venerdì 9 dicembre 2016

Il rumore del silenzio

Facciamoci coraggio, e scriviamo questo post. Usiamolo come blog-terapia, come ho fatto tanto tempo fa. Ma nemmeno tanto, sotto un certo aspetto.
Avrei voluto raccontare cosa è accaduto in questi mesi di quasi totale silenzio su queste pagine, sarebbe stato un post davvero lungo. Perchè di cose, in questi mesi, ne sono accadute davvero tante. Ma non mi va. Non ne ho proprio voglia. Ci vorrebbe molto tempo, e il tempo da settembre ad oggi è stato, un po' per caso e un po' no, una cosa che ho rincorso con foga.
Credo che si siano alternati tutti i sentimenti e tutte le emozioni possibili e immaginabili, nelle mie giornate.
Ho lavorato, guidato tanto, corso, atteso, parlato, cercato, fatto file, cantato, riso, scherzato, pianto, coccolato, cercato, imparato, iniziato, terminato, sperato, desiderato, ottimizzato, speso, guadagnato, accompagnato, sostenuto, ascoltato, sgridato, gridato, sussurrato, guardato, mostrato, chiamato, risposto, salito e sceso, scritto e letto, inventato e copiato, esposto e nascosto.
Mi sono sentita deliziata, stupefatta, cercata, ferita, presa in giro, stimata, voluta bene, gratificata, accolta, ignorante, nervosa, forte. Stanca. E nello stesso tempo piena di energia. Non so come spiegarlo. E ho fatto progetti, più di uno, e ho iniziato a lavorarci sopra con qualche schiaffo ma anche con qualche gratificazione. Che bello.

Se qualche giorno fa qualcuno mi avesse chiesto cosa avrei desiderato più di tutto, avrei risposto "urlare". Ero carica di qualsiasi cosa, buona e meno buona, ma con una intensità tale da desiderare prepotentemente di trovarmi in mezzo ad un campo immenso e cacciare un urlo liberatorio, forte, profondo. Non per essere ascoltata da qualcuno, no. Per rimettere ordine, per trovarmi per qualche manciata di secondi nel punto esatto in cui la punta della stecca incontra la sfera sul tavolo da biliardo, nel momento esatto in cui le dà il colpo che le fa spedire ogni altra sfera nella rispettiva buca, dritta, decisa, e libera il campo in pochi istanti. Ordine e liberazione. E preparazione della partita successiva. Uno "stock!" categorico ed energico.

Adesso però...
Adesso desidero solo una cosa. Desidero il silenzio. Non il silenzio del vuoto. Quello che desidero è un silenzio fisico. Il silenzio della bocca e delle corde vocali. Messaggio, uozzappo, ma fatico terribilmente a parlare. Mi manca proprio il fiato. Parlare mi richiede uno sforzo che quasi mai prima. E lo faccio solo per l'indispensabile.  Per chi vive con me. E per mia madre.
Perchè mi trovo ancora nella bolla. "Quella" bolla, da tre giorni. E aspetto che si dissolva, sperando che lo faccia alla svelta.

Otto giorni fa.
-More, i me ga ciamà da l'ospeal, no i me dà el risultato de l'ago aspirà in man, i me gà fissa n'apuntamento in oncologia direttamente iuni che vien, tra tre giorni. Cossa ti disi?
Silenzio.
Di qua della cornetta, il sudore improvviso. La pelle d'oca. Il fiato che manca di colpo. Le gambe che tremano, ti siedi. La rapidissima presa di coscienza, perchè una certa prassi, purtroppo, ormai la conosci. La consapevolezza di dover ricominciare, come sei anni fa, a trattenere. Perchè se veramente conosci chi ami, sai quando è necessario trattenere, perchè certe cose, dirle, non aiuta l'altra persona. E la consapevolezza di dover tacere. Soprattutto sai quando, quanto e fino a quando è necessario tacere. Ci sono cose che non spetta a te dire, perchè rischi di lasciare più vuoti che risposte. E di risposte in cuor mio ne avevo, otto giorni fa, una sola. Microscopicamente poco.
-Niente mamma, no digo niente. I se gavarà sbaglià, i gavarà visto che ti ze seguia de sòra e i gà mandà tuto de sùso diretamente, sensa farte andar dò volte, una par tor e risposte e una par portarle a l'oncologo, che tanto ti gavarissi comunque dovesto tor apuntamento e anca farte far l'impegnativa. Cussì ti sparagni tempo. Vedi che ben che funsiona ea radiologia in sto ospeal? No sta badar. Ti passi doman de matina? Go fatto i biscoti.

Ce la faremo, mamma. Ce la faremo di nuovo. Ricominceremo da capo a contare, aspettare, sperare. Piangere, se necessario. A trattenere più vita possibile come abbiamo visto che siamo capaci di fare, nonostante il cancro insista a cercare di dimostrarci il contrario, e ci sfidi ancora. E quando sarà il momento festeggeremo l'uccisione di questo nuovo mostro. Insieme.
Per la terza volta.


9 commenti:

cinziaxxx ha detto...

Le mie parole non servono ti mando un abbraccio

patrizia ha detto...

un abbraccio forte

Anonimo ha detto...

Ti seguo da anni, da quando anche mia mamma si ammalò. Mi spiace tanto Sara... anche se non vi conosco, vi sono vicina con tutto il cuore e aspetterò di festeggiare con voi! Tiziana

Anonimo ha detto...

Mi vengono alle labbra solo imprecazioni, conosco quel sudore freddo, lo sai.
Inutile che ti dica quanto mi dispiace...
Un abbraccio. Laura

Anonimo ha detto...

non servono troppe parole, anche il silenzio parla . Brunaluna

Anonimo ha detto...

Un abbraccio. Forte. Ad entrambe. Anzi, a tutti voi.

... quella di Lucy

Luciana ha detto...

Ti sono vicina, forza!!!!

raffaella ha detto...

Ho scoperto il tuo blog quando ho scoperto di avere un cancro al seno e non riuscivo a capacitarmene.mi hai dato una grande mano. Un abbraccio a te e a tua mamma.

The Matt Rubin ha detto...

This is a great post tthanks