La peggiore è Amy: ha il pelo finissimo come quello dei cuccioli e fitto fittissimo, a le i ciuffi si staccano mentre zompa qui e là e partono in un volo perpetuo, riesci a catturarli solo con l'aspirapolvere. Ed è regolarmente la prima ad iniziare questo processo.
Artù annusa, si lascia fare relativamente, alla fine ti guarda con il muso a punto interrogativo, glielo leggi proprio addosso: "ricompensa?". Come per ogni cosa. Perchè Artù, da buon bravo gatto edonista che si rispetti, non fa niente gratis. E nemmeno si lascia fare, gratis.
Miki sopporta. Sta ferma, ma ogni tanto mi guarda fissa negli occhi come a dire "spero tu ti renda conto del favore che ti sto facendo nel trattenere una qualsivoglia reazione". Lei, come il fratello, ha il pelo lucidissimo e folto, ma grosso e piuttosto ispido, e spazzolarla è facile.
La Maya vivrebbe con la spazzola addosso. Lei fusa con gli altoparlanti durante la toelettatura, se avesse i superpoteri si porterebbe dietro la spazzola in qualche modo, ci dormirebbe assieme, credo che il suo desiderio nascosto sia che mi venisse il lampo di genio di appenderla in un luogo apposito ben felinabile, a sua disposizione perenne per qualche autograttatina di quando in quando.
Armiamoci di pazienza, rulli adesivi, tubi di remover a go-go e necessaire. In fondo al vialetto è iniziata la muta, per tutti e quattro.
lunedì 25 febbraio 2013
venerdì 22 febbraio 2013
Sbotto, e la pagella
Posso sbottare? Oh si, me ne arrogo tutto il diritto.
Oggi sbotto perchè il medico mi manda a fare una elettromiografia. Giusto per quantificare, perchè la qualifica c'è, ed è bella chiara: sindrome del tunnel carpale. Alla mano destra. Regolare nelle persone affette da patologie reumatiche, dice. E le balle, aggiungo io. Tutto normale, tutto regolare, ma io sono stufa. E' SEMPRE tutto normale secondo loro, SEMPRE tutto compreso nel pacchetto, io però il taglia-e-cuci preferisco farlo a modo mio, su ben altri fantasiosi e colorati supporti.
Sono riuscita a fissare l'esame per il 28 di marzo, a Palma. Da lì, con l'esito, si fila dal chirurgo. Ottimo, rispetto a quello che sento in giro. Da qui a lì se mi sforzo di pensare ad altro è meglio.
Tipo la pagella del Power, che pur con i voti "tirati giù" (parole delle insegnanti) dalla scarsa cura con cui organizza il suo materiale e qualcosa da eccepire (ahem... argh... coff... qualcosa...) sulla condotta, ha portato a casa tutti OTTO e NOVE, fatta eccezione per due "sette" nelle materie che gli difetteranno sempre a causa dei suoi problemi di coordinazione, cioè arte ed educazione fisica. Mi ha commosso il giudizio globale, che a differenza degli anni scorsi ha una netta prevalenza delle lodi sui lati negativi segnalati. Il mio Power cresce e matura, e come ho già scritto altrove, conoscendone le fatiche il valore dei risultati si amplifica in modo non quantificabile.
Oggi sbotto perchè il medico mi manda a fare una elettromiografia. Giusto per quantificare, perchè la qualifica c'è, ed è bella chiara: sindrome del tunnel carpale. Alla mano destra. Regolare nelle persone affette da patologie reumatiche, dice. E le balle, aggiungo io. Tutto normale, tutto regolare, ma io sono stufa. E' SEMPRE tutto normale secondo loro, SEMPRE tutto compreso nel pacchetto, io però il taglia-e-cuci preferisco farlo a modo mio, su ben altri fantasiosi e colorati supporti.
Sono riuscita a fissare l'esame per il 28 di marzo, a Palma. Da lì, con l'esito, si fila dal chirurgo. Ottimo, rispetto a quello che sento in giro. Da qui a lì se mi sforzo di pensare ad altro è meglio.
Tipo la pagella del Power, che pur con i voti "tirati giù" (parole delle insegnanti) dalla scarsa cura con cui organizza il suo materiale e qualcosa da eccepire (ahem... argh... coff... qualcosa...) sulla condotta, ha portato a casa tutti OTTO e NOVE, fatta eccezione per due "sette" nelle materie che gli difetteranno sempre a causa dei suoi problemi di coordinazione, cioè arte ed educazione fisica. Mi ha commosso il giudizio globale, che a differenza degli anni scorsi ha una netta prevalenza delle lodi sui lati negativi segnalati. Il mio Power cresce e matura, e come ho già scritto altrove, conoscendone le fatiche il valore dei risultati si amplifica in modo non quantificabile.
martedì 19 febbraio 2013
domenica 17 febbraio 2013
Virus!
Ed eccoci alle prese con la prima (e spero unica!) ondata di virus intestinale. E' il turno del Power, che da ieri sera non trattiene nulla che non sia l'aria, ed oggi è un peciotto. "Occhio", ha detto la guardia medica, "che è contagiosissima, sono giorni che non faccio che vedere gastroenteriti virali come questa. Prendete le dovute precauzioni". In effetti a scuola le classi sono decimate da giorni per questo motivo. Io, ad ora, ho solo un gran mal di stomaco, ma credo sia più che altro per la nottata trascorsa in bianco. Quanto dispiaccia al Power perdere due giorni di scuola non si può immaginare (-----!)
mercoledì 13 febbraio 2013
La visita oculistica
-Ma dottore, sono venuta sola, devo guidare!
-Non si preoccupi, avrà fastidio solo per vedere da vicino per due o tre ore. Comunque, dato che devo ripeterle l'esame tra sei mesi, la prossima volta venga accompagnata.
-Ok, va bene, ma la prossima volta sia gentile, mi avverta PRIMA di mettermi le gocce negli occhi, che mi sta instillando dell'atropina!
Trentacinque chilometri e tre semafori con il paesaggio interamente innevato a destra e a sinistra, con un riflesso pazzesco e i fari delle auto che marciavano in senso opposto colpirmi gli occhi come spilli, e con gli unici occhiali da sole che avevo in macchina rigati e con la gradazione che portavo dieci anni fa, potendo accertare la velocità di marcia sul tachigrafo molto a sommi capi, per tornare a casa dalla Big City, è stata un'esperienza.
Anche da non ripetere.
(ps. dopo aver accertato che i miei occhi sono a posto in tutto il loro supersplendore dentro-e-fuori, il prossimo passo è radunare il coraggio a secchi e iniziare a prendere la clorochina. Aiuto.)
-Non si preoccupi, avrà fastidio solo per vedere da vicino per due o tre ore. Comunque, dato che devo ripeterle l'esame tra sei mesi, la prossima volta venga accompagnata.
-Ok, va bene, ma la prossima volta sia gentile, mi avverta PRIMA di mettermi le gocce negli occhi, che mi sta instillando dell'atropina!
Trentacinque chilometri e tre semafori con il paesaggio interamente innevato a destra e a sinistra, con un riflesso pazzesco e i fari delle auto che marciavano in senso opposto colpirmi gli occhi come spilli, e con gli unici occhiali da sole che avevo in macchina rigati e con la gradazione che portavo dieci anni fa, potendo accertare la velocità di marcia sul tachigrafo molto a sommi capi, per tornare a casa dalla Big City, è stata un'esperienza.
Anche da non ripetere.
(ps. dopo aver accertato che i miei occhi sono a posto in tutto il loro supersplendore dentro-e-fuori, il prossimo passo è radunare il coraggio a secchi e iniziare a prendere la clorochina. Aiuto.)
venerdì 8 febbraio 2013
Tre anni
Ho recentemente scoperto di non essere l'unica a ricordare alcune particolari date, e tante donne come me possono confermarlo (vero?). Mio marito giorni fa, e il mio medico l'altro giorno (dal quale sono stata per l'ennesima iniezione di decapeptyl, mica per altro), mi hanno chiesto se non sia esagerato da parte mia ricordarle, che se le ricordo significa che ci sono ancora legata. Mi sono sentita un po' patetica.
Ma d'altra parte provateci, se vi riesce.
Provateci a dimenticare il giorno in cui vi è stato detto che avete il cancro. Non è come il giorno in cui si decide di cambiare pettinatura, o il primo viaggio in aereo, no. Entrate per la prima volta nel reparto di oncologia dell'ospedale e dopo un'attesa di un quarto d'ora al massimo la vostra vita prende una legnata colossale gratis, così, dopo il caffè di metà mattina e prima dell'antipasto. Che sia andata bene come nel mio caso, o che sia andata male (e allora a maggior ragione), provateci. I ricordi affiorano, tanti, tutti quanti. Io a soli tre anni di distanza non ci riesco, ma non ci provo nemmeno, perchè poi? E non che ci soffra, lo dico chiaramente: visti gli esiti non ci soffro più, non avrebbe senso star male per una cosa che non c'è più, ma dimenticarlo sarebbe come dimenticare il giorno in cui la mia famiglia si è spezzata, e sono passati ventisette anni a marzo.
Ci sono cose che non si dimenticano, ci si appoggia sopra un sorriso e un respiro a pieni polmoni se si può - e io ho questa fortuna -, ma non si dimenticano.
E oggi è l'otto febbraio.
Ma d'altra parte provateci, se vi riesce.
Provateci a dimenticare il giorno in cui vi è stato detto che avete il cancro. Non è come il giorno in cui si decide di cambiare pettinatura, o il primo viaggio in aereo, no. Entrate per la prima volta nel reparto di oncologia dell'ospedale e dopo un'attesa di un quarto d'ora al massimo la vostra vita prende una legnata colossale gratis, così, dopo il caffè di metà mattina e prima dell'antipasto. Che sia andata bene come nel mio caso, o che sia andata male (e allora a maggior ragione), provateci. I ricordi affiorano, tanti, tutti quanti. Io a soli tre anni di distanza non ci riesco, ma non ci provo nemmeno, perchè poi? E non che ci soffra, lo dico chiaramente: visti gli esiti non ci soffro più, non avrebbe senso star male per una cosa che non c'è più, ma dimenticarlo sarebbe come dimenticare il giorno in cui la mia famiglia si è spezzata, e sono passati ventisette anni a marzo.
Ci sono cose che non si dimenticano, ci si appoggia sopra un sorriso e un respiro a pieni polmoni se si può - e io ho questa fortuna -, ma non si dimenticano.
E oggi è l'otto febbraio.
lunedì 4 febbraio 2013
Armi giocattolo
Vediamo se riesco a trovare le parole giuste per spiegare quello che mi sta passando per la testa in questo momento. E non è semplice sapete. Ma voglio provarci. In realtà si tratta di una sciocchezza, un fatto di una banalità estrema.
Mio figlio, come gli anni scorsi, quest'anno a Carnevale vuole vestirsi da sceriffo: il solito cappello con la stella di alluminio supersottile, la solita camicia in fresco di lana a scacchi rossi e neri riciclata dal papà (camicia risalente a un numero indefinito di taglie fa, diciamo almeno quattro o cinque) ogni anno meno abbondante ma che sembra fatta apposta, il solito bandana blu lavato talmente tante volte da sembrare quasi azzurra, il solito fodero allacciato in vita da una cintura in carton-eco-pelle a cui i buchi di anno in anno si aggiungono in cima anzichè in fondo. Niente baffoni disegnati con la matita nera dalla mamma: i connotati immutati sono la conditio-sine-qua-non per poter accettare un qualsiasi travestimento, da sempre.
Niente pistola.
Le maestre a scuola non vogliono armi. Sono diseducative. E hanno ragione, sotto certi aspetti. E ci hanno fatto notare che fin troppo spesso il Power a scuola, durante le ricreazioni fatte nell'androne interno a causa per esempio del maltempo, gioca con le costruzioni appunto costruendo pistole: non va bene, è un invito alla violenza, hanno dovuto vietarglielo.
Peccato che non gli abbiano mai chiesto il perchè di tutte queste pistole, prima di vietargliele. Ne avrebbero ricevuto una risposta sorprendente.
Sinceramente anche a me da un po' fastidio che mio figlio giochi spesso con armi fatte di cartoncino, di lego, di carta, di tubi di cartone ricavati dai rotoli dello scottex terminati, eccetera eccetera: dopo un po' stufa, e un po' dà da pensare, se non lo conoscessi mi darebbe l'impressione di un bambino che ce l'ha col mondo e vuole eliminarlo.
E invece no. La sua ispirazione è molto più semplice e di una tenerezza infinita, ed è la dimostrazione che spesso la malizia è solo nell'occhio di chi guarda.
Giovedì scorso la suora, al catechismo, ha chiesto ai bambini di disegnare un albero con tanti rami quanti sono i componenti della propria famiglia stretta (mamma, papà e bambini). Da ogni ramo dovevano spuntare almeno due foglie, su ciascuna foglia doveva esserci scritta una buona azione o un buon comportamento tenuto dalla persona rappresentata dal ramo.
Dal ramo del suo papà spuntavano la foglia del "mi accompagna a scuola", e del... "contribuisce a far rispettare la legge" (ha scritto proprio "contribuisce").
Il Power mi ha detto che vuole vestirsi da sceriffo perchè lo sceriffo faceva il lavoro che oggi fa il suo papà con i suoi colleghi. E lui ne è talmente orgoglioso che anche senza pistola il significato non cambia.
E sarà una spiegazione molto fantasiosa, ma a me ha commosso.
Perchè come i suoi compagni di classe che si vestono da Uomo Ragno, da Gormito o da tartaruga ninja, mio figlio desidera anche lui impersonare il suo supereroe, ma in una interpretazione personalizzata, che fa molta più scena, e il Power ha sempre modalità tutte sue per fare scena. Lui non costruisce pistole col lego per altri motivi al di fuori del sentirsi un po' come il papà, che difende le persone, cattura i ladri (si beh, ogni tanto ci riesce anche), sventa una rapina; nella sua fantasia il papà fa tutte queste cose con la stessa naturalezza con cui il papà di G. sforna chili di crostate e riempie le vetrine di pasticcini di ogni forma e colore, il papà di V. manovra lo scavatore e il papà della Vale vende secchi di vernice e pennellesse. E' un bambino di nove anni.
Ps. Giusto per puntualizzare, mio figlio conosce bene la differenza tra il suo papà, Rambo e i Power Ranger, non occorre che lo dica o che scenda in particolari. In nove anni di spiegazioni e di risposte ne ha già avute in modo più che esaustivo e continuativo, e ne avrà ancora quando ce ne sarà la necessità.
Ps 2 - Le "mie" foglie erano vuote, perchè non ha fatto in tempo a riempirle con le frasi ma solo a disegnarle. Ma a differenza delle altre erano entrambe enormi, e... a forma di cuore :D
Mio figlio, come gli anni scorsi, quest'anno a Carnevale vuole vestirsi da sceriffo: il solito cappello con la stella di alluminio supersottile, la solita camicia in fresco di lana a scacchi rossi e neri riciclata dal papà (camicia risalente a un numero indefinito di taglie fa, diciamo almeno quattro o cinque) ogni anno meno abbondante ma che sembra fatta apposta, il solito bandana blu lavato talmente tante volte da sembrare quasi azzurra, il solito fodero allacciato in vita da una cintura in carton-eco-pelle a cui i buchi di anno in anno si aggiungono in cima anzichè in fondo. Niente baffoni disegnati con la matita nera dalla mamma: i connotati immutati sono la conditio-sine-qua-non per poter accettare un qualsiasi travestimento, da sempre.
Niente pistola.
Le maestre a scuola non vogliono armi. Sono diseducative. E hanno ragione, sotto certi aspetti. E ci hanno fatto notare che fin troppo spesso il Power a scuola, durante le ricreazioni fatte nell'androne interno a causa per esempio del maltempo, gioca con le costruzioni appunto costruendo pistole: non va bene, è un invito alla violenza, hanno dovuto vietarglielo.
Peccato che non gli abbiano mai chiesto il perchè di tutte queste pistole, prima di vietargliele. Ne avrebbero ricevuto una risposta sorprendente.
Sinceramente anche a me da un po' fastidio che mio figlio giochi spesso con armi fatte di cartoncino, di lego, di carta, di tubi di cartone ricavati dai rotoli dello scottex terminati, eccetera eccetera: dopo un po' stufa, e un po' dà da pensare, se non lo conoscessi mi darebbe l'impressione di un bambino che ce l'ha col mondo e vuole eliminarlo.
E invece no. La sua ispirazione è molto più semplice e di una tenerezza infinita, ed è la dimostrazione che spesso la malizia è solo nell'occhio di chi guarda.
Giovedì scorso la suora, al catechismo, ha chiesto ai bambini di disegnare un albero con tanti rami quanti sono i componenti della propria famiglia stretta (mamma, papà e bambini). Da ogni ramo dovevano spuntare almeno due foglie, su ciascuna foglia doveva esserci scritta una buona azione o un buon comportamento tenuto dalla persona rappresentata dal ramo.
Dal ramo del suo papà spuntavano la foglia del "mi accompagna a scuola", e del... "contribuisce a far rispettare la legge" (ha scritto proprio "contribuisce").
Il Power mi ha detto che vuole vestirsi da sceriffo perchè lo sceriffo faceva il lavoro che oggi fa il suo papà con i suoi colleghi. E lui ne è talmente orgoglioso che anche senza pistola il significato non cambia.
E sarà una spiegazione molto fantasiosa, ma a me ha commosso.
Perchè come i suoi compagni di classe che si vestono da Uomo Ragno, da Gormito o da tartaruga ninja, mio figlio desidera anche lui impersonare il suo supereroe, ma in una interpretazione personalizzata, che fa molta più scena, e il Power ha sempre modalità tutte sue per fare scena. Lui non costruisce pistole col lego per altri motivi al di fuori del sentirsi un po' come il papà, che difende le persone, cattura i ladri (si beh, ogni tanto ci riesce anche), sventa una rapina; nella sua fantasia il papà fa tutte queste cose con la stessa naturalezza con cui il papà di G. sforna chili di crostate e riempie le vetrine di pasticcini di ogni forma e colore, il papà di V. manovra lo scavatore e il papà della Vale vende secchi di vernice e pennellesse. E' un bambino di nove anni.
Ps. Giusto per puntualizzare, mio figlio conosce bene la differenza tra il suo papà, Rambo e i Power Ranger, non occorre che lo dica o che scenda in particolari. In nove anni di spiegazioni e di risposte ne ha già avute in modo più che esaustivo e continuativo, e ne avrà ancora quando ce ne sarà la necessità.
Ps 2 - Le "mie" foglie erano vuote, perchè non ha fatto in tempo a riempirle con le frasi ma solo a disegnarle. Ma a differenza delle altre erano entrambe enormi, e... a forma di cuore :D
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