto meno cinque, e ti par poco?
Perchè con questa, mamma, BRUCIO LA STRADA!
Insomma, stamattina il Power ha cambiato bici. Ha inforcato la terza bicicletta della sua vita (escludiamo il triciclo, non vale), questa come la prima presa di seconda mano per pochissime decine di euro (tanto se va bene dovrà usarla solo per qualche anno, molto pochi se continua a crescere con questo ritmo). C'è da darle una riverniciata, registrare i pattini dei freni ed aggiustare il cambio, ma finchè non si trova il giorno giusto per lasciarla al meccanico si può comunque adoperare. E si è adoperato eccome, oggi. Un po' di pratica per salire e scendere (anche col sellino abbassato al minimo arriva a terra giusto la punta di un piede, l'altro no, ma son dettagli), e via, che questa corre veloce, vuoi mettere rispetto a quella di prima? Si può partire alle otto meno due anzichè alle otto meno cinque, e ti par poco?
Perchè con questa, mamma, BRUCIO LA STRADA!
domenica 9 settembre 2012
A scuola!
Domani si torna a scuola. A differenza del resto della Regione che inizia mercoledì 12, in paese la scuola riapre domani, per poter recuperare i due giorni di chiusura per la festa dei Santi.
Si ricomincia, dunque. Nei giorni scorsi, lista delle insegnanti alla mano, ci siamo premurati di recuperare tutto il materiale necessario per ripartire, e ciò nonostante stamattina, nel preparare cartella e borsa, ci siamo resi conto che mancano tre quaderni a quadretti con i margini. Non è grave, se li portiamo martedì o mercoledì non muore nessuno.
Sempre nei giorni scorsi, chi (praticamente tutti quelli che incrociavano la nostra strada) ha chiesto al Power se fosse pronto, si è sentito rispondere con un grugnito. Che io ho poco da raccontargli che darei qualsiasi cosa per tornare alle elementari perchè a me la scuola piaceva, adesso a scuola ci va lui, e se si potesse il posto me lo cederebbe volentieri, conoscendolo. Ma tant'è, si riparte con un anno in più sulle spalle e in testa, dopo un'estate che per me è durata troppo, e per lui troppo poco.
Sarò sincera: dopo le possibilità sempre più rade di usare la bicicletta, l'arrivo dell'autunno mi dispiace solo per un secondo motivo, che è il non averlo più tra i piedi. Avrà il carattere che ha e non è semplice gestirlo, ma a me averlo attorno tutto sommato piace. Riempie la casa con la sua presenza, adoro il silenzio ma lui è lui, e posso sbottargli dietro millemila volte, ma è il mio bambino, ovviamente. E' mio figlio che cresce, e vederlo crescere mi inorgoglisce in maniera esponenziale come è naturale che sia, ma il rendermi conto che le sue autonomie sono sempre più importanti mi lascia un filo di malinconia addosso.
Insomma, quest'anno si va in TERZA ELEMENTARE. Con le righe di terza sui quadernoni, le insegnanti che premono perchè l'impegno sia maggiore rispetto allo scorso anno (ovvio), l'economica penna biro al posto della più costosa e cancellabile sferografica, la solita scorta formato bancale di colla stick e di temperini con il serbatoio, l'etichettatura tanto maniacale quanto inutile di matite e cancelleria varia, due paia di scarpe nuove (di cui uno da lasciare a scuola per l'ora di motoria) numero 37, il rifornimento di pantaloni jeans e di tuta taglia 14 anni a cui ho accorciato l'orlo nei giorni scorsi (a cui sicuramente farà seguito entro un mese o due al massimo l'applicazione di toppe alle ginocchia), e la notizia fresca fresca di spetteguless che l'unica insegnante che godeva della nostra stima, quella di italiano, cambia. "Nostra" inteso di noi genitori, perchè mio figlio alla esternazione della novella ha risposto con un "evviva, meno male che non è quella di matematica!!!". Ti credo, la prima ti faceva lavorare, la seconda... ok, non vado oltre.
Buona scuola Power Ranger Mystic Force, buon anno. Che siano con te la pazienza e un barlume di senso di responsabilità, non ti manchi mai quel poco di ottimismo e di autostima che ti aiuteranno più della tua intelligenza, e magari cerca di non perdere la scatola della merenda come l'anno scorso, che la marmellata in mezzo al panino esce tutta se lo infili direttamente in mezzo ai libri, e non è il massimo leccarla dalla stagnola.
Si ricomincia, dunque. Nei giorni scorsi, lista delle insegnanti alla mano, ci siamo premurati di recuperare tutto il materiale necessario per ripartire, e ciò nonostante stamattina, nel preparare cartella e borsa, ci siamo resi conto che mancano tre quaderni a quadretti con i margini. Non è grave, se li portiamo martedì o mercoledì non muore nessuno.
Sempre nei giorni scorsi, chi (praticamente tutti quelli che incrociavano la nostra strada) ha chiesto al Power se fosse pronto, si è sentito rispondere con un grugnito. Che io ho poco da raccontargli che darei qualsiasi cosa per tornare alle elementari perchè a me la scuola piaceva, adesso a scuola ci va lui, e se si potesse il posto me lo cederebbe volentieri, conoscendolo. Ma tant'è, si riparte con un anno in più sulle spalle e in testa, dopo un'estate che per me è durata troppo, e per lui troppo poco.
Sarò sincera: dopo le possibilità sempre più rade di usare la bicicletta, l'arrivo dell'autunno mi dispiace solo per un secondo motivo, che è il non averlo più tra i piedi. Avrà il carattere che ha e non è semplice gestirlo, ma a me averlo attorno tutto sommato piace. Riempie la casa con la sua presenza, adoro il silenzio ma lui è lui, e posso sbottargli dietro millemila volte, ma è il mio bambino, ovviamente. E' mio figlio che cresce, e vederlo crescere mi inorgoglisce in maniera esponenziale come è naturale che sia, ma il rendermi conto che le sue autonomie sono sempre più importanti mi lascia un filo di malinconia addosso.
Insomma, quest'anno si va in TERZA ELEMENTARE. Con le righe di terza sui quadernoni, le insegnanti che premono perchè l'impegno sia maggiore rispetto allo scorso anno (ovvio), l'economica penna biro al posto della più costosa e cancellabile sferografica, la solita scorta formato bancale di colla stick e di temperini con il serbatoio, l'etichettatura tanto maniacale quanto inutile di matite e cancelleria varia, due paia di scarpe nuove (di cui uno da lasciare a scuola per l'ora di motoria) numero 37, il rifornimento di pantaloni jeans e di tuta taglia 14 anni a cui ho accorciato l'orlo nei giorni scorsi (a cui sicuramente farà seguito entro un mese o due al massimo l'applicazione di toppe alle ginocchia), e la notizia fresca fresca di spetteguless che l'unica insegnante che godeva della nostra stima, quella di italiano, cambia. "Nostra" inteso di noi genitori, perchè mio figlio alla esternazione della novella ha risposto con un "evviva, meno male che non è quella di matematica!!!". Ti credo, la prima ti faceva lavorare, la seconda... ok, non vado oltre.
Buona scuola Power Ranger Mystic Force, buon anno. Che siano con te la pazienza e un barlume di senso di responsabilità, non ti manchi mai quel poco di ottimismo e di autostima che ti aiuteranno più della tua intelligenza, e magari cerca di non perdere la scatola della merenda come l'anno scorso, che la marmellata in mezzo al panino esce tutta se lo infili direttamente in mezzo ai libri, e non è il massimo leccarla dalla stagnola.
Parlando di
accade in fondo al vialetto,
power at school,
prettamente baby,
sproloqui
martedì 13 marzo 2012
Piccoli monelli crescono
Nello spogliatoio ha fatto disastri. Ha iniziato ad usare la cintura a mò di lazo, facendo fuggire i compagni a destra e a sinistra. Il Power si è rifugiato sotto al tavolo, e nell'impossibilità di colpirlo al volo lo ha raggiunto a gattoni, gli ha legato la cintura alla caviglia (come ha fatto non lo so, ma mio figlio è proprio tordolo...) e lo ha tirato fuori a strattoni. Il Power, anzichè difendersi, frigna (ma dico io, va bene che il maestro ha ordinato "niente Judo fuori dal tatami", ma a tutto c'è un limite! Cavolo, il Di è la metà di te, e ti lasci trattare come un peluche in lavatrice...).
Un bambino è uscito fuori a chiamare la madre, che noncurante delle urla provenienti dalla stanzetta chiacchierava beatamente sostenendo che lei per il suo piccolo (anche Hitler a sette anni era piccolo, aggiungo io) darebbe l'anima.
Entrata (finalmente) nell'arena informa il piccolo imberbe Adolf che i suoi modi di socializzare non sono proprio del tipo che si userebbe in un college britannico. Adolf, as usual, tira fuori la lingua e PRRRR alla lady mummy. Come da prassi.
Piccolo Lord (altrimenti detto "il grillo parlante") si avvicina e ammonisce il fuhrer: smettila di fare così o nessuno gioca più con te.
La dottoressa (che si chiede ancora perchè dal tempo dell'asilo tra mamme la si soprannomini così, ma fa niente), esplode in un signorile FATTI I FATTI TUOI.
Ora, non è che io sia una educatrice laureata in psicopedagogia, nè aspiro a rubare il posto a tata Lucia, ma di certo non mi passerebbe per la testa di abbuonarla a mio figlio e rimproverare l'altro, almeno in un caso del genere. Soprattutto sapendo che non è per pura fantasia se il primo ha già preso in un anno e mezzo di scuola il triplo delle note del Power (e ce ne vuole, credetemi), e se su 30 compagni 29 lo evitano come la peste. E non di certo perchè ha gli occhiali. Insomma, qualche domanda me la farei.
La dottoressa, nel mentre che si batte la testa contro il muro ogni giorno nelle chiacchiere all'uscita della scuola sostenendo che non capisce come mai suo figlio abbia un carattere così viziato, capriccioso e violento, continua a pubblicare su FB infinite moine su quanto sia meraviglioso essere madre e sui modi più patetici per esprimere la sua abnegazione verso il frutto del suo ventre.
Ma dagli uno sculaccione, cazzo.
Un bambino è uscito fuori a chiamare la madre, che noncurante delle urla provenienti dalla stanzetta chiacchierava beatamente sostenendo che lei per il suo piccolo (anche Hitler a sette anni era piccolo, aggiungo io) darebbe l'anima.
Entrata (finalmente) nell'arena informa il piccolo imberbe Adolf che i suoi modi di socializzare non sono proprio del tipo che si userebbe in un college britannico. Adolf, as usual, tira fuori la lingua e PRRRR alla lady mummy. Come da prassi.
Piccolo Lord (altrimenti detto "il grillo parlante") si avvicina e ammonisce il fuhrer: smettila di fare così o nessuno gioca più con te.
La dottoressa (che si chiede ancora perchè dal tempo dell'asilo tra mamme la si soprannomini così, ma fa niente), esplode in un signorile FATTI I FATTI TUOI.
Ora, non è che io sia una educatrice laureata in psicopedagogia, nè aspiro a rubare il posto a tata Lucia, ma di certo non mi passerebbe per la testa di abbuonarla a mio figlio e rimproverare l'altro, almeno in un caso del genere. Soprattutto sapendo che non è per pura fantasia se il primo ha già preso in un anno e mezzo di scuola il triplo delle note del Power (e ce ne vuole, credetemi), e se su 30 compagni 29 lo evitano come la peste. E non di certo perchè ha gli occhiali. Insomma, qualche domanda me la farei.
La dottoressa, nel mentre che si batte la testa contro il muro ogni giorno nelle chiacchiere all'uscita della scuola sostenendo che non capisce come mai suo figlio abbia un carattere così viziato, capriccioso e violento, continua a pubblicare su FB infinite moine su quanto sia meraviglioso essere madre e sui modi più patetici per esprimere la sua abnegazione verso il frutto del suo ventre.
Ma dagli uno sculaccione, cazzo.
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